Una nobile famiglia napoletana la ritroviamo nella Lucca del XIX secolo con un ruolo economico e politico di prestigio. I Pierantoni. In rete troviamo notizie del celebre giurista poi ministro dell’Istruzione nel neonato Stato Unitario augusto Pierantoni. Questi studiò a Modena, si sposò a Firenze con Grazia Mancini, poetessa di grido, con cui andò a vivere a Roma. Ritengo che augusto Mancini fosse legato alla famiglia lucchese. Grazia divenne nome di famiglia. Ed il legame del Pierantoni sia con la Toscana che con Napoli mi suggerisce una comunione.
La famiglia Pierantoni residente in Lucca ma di estrazione partenopea l’ho conosciuta per ragioni di famiglia. Erano cugini dei miei avi. Per motivi particolari che solo le famiglie d’antico regime potevano avvalorare e condividere, i miei furono tagliati fuori dai giochi di potere loro interni e così andarono a servizio dei cugini, su suggerimento delle rispettive famiglie. Siamo nel 1880 circa. Io non conoscevo di più di questa famiglia se non che vivevano in un paese sulle colline Lucchesi, San Concordio di Moriano. Avevano una splendida proprietà e si dedicavano ai commerci della seta, traendone profitto.
Quando dovevo preparare la tesi di laurea rilessi una nota pubblicazione lucchese degli anni venti del XX secolo, scritta dal conte Giovanni Sforza, membro illustre di questa famiglia, su eminenti figure lucchesi. Il conte Sforza dedicò un capitolo al suocero Michele Pierantoni, che fu l’ultimo bibliotecario dello Stato di Lucca, all’epoca ducato sotto i Borbone Parma. Avrei voluto approfondire questa figura per sostenere la mia tesi, ma poi decisi di occuparmi di un loro congiunto, padre Gioacchino Prosperi.
Il testo del conte Sforza mi aveva particolarmente colpito perché nella sua trattazione egli ci illustra la figura del suocero partendo dalla madre di questi, che s chiamava Assunta Pierotti ed era donna del tutto particolare. Rimasta vedova in giovane età e con un ingente patrimonio da amministrare, Assunta non si perse d’animo e con grande competenza non solo amministrò il patrimonio ma si occupò dell’educazione del figlio minore. Michele venne educato in modo spartano, secondo i caratteri di questa donna, che anche sotto il temporale mandava il figlio all’aperto e non si dimostrava particolarmente “protettiva”. La cosa mi colpì perché le mie zie avevano un comportamento simile e naturalmente mi incuriosì l’idea che questa donna portasse lo stesso cognome dei miei, di cui all’epoca non sospettavo la parentela. Pensai, così, sulle prime, rispondeva matronimico.? Le famiglie di origini longobarde mantennero a lungo, anche tra le donne, atteggiamenti un po’ “mascolini”, se così posso esprimermi. Ed in effetti confermo la straordinaria vitalità, diremmo noi oggi sportività di queste donne, che si arrampicavano sugli alberi, giocavano come gli uomini, conoscevano le vicende della loro famiglia, anche politiche, come i maschi. E soprattutto sapevano sostituirsi magistralmente nelle faccende di casa, anche quelle che vedevano in prima fila l’amministrazione del patrimonio, poiché, suppongo, ricevevano un’educazione non solo donnesca. Questo anche il conte Sforza lascia supporre.
La famiglia Pierantoni e la seta. All’Archivio di Stato di Lucca troviamo manoscritto di Georg Christoph Martini Viaggio in Toscana del 1745. Contiene descrizioni e disegni dei macchinari utilizzati dai filatori, tintori e tessitori lucchesi; campionari di stoffe, gli Statuti della Corte dei Mercanti con il famoso torsello (balla) di seta come simbolo della città, i registri delle imprese, la donazione da parte del vescovo al convento di San romano di una serie di parametri sacri in sete asiatiche.Una tradizione secolare.
I Pierantoni vivevano come ho ricordato in un piccolo paese sulle colline lucchesi, a pochi chilometri dal centro cittadino. San concordo di Moriano. Questo il paese dove aveva sede la loro abitazione principale. Un territorio con molti contadini a mezzadria, nei territori di loro pertinenza, che praticavano un’agricoltura intensiva, dove la vite e l’olivo la facevano da padroni. Il vino della Maulina era ed è tutt’ora conosciuto ed apprezzato. Così come l’olio prodotto in queste splendide colline del Morianese, commercializzato in tutto il mondo. Napoli e Lucca, perché?
Posso in questo caso fare supposizioni, alcune delle quali ho anche pubblicato in rete in alcuni articoli. Innanzi tutto la musica. Napoli è città della musica per antonomasia. E Lucca, a partire da Tedaldo Vescovo, nell’alto medioevo, che promosse in Arezzo la riforma musicale gregoriana con Guido d’Arezzo, fu città assolutamente viva musicalmente e con rapporti internazionali importanti sul piano musicale. Se nel quattrocento troviamo musici irlandesi presenti in città; analoga cosa nel settecento quando la musica sacra era assolutamente in auge, con la dinastia dei Puccini, in prima fila, a partire da Giacomo Puccini Senjor. Non solo musica, anche se i legami del musicista lucchese Francesco Saverio Geminiani, molto legato professionalmente alla città di Napoli, lo attestano inesorabilmente.
La Musica e l’arte divennero politica nell’incontro dei Pierantoni e dei loro familiari lucchesi col teatro San Carlo e dunque col patriota Gabriele Rossetti, che al San Carlo ebbe sempre un ruolo guida e di prestigio negli anni in cui dimorò in Napoli, prima di trasferirsi definitivamente, da patriota perseguitato sul piano politico, in Londra. La comunione di Rossetti con questi ambienti lucchesi la si riscontra grazie ad una lettera presente all’archivio di Stato di Lucca del Vate. Egli scrisse nel 1839 a Pier Angelo Sarti da Vetriano ( il paese natale dei Puccini) rientrato da Londra con moglie inglese al seguito. Ex figurinaio poi collaboratore del British Museum, d’ispirazione mazziniana e dunque repubblicana, come da tradizione lucchese, sicuramente il Sarti ebbe comunione con i Puccini ma anche con i Pierotti, che erano cugini dei Pierantoni, come si evince dalle carte in nostro possesso. La presenza in Lucca del filosofo Carlo Pagano Paganini, rosminiano, docente di filosofia teoretica prima nel regio Liceo Cittadino e successivamente all’Università di Pisa, è essenziale. Pagano Paganini , filosofo rosminiano, scrisse in occasione delle nozze di una Pierantoni una poesia, dedicandola al Morelli che stava con la stessa convolando a nozze. Morelli è nome napoletano cos’ come pagano. Interessante il percorso politico di questa famiglia. Sicuramente cattolico liberali, visto che si legarono in città a famiglie con queste radici ( Pierotti, Prosperi) per citarne due). Michele Pierantoni, come ho precedentemente ricordato, fu l’ultimo bibliotecario del ducato di Lucca. Colto, amante delle lettere, fu lui stesso autore di liriche e curatore dei documenti cittadini. Padre Gioacchino Prosperi lo cita in una sua lettera con affabilità e sottolineandone il ruolo cittadino. Quali altre ragioni legarono questa famiglia napoletana a Lucca? Legami forti della città toscana con la capitale partenopea li si ritrova in ambito religioso. Alcune chiese in Napoli si richiamano alla fede lucchese: nel Volto Santo, che è simbolo incontrastato di fede in Lucca; nella presenza dei Chierici Regolari lucchesi in Napoli.
Ma ancor più è l’aspetto politico ed economico a farla da padrone. Le quattro repubbliche marinare italiane tutte si legano incontestabilmente alla tradizione repubblicana ed indipendentista della città di Lucca. In testa Amalfi che, non lontana da Napoli, dovette essere nel Medioevo in sintonia con la città toscana. Del resto religiosità e legami economici si intrecciarono inesorabilmente nell’epoca medievale. Il vicino ducato di Benevento, longobardo, legò a pieno titolo alla Toscana longobarda. E Lucca fu Ducato longobardo. Un esempio su tutti, i Malebrenche di dantesca memoria. Guglielmo Aldobrandeschi sposò infatti Bianca da Capua, come i cavalieri del Tau altopascese ci ricordano. E non possiamo non pensare a questi forti legami medievali tra famiglie di analoga stirpe longobarda. Stessa cosa capitò diversi secoli dopo quando Cristina Malaspina sposò un Pacca divenendo la madre del cardinale Bartolomeo. Qui siamo nel XVIII ed i legami continuarono ad essere unici, speciali. Mote sono dunque le ragioni che legano i Pierantoni lucchesi a Napoli.
Ma veniamo al loro operato politico. Nel 1868 Elisabetta Pierantoni, figlia di Michele e nipote di Assunta Pierotti, sposò il conte Giovanni Sforza di Montignoso, ramo collaterale degli Sforza di Milano. Dal matrimonio nascerà Carlo Sforza, che si allontanerà dal fascismo per abbracciare a pieno titolo quei valori repubblicani e liberali che avevano contrassegnato le sue antiche origini. Fuggito a Londra, dopo la seconda guerra mondiale avrebbe dovuto diventare Presidente della Repubblica al posto di Enrico De Nicola. Ms i legami che la famiglia di origine ( in particolare il padre) ebbero col fascismo )( Giovanni Sforza era amico di Costanzo Ciano, il gerarca livornese padre di Galeazzo e dunque con rapporti di parentela con Mussolini. Si trattò di legami non strettamente politici. Brillante fu la sua carriera diplomatica che lo rese Ministro degli Esteri già nel 1920 ( sottoscrizione del trattato di Rapallo). Dal 1949, dopo anni passati a Londra, Ministro degli esteri della neonata Repubblica italiana. Egli si richiamò a quei valori repubblicani che la sua famiglia materna di origine da sempre sosteneva. Firmò il trattato che istituiva il Consiglio d’Europa e la Ceca. Figura dunque d’alto profilo. L’ immergersi in queste vicende ci consente di assaporare da vicino mondi ormai lontani, ma che offrono l’opportunità di riflettere sulle mille relazioni che la storiografia sempre ci offre.