Sud Italia la ripresa non si è manifestata pienamente. L’inversione di tendenza del ciclo economico, in particolare nel nostro Paese e nei vari sistemi territoriali, è stata, infatti, sostanzialmente debole e gli investimenti hanno stentato a decollare. Il territorio campano è risultato meno dinamico rispetto al profilo medio del Paese, registrando, nel 2015, un tasso di crescita del valore aggiunto pari a +0,9 punti percentuali. E tuttavia nessuna provincia campana mostra segnali di flessione. Anzi l’inversione di tendenza appare evidente e particolarmente marcata in provincia di Benevento (+1,7%) e Salerno (+1,2%). Con il dinamismo di Napoli è in linea con quello del Mezzogiorno nel suo complesso. Sono questi i profili di maggiore evidenza del Rapporto Campania 2016, presentato dal direttore della Fondazione Tagliacarne, Domenico Mauriello, nel corso della 14^ Giornata dell’Economia di Unioncamere. “Una occasione per mettere in luce – spiega il commissario straordinario della Cciaa di Napoli Girolamo Pettrone – la natura delle dinamiche e dei risultati che la Campania ha saputo cogliere nell’arco dell’arco dell’ultimo anno. Uno tra tutti l’occupazione, il cui tasso si è ridotto, mentre si riduce il numero dei fallimenti e delle liquidazioni volontarie delle aziende”.
VIVACITA’
Nonostante una crescita della ricchezza prodotta inferiore alla media del Paese, la Campania ha mostrato una buona vivacità del proprio tessuto imprenditoriale, superiore alla media dell’Italia. L’incremento del numero delle imprese è pari a +1,2% nel 2015 rispetto al 2014, rispetto al dato nazionale di 0,3%, con la provincia Napoli particolarmente dinamica (+2,3%).
L’irrobustimento viene influenzato dalla componente straniera che, nel contesto campano, cresce nel tempo e che conta, a fine 2015, oltre 37,7 mila imprese, ossia il 12,6% in più rispetto al 2014, con segnali favorevoli da parte delle imprese femminili (+0,9%). Un riferimento specifico, in tema di vivacità, viene alle start up innovative che in Campania sono il 26% dell’intero Mezzogiorno.
“Se l’innovazione è un fattore di competitività per qualsiasi sistema produttivo – si legge del documento di sintesi del Rapporto – ulteriori elementi di dinamismo si riscontrano nelle aziende legate alla cultura e al mare”, settori che contribuiscono alla formazione del valore aggiunto regionale rispettivamente per il 2,6% e 3,9%.
Tra le luci che segnalano elementi di positività capaci di incidere sulla attrattività del territorio campano figura in particolare la raccolta differenziata dei rifiuti: in Campania si effettua la raccolta differenziata per il 47,6% dei rifiuti urbani, a fronte del 45,2% della media italiana (in aumento del 3,5% rispetto al 2013).
OMBRE
Se il faro del dinamismo regionale restano le esportazioni trainate anzitutto dalle 4 A (abbigliamento, aerospazio, automotive, agroalimentare) pari a +2,8% rispetto al valore italiano del +3,8, permangono, naturalmente, numerose ombre, in particolare la disoccupazione giovanile (fascia 15-24 anni) che nel 2015 si attesta al 52,7%, superiore di oltre 12 punti rispetto alla media nazionale; l’alto livello di illegalità con i reati a sfondo economico pari al 17% dei reali denunciati (14% dato nazionale); il costo del credito elevato, con tassi di interesse pari a 9,26 punti percentuali a fronte del 6,95 della media italiana; la pressione tributaria.
Tornando al dato incoraggiante delle esportazioni, “l’apertura internazionale – spiega Andrea Prete, presidente di Unioncamere Campania – non basta da sola a sopperire alle carenze della domanda interna e ad allargare la base occupazionale. Occorre quindi promuovere politiche e strumenti atti a ridare linfa vitale ai consumi delle famiglie che, al pari delle imprese, scontano da tempo una sostanziale perdita del potere d’acquisto che non agevola una pronta riattivazione del circuito economico”.