“Fa comodo pensare che il Mezzogiorno sia irrecuperabile. Perché così lo status quo non si tocca…”. E’ uno dei passaggi del colloquio con Gianfranco Viesti, raccolto per le pagine de IL FATTO quotidiano del 16 luglio da Antonello Caporale. Il giornalista definisce il suo interlocutore un “tenace monitor del Mezzogiorno. Uno che conta i soldi che spariscono, le opere che non si compiono, l’economia che affonda. L’economista barese spiega. Qual è la ragione per cui il Sud è passato di moda non solo come interesse politico, ma anche solo come curiosità intellettuale. “Fino al Duemila – risponde Viesti – la classe dirigente sentiva la necessità di immaginare… una cucitura tra il Sud e il Nord del Paese”. Esigenza che è poi sparita perché “esiste un interesse specifico a radicare l’idea che il Sud è il luogo eletto degli sprechi”. Se il Sud è irrimediabilmente sprecone, è meglio trasferire le risorse altrove. “Esistono i leghisti in chiaro – dice ancora Viesti – ed esiste un leghismo criptato, gente ormai persuasa dalla cultura della separazione”.
La dottrina leghista infatti è stata così nefasta da allevare cultori al di fuori del proprio campo. Diventando “doxa”, opinione corrente, giudizio diffuso. E’ un espediente che oltretutto consente di giustificare l’utilizzo delle risorse per altri territori che appaiono più utili da “coltivare”. “Evito di riferire degli ascari continua l’economista -, questa classe politica meridionale senza arte né parte, intenta soltanto a conservare il proprio status. Assistono ignavi e inoperosi. Non hanno titolo a parlare ma soltanto a sedere sullo scranno parlamentare.
“Di quanto è calata la percentuale di investimenti – chiede Caporale – che dovevano favorire il riequilibrio tra Nord e Sud?”. Viesti risponde: “Di circa la metà. Il di più, chiamiamoli fondi aggiuntivi, sono drasticamente scesi dal 2,5% all’1,2%…” .
(a cura di Asco)