Il caso di Via Poma, avvenuto a Roma il 7 agosto 1990, è uno dei gialli irrisolti più celebri della giustizia italiana. Simonetta Cesaroni, 21 anni, fu trovata uccisa con 29 coltellate nell’ufficio dove lavorava. Le indagini, caratterizzate da errori, depistaggi e misteri, hanno coinvolto numerosi sospettati senza mai arrivare a una sentenza definitiva. Tra i principali indagati figurano il fidanzato dell’epoca, Raniero Busco, assolto dopo una condanna in primo grado, e il portiere dello stabile, Pietrino Vanacore, suicidatosi nel 2010 in circostanze enigmatiche poco prima di testimoniare. Il figlio di Vanacore, Mario, e Federico Valle, un vicino di casa, furono anch’essi coinvolti ma successivamente scagionati.
La scena del crimine presentava indizi contraddittori: nessun testimone, arma del delitto assente, borsetta della vittima aperta e segni di una possibile pulizia del sangue. Il movente rimane oscuro, e un’ipotetica violenza sessuale non è stata confermata. La scientifica identificò tracce di DNA sul reggiseno della vittima, ma l’analisi non portò a risultati conclusivi. Errori nell’autopsia, come l’omissione delle temperature cadaveriche e l’analisi superficiale di lesioni, hanno aggravato la confusione.
Il criminologo Carmelo Lavorino sostiene che l’assassino fosse mancino e abbia usato un tagliacarte, probabilmente prelevato dalla stanza di un’impiegata. Lavorino ha ipotizzato un depistaggio orchestrato dai servizi segreti per proteggere collegamenti con l’ufficio dove lavorava la vittima. Inoltre, la pista del Videotel, un sistema di messaggistica, riemerse quando un tabaccaio riferì di aver chattato il giorno dell’omicidio con un utente che confessava il delitto.
A oltre trent’anni dall’omicidio, il caso rimane avvolto nel mistero. Nonostante nuovi indizi e teorie, l’assassino di Simonetta Cesaroni resta un fantasma, simbolo di un enigma giudiziario irrisolto.
La storia
Simonetta Cesaroni venne trovata morta nell’ufficio dell’Aiag la sera di martedì 7 agosto 1990, al terzo piano del complesso di via Carlo Poma 2. Venne ritrovata quasi nuda, colpita alla testa e
uccisa con una trentina di coltellate. La scena del crimine sembrerebbe essere stata ripulita, pochissimo il sangue ritrovato, spariti soldi e gioielli. Tra il 1990 e il 2011 del delitto sono state
accusate diverse persone: Pietrino Vanacore (morto suicida nel 2010), portiere dello stabile; il suo datore di lavoro Salvatore Volponi; Federico Valle, nipote del costruttore dello stabile;
Raniero Busco, allora fidanzato della vittima. Tra le piste seguite, oltre al delitto passionale, anche quella del possibile collegamento tra la società per cui lavorava e i servizi segreti, ma anche una
delle primissime chat del servizio Videotel, una sorta di antesignano di internet.