I ROBOT, alla lunga, ci porteranno via il lavoro. Il grido d’allarme rimbalza dal forum di Davos al Future of Life Institute di Cambridge. In base allo studio Future ofJobs, presentato al World Economic Forum, i colletti bianchi di medio livello, che fanno lavori ripetitivi, perderanno quasi 5 milioni di posti di lavoro da qui aI 2020. E oltre i milione e mezzo di posti sono condannati nel manifatturiero dall’arrivo della quarta rivoluzione  industriale. Già oggi le mansioni di routine, come quelle degli sportellisti nelle banche, stanno scomparendo a favore dei mestieri più creativi, dove l’ingegno umano e il talento nell’interazione sociale non possono essere  sostituiti dalle macchine. Dall’altro lato, la frammentazione del mercato e la crescente disintermediazione, con masse di lavoratori autonomi che rispondono direttamente agli ordini dei clienti via piattaforme informatiche, rendono obsoleti i rapporti produttivi che conoscevamo.

Ma c’è chi non si piega al catastrofismo. Per L’Ocse, «solo» il 9% dei posti di lavoro rischia di soccombere all’automazione nei Paesi industrializzati.  «La formazione continua deve diventare una realtà». Il grande cantiere del futuro sarà orientare lo studio e la formazione, in modo tale da non cadere nella trappola  dell’irrilevanza. «Non sappiamo con certezza quali saranno i mestieri del futuro, ma sappiamo quali sono gli studi che apriranno ai giovani le porte del mercato del lavoro», precisa Scarpetta. Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica restano un passaporto sicuro.