La mini ripresa del Mezzogiorno rallenterà già quest’anno, complice il basso livello di spesa pubblica che vanifica la vivacità degli investimenti privati e dell’industria. Secondo le anticipazioni del rapporto annuale dell’associazione Svimez, nel 2017 il Pil è aumentato al Sud dell’1,4%, praticamente ai livelli del Centro-Nord (1,5%), ma nel 2018 la crescita scenderà all’1% e l’anno dopo allo 0,7% (contro l’1,2% del resto del paese).
Le preoccupanti condizioni e prospettive del Mezzogiorno dipendono in parte da una storia lunga, da vicende di ieri e dell’altro ieri. Ma dipendono in misura rilevante anche da vicende recenti, dalle decisioni politiche e di politica economica che si prendono oggi e si prenderanno nell’immediato futuro.
Su queste ultime è bene concentrare l’attenzione e la discussione. Le previsioni disponibili confermano un vero e proprio nuovo “regime di politica economica” con bassi investimenti. Si tratta di una scelta pericolosa per le prospettive di lungo termine dell’intero Paese, che non ammoderna le sue reti e le sue città. Ma si tratta di una scelta particolarmente negativa per il Mezzogiorno. Proprio nel Mezzogiorno, infatti, le esigenze di potenziamento di infrastrutture materiali e immateriali sono assai acute. La ripresa del 2017 è stata trainata dagli investimenti privati (+3,9%), sebbene questi restino lontani di oltre 30 punti dai livelli pre crisi. Nell’industria in senso stretto sono aumentati del 7,5%, nelle costruzioni di quasi il 15%.
Nello stesso anno la spesa pubblica corrente è diminuita di quasi l’1%, portando a -7% il calo cumulato dal 2008. In un quadro comunque frastagliato – Calabria, Sardegna e Campania che crescono di più delle altre regioni – è proseguito anche l’aumento dell’occupazione (+1,2%) ma resta un ritardo di 310 mila unità di lavoro rispetto all’era pre-crisi. Il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato dal 2010, oggi a quota 600 mila, nonostante la ripresa occupazionale.