Elena Pierotti |
Quando Napoleone Bonaparte giunse in Campania, nel 1805 dette vita ad un Regno nuovo, spodestando la dinastia borbonica. Il legittimo sovrano si rifugiò in Sicilia ed il Regno napoletano comprendeva ora l’Italia meridionale continentale.
Il Bonaparte ebbe la capacità di tastare il terreno, ed anche per tale motivo salvaguardò l’enclave beneventana, di pertinenza pontificia, ponendo qui come Principe il camaleontico Talleyrand, che peraltro era un vescovo cattolico.
Il regno beneventano rimase formalmente indipendente fino all’arrivo di Gioacchino Murat sul trono napoletano, nel 1808.
Un personaggio davvero importante che il Bonaparte incontrò ne Regno napoletano fu il Vate Gabriele Rossetti.
Ho pubblicato tempo fa un articolo sul Vate Rossetti[1] ed ho perciò avuto modo di ringraziare vivamente il dottor Mirko Menna per la sua importantissima opera di ricerca in Vasto, presso il centro Rossetti, su alcuni membri di quella importante famiglia che segnò non solo la vita italiana del periodo Risorgimentale, ma l’intera compagine europea.
Un patriota davvero interessante del nostro Risorgimento, è dunque il Vate Gabriele Rossetti, il patriarca di famiglia, di cui mi occuperò in questa sede.
Egli nacque a Vasto, in Abruzzo, nel 1873 e giovanissimo si trasferì a Napoli. Poeta dialettale e uomo colto, autodidatta, abbracciò i principi rivoluzionari del 1789 che a Napoli ebbero larga presa. Caduti i Borboni, in seguito all’avanzata delle truppe francesi, durante la Prima Campagna d’Italia, Rossetti divenne figura di spicco del panorama rivoluzionario e direttore del San Carlo di Napoli.
In Napoli in epoca napoleonica si alternarono due sovrani: Giuseppe Bonaparte, che regnò fino al 1808, quando fu inviato dall’Imperatore in Spagna; e Gioacchino Murat. Apparentemente si trattò di un processo di continuità, in realtà il Regno di Giuseppe non fu la copia di quello del cognato Murat. Gioacchino Murat era nuovo perché proveniva dal popolo, non aveva alcuna origine aristocratica, e sua moglie Carolina, sorella di Napoleone, fu donna particolarmente ambiziosa, sempre tenuta d’occhio dal fratello Imperatore, che temeva l’invidia della sorella verso le altre donne di famiglia: elisa, Regina d’Etruria; e Paolina, sempre al centro delle cronache mondane per la sua bellezza e tanto cara a napoleone, molto protettivo nei confronti della sorella minore.
Gabriele Rossetti si mostrò dunque vivace e nella condizione di saper distinguere le velleità rivoluzionare della “réal politique”.
La sintonia con Murat fu totale. L’ufficialità vuole che, una volta cadutoli regime rivoluzionario, nel 1815, egli rimanesse, in un processo di continuità, presente in Napoli con tranquilla accettazione dello “status quo”. In realtà le velleità rivoluzionarie ed al tempo stesso politiche, del regime napoleonico, una volta venute meno in via ufficiale, rimasero attive ufficiosamente in Napoli. Non per niente fu la borghesia napoletana, in foto ascesa, a gestire il cambiamento, la transizione, senza tuttavia mettere nel dimenticatoio i principi rivoluzionari. Così i rimi moti carbonari e la Carboneria medesima ebbero larga presa nella città partenopea. Nel 1820, sospettato di essere stato coinvolto attivamente nei moti napoletani, Gabriele Rossetti dovette allontanarsi repentinamente da Napoli e si trasferì definitivamente come esule a Londra. Qui sposò la figlia del medico Gaetano Polidori, altro fuoriuscito italiano, e qui entrano in gioco le mie conoscenze dettagliate del periodo, visto che ho discusso una tesi di laurea su un personaggio lucchese coinvolto in quelle vicende.
Bientina è una località in provincia di Pisa, e il suocero di Gabriele Rossetti era stato per quattro anni il segretario personale di Vittorio Alfieri, il poeta del Soul, così foriero di novità in ambito letterario ed aristocratico nel settecento piemontese, italiano e più vastamente europeo.
Gabriele Rossetti rimase a Londra con la famiglia ed ebbe diversi figli. I più noti sono Cristina Rossetti, poetessa, e Dante Gabriel, che fu poeta e pittore di fama internazionale. Sia il Vate che i suoi figli rappresentarono figure di riferimento essenziali per l’Italia rivoluzionaria del Primo Risorgimento, un ponte tra l’Inghilterra “whig” di Lord Holland e Lord Russel, e tutti coloro che in Italia e fuori d’Italia anelavano alla liberazione della Penisola dallo straniero, in un’ottica prioritariamente federale. Il Vate fu sempre di fede repubblicana, però a differenza di Giuseppe Mazzini compresa che per realizzare l’Unità e soprattutto la cacciata dello straniero era necessario adeguare le personali convinzioni ad un rapporto più stretto e dinamico con le molte anime del Risorgimento, anche quelle monarchiche.
Qui si inserisce la mia descrizione particolareggiata del vate, oggi sepolto con tutta la sua famiglia nel cimitero monumentale di Highgate, a Nord di Londra, celebre per sepolture note come il filosofo Karl Marx e recentemente assurto alle cronache per la repentina morte del musicista pop britannico Georg Michael che qui è stato sepolto.
Ho notizie di prima mano dei Rossetti perché coinvolti con la mia famiglia in situazioni complesse decisive. Purtroppo gli storici di professione cui mi sono rivolta non hanno saputo darmi spiegazioni in merito, asserendo che non risultano loro documenti di coinvolgimento politico dei patrioti che con Rossetti furono coinvolti a Londra. I riferimenti sono sempre letterari, artistici, religiosi, non politici. Ma le mie ricerche post tesi dicono qualcosa di diverso.
Gaetano Polidori, suocero del Vate, era rimasto diversi anni a Firenze, con l’alfieri, prima di recarsi a Londra. Nello stesso periodo Lord Holland, cha assurgerà alle cronache inglesi quando si creerà qui il partito “whig” visse anche lui nello stesso periodo a Firenze. Lord Holland era confidente sia della madre di Napoleone Bonaparte, Letizia Ramolino[2] che dell’agente segreto murattiano di origini lucchesi Giuseppe Binda, che larga parte ebbe nelle vicende che descriverò e che videro il Vate Rossetti coinvolto in prima persona.
I riferimenti a Lord Holland in Roma nei primi anni del Risorgimento sono dello storico Diego Angeli, romano di famiglia fiorentina con radici lucchesi. In Firenze Diego Angeli tra XIX e XX secolo fu vicino ai macchiaioli e al mondo dell’arte, abbracciando patrioti che avevano di fatto costituito il retroterra politico dei primi anni del XIX secolo, se non loro direttamente, sicuramente le loro famiglie.[3]
Letizia Ramolino morì in Roma nel 1836 e, come risulta dalle note di Diego Angeli, qui Lord Holland le faceva spesso visita. All’epoca Lord Holland fungeva anche da plenipotenziario inglese nel minuscolo Stato lucchese governato dal duca Carlo Ludovico di Borbone Parma.
Come Lord Holland, così Lord Russell, altro eminente personaggio inglese fondatore del partito “whig”, era in sintonia col Vate Rossetti, lo frequentava a Londra, come appare dai carteggi dello stesso Vate. In questo quadro poco noto e poco trattato troviamo l’ex agente murattiano Giuseppe Binda che, fuoriuscito napoletano come il Vate Gabriele Rossetti, stabilitosi in Londra in casa di Lord Holland, ne divenne il bibliotecario di fiducia e colui che avvicinava patrioti di ogni colore ad Holland House. Tra questi lo stesso Ugo Foscolo, che proprio il Binda presentò a Lord Holland.[4]
Nel 1838 una lettera giunse a Lucca. Noi la troviamo adesso all’Archivio di Stato della mia città.[5] La lettera fu scritta a due mani dall’editore Pietro Rolandi, fuoriuscito piemontese, e dal Vate Gabriele Rossetti a Pier angelo Sarti, un ex collaboratore del British Museum londinese che quell’anno ( 1838) era rientrato in Lucca con la moglie inglese, sposate recentemente.
La lettera parla chiaro. Rolandi si è lasciato coinvolgere in un viaggio sul continente europeo, e nello specifico nei territori tedeschi, ed ha incontrato a Dresda quel duca borbonico lucchese così contatto per le sue velleità protestanti ma soprattutto rivoluzionarie. Tra Rolandi ed il duca si era instaurata, apprendiamo, una solida confidenza. Tutti i principali patrioti della Penisola sono coinvolti nei saluti: Beolchi Panizzi, Miglio, Arrivabene, Pepoli, Poerio, per citarne alcuni.
Il figlio del Vate, Dante Gabriel, venne a Lucca in anni successivi alla lettera e nella chiesa di San Marco, alle porte della città, possiamo trovare tracce del suo passaggio.
Coinvolto in questi particolari passaggi abbiamo sicuramente un nipote del vate, anche lui di stanza a Londra, ed anche lui come il conte Guicciardini, erede quest’ultimo del Guicciardini fiorentino che tutti conosciamo, girovagante in Europa in lungo ed in largo, come diretto testimone delle magnifiche sorti e progressive: Teodoro Pietracola Rossetti. Sia Guicciardini che Rossetti sono presenti nel Canavesano proprio negli anni trenta del XIX secolo come appare da alcune ricerche che ho effettuato su “Massoneria e Risorgimento” e “Patrioti e risorgimento”, entrambi brevi saggi presenti in rete.
Perché transitavano nel Canavesano? Perché qui c’erano i Valdesi, e la questione protestante intesa come aggiustamento tra confessione cattolica e quelle riformate fu motivo politico trainante durante l’intero periodo Risorgimentale. In tali questioni era coinvolto anche l’Arcivescovo di Biella Giovan Pietro Losana, un moderato incline in Piemonte a sostenere ed agevolare il patriottismo nascente, in particolare quello moderato ed in contatto diretto con Vincenzo Gioberti. In un’ottica federale.
Poteva il Vate aver dimenticato la sua Napoli, durante il lungo esilio? Assolutamente no. Ne ho le prove.
Il Vate era dunque amico del lucchese Pier Angelo Sarti. Le sue vicende sono quelle del Vate e del resto d’Italia.[6]
E’ dunque grazie ad un documento presente nell’Archivio di Stato di Lucca dell’editore Pietro Rolandi, fuoriuscito piemontese a Londra, amico e collaboratore di Carlo Cattaneo sul Politecnico, che ho potuto prendere visione di uno scrittore pressoché sconosciuto, certamente al grande pubblico, amico del Vate Gabriele Rossetti. Si tratta di Pier Angelo Sarti che nel 1838 presso l’editore londinese Thomas Brettell pubblicò un librino in versi, per complessive quattro quartine, dal titolo La Reggia dell’Invidia. Sulla falsariga dell’Illustre Divina Commedia, in modo ironico ma ben calibrato, il Sarti, denunciò la triste condizione di coloro che, come lui fuoriusciti italiani a Londra nei primi anni del XIX secolo, mossi da rancori ed invidie personali, non perorarono sempre in modo del tutto efficace la complessiva causa nazionale.
Quando pensiamo al nostro Risorgimento, così come si preparò 2fuori d’Italia”, pensiamo ai grandi personaggi storici che hanno rappresentato una pietra miliare del complessivo percorso unitario: Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Carlo Cattaneo, tutti in modo diverso legati alle vicende londinesi del tempo. In verità essi furono accolti e sostenuti nella capitale inglese da quei primi patrioti degli anni Venti che posero le fondamenta per costruire i rapporti politici tra gli ambienti londinesi e quelli della Penisola, essenziali al proseguo delle questioni complessive. Di loro complessivamente si occupa nella sua pubblicazione citata Pier Angelo Sarti. L’attacco più riuscito fu quello al vecchio Angeloni, che rappresentò proprio per Mazzini un valido sostegno nei primi anni di esilio londinese. Luigi Angeloni era nipote del notaio Filippo Ricciotti, e a sua volta bisnonno di Nicola Ricciotti, che sarebbe morto con i fratelli Bandiera. Dopo aver partecipato attivamente, nel 1798. Alle vicende della Repubblica romana, fu costretto a riparare prima in corsica, quindi a Parigi. Caduto napoleone I, fuggì in Inghilterra, senza mai trascurare la passione letteraria, e schierandosi con gli accademici della Crusca nel dibattito sulla purezza della lingua italiana. Pier Angelo Sarti prese le parti del Vate Gabriele Rossetti, il famoso Vate e patriota, anche lui esule a Londra, a cui nel 1837 l’Angeloni aveva sottoposto un suo scritto, a detta del Rossetti contrario agli “interessi nazionali”. Il Vate, senza peli sulla lingua, comunicò all’Angeloni che era inopportuno scagliarsi contro i letterati manzoni, Botta e Levati: per questo si inimicò l’Angeloni. La disputa, come possiamo rintracciare nello scritto del Sarti, prima che letteraria fu politica. L’aperta e totale adesione dell’Angeloni all’idea repubblicana venne ad infrangersi contro i più miti consigli del Rossetti che, pur perorandone la causa, sosteneva l’”essenzialità” dei complessivi interessi nazionali. Egli scriverà nel 1848 al Ricciardi che non è “d’uopo che per onor d’una Repubblica, la quale può pericolare da un momento all’altro, ci si dimostri tanto di mal animo verso Carlo Alberto, che sin quel momento] è così necessario.
Il vate nel 1848 si richiama al federalismo albertino, ma anni prima le vicende che descriverò lo legano ad un federalismo in cui il Borbone lucchese e, da alcune letter, non ultimo il Borbone di Napoli, si apprestavano a sostenere, almeno dietro le quinte, quei patrioti che tentava approcci rivoluzionari, anche nel Regno delle Due Sicilia. Non è una contraddizione in termini.
Lucca 1840. Reduci dai moti del 1831 di Pieve Fosciana, oggi provincia di Lucca, ma all’epoca provincia di Modena, alcuni patrioti: Jacopo e Jacopetto Pierotti, Paolo Fabrizi, Tito Livio Zambeccari, il figlio di Ciro Menotti e la vedova di Ciro Polissena. Tutti ospiti del Duca Borbonico Carlo Ludovico, in incognito nel territorio cittadino. Jacopo Pierotti era un medico che, rimasto coinvolto nei moti del 1831, dovette prima rimanere nascosto in Barga, poi continuò nel perorare la sua cosa politica. Jacopetto, suo cugino, laureato in Legge, anche lui coinvolto nelle stesse vicende, affiancò il cugino nelle questioni rivoluzionarie del tempo. Erano cugino a loro volta di Paolo Fabrizi, noto con i suoi fratelli per aver fondato la Lega Italica, vicini a Mazzini ma che sposarono poi la causa monarchica per perorare, come il Vate Rossetti, la complessiva questione nazionale. Paolo Fabrizi come i suoi fratelli girovagò nel Mediterraneo in quegli anni per tenere i contatti con Malta, Algeri, Cipro, la Corsica, la Francia, Cefalonia, e potrei continuare, per perorare la complessiva causa nazionale. Attenzione, non necessariamente in chiave sabauda, anzi. Per molto tempo tentarono, avvicinandosi a patrioti napoletani, ma anche siciliani, di portare avanti il sogno murattiano orami svanito che fosse assolutamente inclusivo dell’intero stivale nel processo unitario, visto come elemento conclusivo. Paolo Fabrizi nel 1839 non mancò di fare tappa a Livorno dove avrebbe dovuto incontrare il Pierotti. La famiglia Pierotti come la famiglia Fabrizi erano vicinissimi ai superstiti della famiglia Menotti, ossia la vedova Polissena ed i figli del defunto Ciro, attivissimi nell’Organizzazione. In particolare la signora Polissena Menotti fungeva da vettore di fiducia. Un cifrario in codice distintivo delle lettere. I Menotti avevano in quel periodo in Lucca la loro dimora. L’amicizia tra i Menotti e Pierotti traspare. Jacopetto non manca occasione per confermare la propria stima per Polissena. Achille Menotti, figlio di -ciro, fece conoscere a Jacopetto il marchese Tito Livio Zambeccari, figlio del noto scienziato di Parma Francesco, pioniere dell’aeronautica. E coinvolto nella Lega Italica. Jacopo, molto coinvolto nella lega italica, incontrò Tito Livio Zambeccari per la prima volta in Lucca nel 1840. Essenziale la lettera dell’11 aprile 1840 in cui un Martelli Corso, peraltro, scopriamo dalle carte, collaboratore di Ignazio Ribotti, molto amico sia dello Zambeccari che die Pierotti ( fu colui che Cavour avrebbe per la spedizione die mille voluto chiamare al posto di Garibaldi ani dopo) insieme col patriota lucchese Luigi Ghilardi, lucchese che morirà qualche tempo dopo in sud America, combattendo per la causa di quei popoli, stavano tentando di raccogliere in Corsica mille uomini per una spedizione in Sicilia. Troviamo documenti analoghi nel 1841 e nel 1842, anno in cui pervenne al dipartimento degli Affari Esteri del Governo delle Due Sicilia notizia di una possibile spedizione rivoluzionaria per fare insorgere l’Italia, col coinvolgimento del lombardo Pacchiarotti.[7]
E il Vate Rossetti? Lui morì a Londra nel 1842 ma sino a quel momento fu attivissimo all’interno della Lega italica. In particolare i legami con Bientina, luogo elettivo del suocero, che era luogo frequentato anche dai miei avi. E lo stesso legame con Pier Angelo Sarti mi rimanda a questi legami. Una lettera che ho rintracciato mi riconduce dunque al periodo e alla partecipazione attenta del Vate a tali vicende. La spedizione dei fratelli Fabrizi non andò a buon fine ma nelle lettere della Marchesa Bernardini del 1838 presunti all’archivio di Stato lucchese i legami politici sono riconducibili non solo al Duca Borbonico lucchese ma con un riferimento anche ai Borbone di Napoli. Tutti peroravano una causa comune monarchica, presumo federalista, dove la Chiesa romana ( sono coinvolti molti religiosi on ruoli politici ben precisi) non disdegnò in parte questa possibilità. E dove Londra si spese, sicuramente fino al 1843, anno della lettera rintracciata, in questa volontà comune. Rimando per questo sempre all’articolo citato.[8]
Nelle ultime lettere del vate, che non potette rientrare in Italia come sperava, il nostro ricorda il nostro sole, la luminosità del cielo del sud e del Mediterraneo, Un pensiero tenero riecheggia rileggendo quelle carte. Nessuno dovrebbe mai essere distolto dalla Patria d’origine, dai suoi colori, dai suoi sapori, che il Vate ricordò una volta a Londra con eterna nostalgia. Sicuramente il Vate un personaggio da riscoprire.
[1] www.storico.org.
[2] Diego Angeli, I Bonaparte a Roma, Arnoldo Mondadori 1938.
[3] Giuseppe Pierotti, pittore di Castelnuovo Garfagnana, che studiò con signorini e con Fattori a Firenze, fu uno di questi. Tutta la sua famiglia fu coinvolta nei moti insurrezionali del tempo, come risulta dalle carte.
[4] Rassegna storica del Risorgimento anno 1916.
[5] A.S.L. Legato Cerù, rif. 18 Carte di Gabriele Rossetti.
[6] www.storico.org, La Reggia dell’Invidia.
[7] Da una pubblicazione del dottor Silvio Fioravanti che trascrivo in Risorgimento in Penombra, pubblicazione in “A Viva Voce”, rivista Corsa on line.
[8] “A Viva Voce”, Risorgimento in Penombra, Autore Elena Pierotti.