Chissà da quanto tempo la Biblioteca Riccardiana di Firenze, e la Centrale di Roma, custodivano fra gli incunamboli rari e preziosi le edizioni false della lettera che Cristoforo Colombo, appena tornato dalle Americhe. scrisse al tesoriere dei regnanti di Spagna il 15 febbraio 1493. L’esemplare autentico dell’edizione del manoscritto originale, stampato a Roma da Stephan Plannck nell’aprile di quello stesso anno, si trovava invece nella Biblioteca del Congresso di Washington, Usa. «Donato» dice l’ambasciatore statunitense John R. Phillips, nella conferenza stampa sul recupero realizzato dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale (oggi 18 maggio 2016 a Roma nella Biblioteca Angelica). In realtà, secondo gli investigatori, acquistata dalla Biblioteca di Washington da una casa d’aste di settore che l’aveva messo in vendita per la somma di quattrocentomila dollari. Cifra sottostimata: il valore di mercato è pari a un milione.
E’ il febbraio del 1493. Colombo aveva scoperto una nuova terra. Appena rientrato dalla spedizione, a Palos scrive la relazione ufficiale del viaggio all’illustre Don Gabriele Sanchis, ministro dei reali spagnoli, che gli aveva fatto ottenere i finanziamenti. Descrive le isole delle Indie oltre il Gange, di recente scoperte, dove fu inviato il 3 agosto 1492 sotto gli auspici e col denaro degli invittissimi Ferdinando ed Elisabetta, Reali di Spagna. Trattandosi del documento nel quale si ufficializzava l’esistenza di un nuovo mondo, la lettera fu comunicata anche alla corte di Roma: solo dalla Santa Sede poteva venire l’investitura di nuove terre da aggiungere al regno di Ferdinando e Isabella D’Aragona. La stampa a caratteri mobili era stata inventata una quarantina di anni prima a Magonza, in Germania, e a Roma Leandro De Cosco, nobiluomo e letterato, non si fece sfuggire l’occasione: tradusse la lettera dallo spagnolo in latino e la fece stampare dal prete tedesco Plannck il 30 aprile 1493, primo anno del pontificato di Alessandro VI. Seguirono altre edizioni e traduzioni, in tedesco, in francese. Si contano fra i sedici e i diciotto esemplari. Oltre a Roma e Firenze, una copia dell’edizione romana sarebbe custodita anche nella biblioteca di Brera. Già nell’Ottocento si parlava di libri rarissimi, più che preziosi. La lettera originale, il manoscritto, ormai disperso.
Nuovo millennio, 2012. Osvaldo Avallone, allora direttore della Biblioteca Centrale di Roma, presenta alla Procura della Repubblica una denuncia per il furto di “alcuni volumi antichi di notevole pregio e interesse storico-archivistico”. Si sequestra nella biblioteca di Roma l’esemplare della Lettera di Colombo stampata a Roma nel 1493 e nel frattempo emerge un’altra versione a stampa della lettera, custodita nella biblioteca Riccardiana di Firenze. Che pure si sequestra. Si crede siano dei falsi. Sono sottoposte al vaglio di Paul Needham, curatore della sezione libri antichi e manoscritti della Biblioteca dell’Università di Princenton. L’esperto sentenzia: sono false come una medaglia di cioccolato. L’edizione fiorentina è stata realizzata con riproduzioni fotografiche moderne, stampate su carta antica. Praticamente caricando una risma di carta antica in una fotocopiatrice con toner a secco. Sembra una barzelletta. O la storia dei Modigliani realizzati col trapano Black and Deker nel 1984 da tre bontemponi di Livorno.
«Furto sofisticato – dice il ministro Mibact Dario Franceschini – Per molti anni non si sapeva che nella Biblioteca Centrale di Roma ci fossero le copie (a stampa, ndr) della lettera di Colombo». Il ministro paragona la Biblioteca Angelica di Roma con quella dei Girolamini di Napoli devastata dall’ex direttore Massimo De Caro, nominato in epoca berlusconiana, che sconta – con benefici – una pena di sette anni per peculato. «Lì gli scaffali sono vuoti, qui no». L’esperienza investigativa acquisita proprio grazie alle indagini sul saccheggio napoletano di De Caro e i traffici illeciti esteri dello stesso, ha permesso agli investigatori di entrare in contatto con l’ Homeland Security Investigation di Wilmington. il corpo di polizia americano che si occupa di organizzazioni criminali e si definisce “A Global Force”. Proprio dall’HIS arrivava ai carabinieri una nota relativa alla “presunta presenza, in territorio statunitense, di edizioni della lettera di Colombo datata 1493, ritenute false. Nel dettaglio, l’H.S.I. ipotizzatva che la lettera di Cristoforo Colombo (denominata Plannck 2) conservata presso la Biblioteca Centrale di Roma, fosse stata sostituita con un falso. L’esemplare restituito da Washington è della Biblioteca di Firenze. E’ uscito una volta, per un anno nel 1950. E’ stata ricostruita la sua vendita nel 1992 a una collezione privata svizzera. Poi è andato all’asta. Ora torna a casa.