Nel contesto di Casa Savoia, impregnato «di religiosità cattolica, professata, privatamente e pubblicamente, si staglia la santità di Maria Cristina di Savoia». Praticamente, «anche una regina può vivere con eroismo le virtù cristiane se si lascia trasformare dalla grazia divina», precisa il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, presiedendo in rappresentanza di papa Francesco il rito di beatificazione.
Il 5° capitolo (Ferdinando II, oltre la vulgata). Senza scadere in partigianerie, l’autrice cerca di descrivere il re napoletano e la situazione storico-politica del suo Regno. «La sua figura, soprattutto leggendo le biografie di Maria Cristina di Savoia, è stata dipinta in maniera ingiusta e, molto spesso, è stata ridicolizzata. I suoi modi talvolta maldestri e il suo fisico pingue hanno creato, nelle penne non troppo accorte e oggettive, una goffa immagine». Tuttavia, nonostante tutto, Ferdinando era intelligente e capace. Il matrimonio fra lui e Maria Cristina, è riuscito, non solo per la santità della consorte, ma anche per la buona disposizione del marito. In politica, Ferdinando non amò le idee liberali, è interessante ricordare la sua proposta del 1833, avanzata al pontefice e a Carlo Alberto, di una Lega tra gli Stati italiani che arginasse l’ingerenza straniera. E questo non veniva fatto per simpatia per i regimi liberali, ma dal desiderio di tutelare l’indipendenza del Regno.
Inoltre il testo accenna al difficile rapporto con il popolo siciliano, che chiedeva autonomia, e per questo Ferdinando fa riaprire il Parlamento siciliano. Comunque sia per i liberali massoni, Ferdinando II diventa simbolo della reazione.
Il re di Napoli mantenne sempre buoni rapporti con Gregorio XVI e poi con Pio IX, manifestò ubbidienza e attaccamento alla Chiesa.
Il 6° capitolo (Le forzate e felici nozze) Dopo la morte di Maria Teresa, madre di Maria Cristina, viene data in custodia a Carlo Alberto. Il lutto, il dolore, l’incertezza del suo avvenire, tutto contribuisce ad angosciare la principessa. Intanto sia Carlo Alberto che Ferdinando II premevano per realizzare il loro disegno.
Il 21 novembre 1832 nel santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta, presso Voltri (Genova) ebbero luogo le nozze fra Maria Cristina e Ferdinando II di Borbone, sovrano delle Due Sicilie. La Chiesa periferica era stata scelta da Cristina stessa, non volle la cattedrale per rispettare il lutto. L’incontro dei due fidanzati avvenne per la prima volta la mattina stessa delle nozze. Da rilevare che Maria Cristina devolve a 240 spose povere una parte del denaro, destinato ai festeggiamenti delle loro nozze.
Il 7° capitolo (“Sono incantata da Napoli e da tutto ciò che vedo”). La città partenopea entrò subito nel cuore della nuova Regina, sfatando tutte le malelingue che avevano pronosticato profonde divergenze di temperamento e di formazione che dividevano i due coniugi. Anche qui la Siccardi si affida ai documenti, alle lettere, ce ne una dove la nuova sovrana di Napoli scrive alla contessa di Volvera, manifestando di essere felice e di ringraziare Dio per tutte le infinite grazie.
La storica torinese, insiste nel descrivere la profonda religiosità della giovane regina. «Il suo credo cattolico non era un sentimento, ma un fatto di vita: ogni giorno assisteva alla Santa Messa; non giungeva al tramonto senza aver recitato il Santo Rosario; i suoi libri quotidiani continuano ad essere la Bibbia e il De Imitatione Christi; partecipava periodicamente e intensamente agli esercizi spirituali […]».
Cristina non si occupava direttamente di questioni governative, ma influenzava molto il marito.
La Regina fu amica dei bisognosi: «la sua umiltà e la sua carità conquistarono i napoletani: inviava denaro e biancheria; dava ricovero agli ammalati; un tetto ai diseredati; assegni di mantenimento a giovani in pericolo morale […]». La Siccardi è convinta che la cattiva fama di Ferdinando II, va ricercata nell’opposizione del sovrano alle idee risorgimentali e liberali, per questo la stampa lo ha demonizzato perché represse rivolte e aspirazioni rivoluzionarie. In questo capitolo, la storica fa notare che nonostante le diversità di carattere tra i due giovani sovrani, alla fine prevale la reciproca integrazione. Infatti, «Ferdinando insegnò a Cristina la vita pubblica, mentre Cristina insegnò al consorte la vita interiore, che egli manterrà anche dopo la morte della moglie». Ci sono tanti particolari da mettere in rilievo, ma non possiamo dilungarci.
Al capitolo 8° (La vita di corte non fu più quella di prima). Infatti non cambiò solo il sovrano con l’arrivo della giovane principessa piemontese, ma anche la corte. «Maria Cristina non pensava di riformare lo Stato, ma la sua benefica azione cristiana agiva, per forza di cose, su di esso […]mise in atto un’azione di importante correzione etica: con amorevolezza e con fermezza fece ordine nella condotta godereccia e libertina di alcune personalità della corte, e anche il linguaggio fra i militari divenne meno volgare». Per volere della Regina si inserì la recita del Santo Rosario all’interno della corte del Palazzo Reale. Rivitalizzò l’amore per la tradizione del presepio. Lei stessa ne allestiva uno con i pastori, vestiti da abiti che lei stessa confezionava.
Il 9° capitolo (Il suo concetto di famiglia). Il testo fa emergere l’alto senso della unione familiare. Alla fine i due sposi entrambi cambiarono comportamento, soprattutto lo stile di vita del sovrano, mutò radicalmente. Maria Cristina con il sorriso, la sua discrezione e determinazione, riuscì a ristabilire rapporti sereni fra i componenti della famiglia reale, cioè i fratelli e sorelle di Ferdinando II. Anche qui il capitolo è ricco di particolari che potremmo descrivere, per evidenziare l’alto profilo sociale e religioso di questa giovane sovrana. E’ un vero peccato che una figura così straordinaria sia stata ignorata dalla pubblicistica ufficiale.
Molto bisognerebbe scrivere sull’esercizio della carità, di quell’elemosina ragionata, messa in atto dalla Regina. Addirittura il testo riesce a contabilizzare il patrimonio personale della sovrana e soprattutto come lo devolveva ai bisognosi. Attenzione Maria Cristina non era ingenua, sapeva che rischiava di essere raggirata da chi non era bisognoso. Pertanto decise intelligentemente, con l’appoggio di padre Terzi, di istituire una commissione di religiosi integerrimi atti a esaminare i diversi casi.
Il capitolo 10° (Quelle calunnie politiche). E’ chiaro che gli ambienti massonici d’Italia avevano una pessima considerazione della regina, definita reazionaria, codina, superstiziosa, clericale. Per screditare i sovrani del Sud, utilizzavano il metodo della calunnia politica, seminando voci malevole e menzognere sul non accordo della coppia reale. Hanno fatto la stessa cosa poi con il figlio di Cristina, Francesco II con la giovane regina bavarese, Maria Sofia. Addirittura arrivarono ad ipotizzare maltrattamenti del re Ferdinando sulla giovane regina.
Tuttavia a sfatare queste accuse restano le lettere della stessa protagonista inviate ai parenti e alle amiche: «in tutte si trovano tracce della sua felicità coniugale», scrive la Siccardi, che ha scrupolosamente ricercato le fonti.
Peraltro secondo questi ambienti, la prova che il re non amava Cristina, è che si risposerà dopo un anno dalla sua morte. «Ma era davvero impensabile che un re, rimasto vedovo a soli 26 anni, non si risposasse». Pertanto mentre era in Austria conobbe Maria Teresa d’Asburgo e decise di prenderla in moglie. Con lei ebbe dodici figli.
L’11° capitolo (La seteria di San Leucio). Forse basterebbe solo l’episodio di riconversione di questa industria manifatturiera della seta, con filanda e filatoi, per ammirare la straripante opera caritativa di Maria Cristina. Necessiterebbe un libro per descrivere solo questa straordinaria opera industriale napoletana.
Nel capitolo viene descritta la Real colonia di san Leucio, una industria di Stato al servizio della collettività. Era stata costruita da Ferdinando IV nel 1773. A S. Leucio, «si dava vita a un magnifico esempio di rispetto verso le persone, e si dava loro valore». Sono tentato di descrivere accuratamente l’organizzazione della seteria vicino Caserta. Una casa per ogni famiglia dei lavoratori, con istruzione gratuita per i figli. Era la prima scuola dell’obbligo in Italia. Previsto un orario di lavoro ridotto rispetto al resto d’Europa. Nelle abitazioni c’erano acqua e servizi igienici. Vietato il lusso, tutti vestivano allo stesso modo. Obbligatoria la vaccinazione contro il vaiolo. In questo contesto si inserì la giovane regina piemontese, che rifondò il sistema industriale di San Leucio e diresse l’intero ciclo di produzione con competenza e dedizione. L’attività della colonia raggiunse eccellenti risultati, tanto da competere con la stessa Lione.
Maria Cristina, «realista e pratica, – scrive la Siccardi – si mise in quell’attività imprenditoriale con le doti di una persona di esperienza, seguendo con perizia l’intero ciclo produttivo, dalla coltivazione del gelso fino all’apertura di due punti vendita per i manufatti, uno all’ingrosso e uno al minuto, entrambi nel centro di Napoli».
Addirittura la regina lei stessa indossava gli abiti prodotti dalla sartoria, inducendo le dame del Regno, ma anche quelle delle corti europee a incrementare le vendite. Maria Cristina passava molto tempo con le 300 lavoratrici, per conoscere le loro famiglie e soprattutto per istruirle alla fede. Per la Siccardi la regina stava attuando “la politica di fede”. A questo punto del testo la storica torinese, con mia grande soddisfazione, cita il sottoscritto:“Descrivere l’operosità di Maria Cristina, mi ha coinvolto totalmente e penso a tutti imbevuti di ideologia liberal socialista, che in quel periodo iniziavano a progettare sulla carta senza mai risolvere alcunché, invece Cristina assomiglia molto a quella schiera di santi piemontesi come don bosco che di problemi ne hanno risolto tantissimi”. Si tratta di un articolo che avevo fatto per Il Corriere del Sud del 9 settembre 2013, dal titolo, “Maria Cristina di Savoia, giovane regina animatrice e imprenditrice del sociale”.
Il 12° capitolo (Il veto sugli asili di Aporti), si occupa del pedagogista cremonese l’abate Ferrante Aporti, amato dai massoni per i sui metodi scolastici che si rifacevano all’insegnamento del protestante scozzese John Owen, fondatore della scuola materna in Gran Bretagna. Tutto questo per contrastare la struttura del primo asilo infantile, fondato dai marchesi di Barolo. Principalmente da Juliette Cobert de Molevrier, che era in stretta amicizia con Maria Cristina di Savoia.
Il 13° capitolo (Ebbe la vita per donarla), tratta del concepimento del figlio, chiamato Francesco, per grazia ricevuta da santa Filomena. E poi della triste e straziante fine della giovanissima Regina di Napoli, morta il 31 gennaio 1836.
L’ultimo capitolo (La tomba profumata), si riferisce al sepolcro della Chiesa di S. Chiara a Napoli. Nelle appendici si seguono i passaggi per arrivare alla beatificazione di Maria Cristina, a cominciare dal miracolo ottenuto dalla sig.na Maria Vallarino da un cancro alla mammella.
Domenico Bonvegna
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