Ho scritto e pubblicato un articolo su Giuseppe Binda, il più importante agente murattiano, di origini lucchesi, che cercò di salvare il Regno di Napoli su sollecitazione di Re Gioacchino nel 1815. E’ possibile leggere l’articolo scaricandolo gratuitamente, [1] per cui non mi soffermerò sulle vicende se non per sommi capi. Gioacchino Murat lo incaricò nel 1815 di raggiungere Lord Bentick a Genova per recapitargli le lettere del marchese del Gallo, e per trattare. Ma fu intercettato presso Lucca e costretto a fuggire a Londra, protetto in Holland House. Il resto è storia. Che comunque ho cercato di confutare in alcuni punti a mio avviso, stanti le carte rintracciate, piuttosto controversi, che non mi hanno sempre convinto. Ho voluto perciò andare oltre e cercare di comprendere a pieno le reali vicende del mio “concittadino” illustre. Anche per capire quanto Gioacchino Murat fosse sprovveduto e quanto viceversa conscio che avrebbe davvero potuto salvare il suo regno.
Giuseppe Binda nel 1817 è, ed a partire dal 1815, in casa di Lord Holland, come suo bibliotecario di fiducia, cosa che lascia presagire l’amicizia profonda tra i due. In effetti Giuseppe Binda aveva conosciuto Lord Holland a Firenze, quando questi soggiornava nella capitale toscana, e ne era divenuto confidente. Era l’avvocato Giuseppe Binda un doppiogiochista oppure davvero re Gioacchino rappresentava per Lord Holland una bella carta da giocare. Propendo per la seconda ipotesi. E la conferma me la danno i documenti. Lord Holland, uno dei fondatori del partito whig, nel 1815 si mostrò particolarmente “gentile” con Giuseppe Binda e molti patrioti della Penisola, segno evidente delle sue posizioni politiche, sue e del suo nascente partito.
Rimase poco a Londra perché preferì. Questa la versione ufficiale, seguire i suoi affari a New York. Er tra l’altro un celebre collezionista.
“La carriera del girovago Giuseppe Agamemnon Binda ( così si fece chiamare prendendo la cittadinanza americana nel 1825, quando sposò Stephanie Sumter, figlia del celebre generale Samnter, visse tra new York e Parigi. I rapporti con i Sumter si legano anche alla frequentazione degli stessi col Brasile dove Thomas Sumetr jr. Serviva ‘amministrazione portoghese ivi presente, qui in esilio a partire dal 1810. Binda si sposò in Parigi per poi stabilirsi a New York ed avere due figlie dalla moglie. Beatrix ( 1838-1878) e Natalie (1840-1878).[2] Per un certo periodo gestì la sua attività negli Stati Uniti, anche dopo aver ottenuto dal Governo americano l’incarico di Console americano a Livorno nel 1840. Per qualche anno il consolato rimase così scoperto nonostante la nomina. Poi Binda si insediò al suo posto.
Una famiglia americana conserva documentazione del rapporto stretto tra Joseph Binda e il Banchiere ed uomo di affari August P. Belmont.[3]Particolarmente note le vicende del banchiere che divenne uomo di fiducia della famiglia Rothschild e che costruirà un impero finanziario planetario a sua volta, consentendogli di essere nominato Sir dalla Corona inglese ed avere un ruolo guida nel sistema politico americano. Ci descrive tali vicende John Peter Richardson III, che fu il 33esimo Governatore della Carolina del sud, dove sono stati rinvenuti i documenti e da cui la famiglia Sumter proveniva. Sappiamo che Joseph Agamemnon binda morì nel 1864. Singolarità la famiglia ebrea di Belmont era di origine portoghese e, come ben sappiamo, anche Binda conobbe bene gli ambienti di corte portoghesi poiché, come ho ricordato, i Sumter collaborarono finanziariamente con tali ambienti in Brasile quando la corte portoghese si trovava in esilio intorno al 1810.
Proviamo ad immaginare la vita ed il comportamento di Binda a New York quando nel 1831 prestò la sua villa di Segromigno in Monte in Lucca a tre patrioti mazziniani celebri: il conte Bichi di Siena; Gherardi Angiolini, nipote del plenipotenziario di Seravezza Luigi Angiolini, amico intimo di Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore di Napoleone I° ed ex Re di Napoli e di Spagna; e Michele Carducci, il padre del poeta Giosuè.
Viveva a New York in mezzo alla comunità italiana di patrioti fuoriusciti. Lo stesso Giuseppe Bonaparte viveva in America con la sua famiglia.
Il banchiere e sportivo ( corse di cavalli) August Belmont era una figura politica e sociale di spicco nella New York City del XIX secolo. Un immigrato tedesco di origine ebraica ma di provenienza portoghese, che si recò in America per lavorare per una importante famiglia bancaria [4]europea alla fine del 1830. Raggiunse ricchezza e influenza e il suo stie di vita era emblematico dell’età dorata. Divenendo in breve tempo un vero mecenate delle arti una figura potente del partito democratico. Nel 1853 fu nominato dal presidente Franklin Pierce come diplomatico nei Paesi Bassi.. Esercitò notevole influenza politica alla vigilia della guerra Civile americana. Aveva sposato la figlia del Commodoro Perry e il suo salotto di New York era frequentato dal bel mondo Statunitense. Era figlio di un proprietario terriero di Francoforte e lavorò sin da giovanissimo come assistente di ufficio nella Casa Rothschild.
Negli anni della Restaurazione, giovanissimo, fu inviato dagli stessi in Italia. Mentre era a Napoli trascorse del tempo in musei e gallerie e sviluppò un amore duraturo per l’arte. Lo stesso amore duraturo che lo legò inesorabilmente a Joseph Agamemnon Binda. Che ben conosceva Napoli, essendo stato a lungo il principale agente segreto in Napoli di Gioacchino Murat. Per la verità nei primi suoi anni a New York o stesso Belmont viene descritto come sostenitore di una vita disordinata. Addirittura cobatté in duello e ne rimase ferito. Mea è alla fine del 1840 che la sua immagine pubblica cambia radicalmente L’anno in cui Joseph Binda venne nominato dal Governo degli stati Uniti Console americano a Livorno. Le posizioni politiche di Belmont, che si batte contro la schiavitù ma anche contro la possibile secessione e con un occhio di riguardo verso le minoranze nere del Paese. E Giuseppe Binda? C’è da giurare che, vista la sua comunione con la famiglia Bonaparte e gli ambienti Mazziniani, e la sua origine cattolico liberale, le sue posizioni non si scostarono troppo da quelle di Belmont. Anche se la famiglia dei Sumter militò nello schieramento repubblicano.
Proviamo ad immaginare lo scenario in cui questi personaggi, Joseph Binda in testa, operano. Dopo la bufera napoleonica “ i Rothschild scelsero d’ inviare dunque in America non un esponente diretto della loro famiglia ma un uomo di fiducia, che si era fatto le ossa presso la banca di famiglia, tale August Belmont, anch’egli ebreo di Assia. Belmont fu spedito a New York, di lì cominciò l’ascesa di quest’altra grande famiglia, indissolubilmente legata ai Rothschild per molti anni”.[5] Seguendo il percorso della famiglia Rothschild possiamo comprendere anche l’importante ruolo assunto da auguste Belmont sia negli Stati Uniti che in Europa e dunque comprendere alcuni retroscena legati alla figura di Joseph Agamemnon Binda.
Nel 1830 i Rothschild finanziarono la corona imperiale austriaca investendo nelle fonderie dell’Impero d’Austria. Poi iniziarono ad investire nell’oro, acquistando importanti miniere auree in Spagna. Nel 1840 la N.M. Rothschild & Sons era la principale fornitrice di lingotti d’oro della Banca d’Inghilterra e nel 1852 acquistò stabilmente la gestione della zecca reale inglese. Quando il Belgio ottenne l’indipendenza, James Rothschild spiegò ai suoi soci: “alla soluzione della questione belga seguirà una forte richiesta di fondi […dovremo allora approfittare di quel momento per diventare i padroni assoluti delle finanze in questo paese”.[6] Nel 1830 circa il Belmont fu inviato dal Governo degli Stati Uniti nei limitrofi Paesi Bassi. In quel periodo Joseph Binda viveva a New York con la famiglia e prestava la sua villa di Segromigno in Monte in Lucca a dei patrioti mazziniani come ho avuto modo d’indicare.[7] Le vicende dei sovrani italiani della Penisola, soprattutto di coloro che non facevano Asburgo, unitamente al concorso dei Bonaparte, patrioti mazziniani fuggiaschi, che ho ampiamente descritto in alcuni articoli in rete, unitamente al concorso inglese ampiamente documentabile, fa capo proprio agli anni trenta, quaranta del XIX secolo.[8] Il 1840 è l’anno di nomina di Joseph Binda come console Americano a Livorno, scalo nevralgico per i traffici marittimi delle merci nel sud dell’Europa ma soprattutto di persone , patrioti inclusi.
“Casa Savoia, nella seconda metà dell’Ottocento, per portare a termine l’unità italiana ricevette prima un cospicuo finanziamento dai Rothschild francesi e, poi, anche da quelli inglesi poiché Cavour non riusciva a rendere il denaro ai primi e dovette chiederlo ai secondi. Oltre l’impresa dei Mille, capitanata da Garibaldi, fu finanziata anch’essa dalla massoneria britannica che erogò tre milioni di franchi per far sì che si ponesse fine al potere temporale dei Papi”.[9] [10]
Dopo aver assunto un ruolo attivo in Livorno durante il periodo risorgimentale, Giuseppe Binda, protettore dei patrioti come ho avuto modo di riferire, stanti documenti rintracciati, in un recente articolo pubblicato[11] si legò inesorabilmente ad Alexander Walewski e più in generale a quella nomenclatura toscana da cui proveniva, non agevolando nelle fasi finali il processo unitario dei Savoia. Per tale ragione fu marginalizzato, impedendogli di mantenere il proprio incarico in Livorno, nonostante le formali proteste del Governo degli Stati Uniti. Come ho avuto modo di precisare nell’articolo menzionato, ritengo che Binda fosse in linea col Governo statunitense che non apprezzò evidentemente l’Unità così come si profilò, non più di stampo federale come fino a quel momento era stata vista in ambito internazionale. Per governare il porto di Livorno, luogo strategico già a partire dal settecento per i traffici marittimi americani, era più semplice trattare con gli Asburgo Lorena anziché con i Savoia, in un’Italia unita. Binda sosteneva sia i personali interessi familiari che quelli della presidenza statunitense. E dovette pagarne lo scotto. Re Gioacchino aveva dato a Giuseppe Binda l’incarico di trattare con Lord Bentick a Genova, sperando ancora in una possibilità per il suo regno del sud. E’ probabile, senza nulla togliere all’agente Macirone che lo sostituì in corsa, dopo l’intercettazione austriaca del Binda in Lucca e la sua immediata fuga a Londra, che l’abilità dell’agente Binda avrebbe contribuito a frenare la smania di quella parte degli inglesi che volevano ritorno dei Borbone nel Regno delle Due Sicilie. Solo fantasie, oppure un fondo di verità, visti gli agganci inglesi di Giuseppe Binda a Londra, seppur su altro fronte rispetto a quello di Lord Bentick.[12]Sicuramente abile, visto il modo i cui riuscì a condurre in Livorno le difficili trattative in cui si trovò ad operare durante il periodo risorgimentale, Giuseppe Binda poteva rappresentare per re Gioacchino un valido strumento di trattativa. Il Primo Risorgimento che l’ex agente gestì segretamente, come appare dalle carte rintracciate, fu magistralmente coadiuvato proprio dalla presenza inglese attiva, unitamente al sostegno dei Bonaparte superstiti, in particolare di Luciano Bonaparte, ma anche di Luigi Napoleone, futuro Napoleone III e dell’ex Re Giuseppe Bonaparte, che a New York fu sicuramente vicino sia a Giuseppe Binda che al Belmont che ho citato. Le divisioni interne alla Chiesa ( a ben vedere diverse erano in proposito le opinioni e le appartenenze)[13] non aiutarono un processo particolarmente complesso ma fortemente voluto. La storia del sud e dello stivale col concorso di uomini come Giuseppe Binda avrebbe potuto avere una diversa collocazione e connotazione.
TAG: Joseph Agamemnon Binda, Gioacchino Murat, Lord Bentick, August Belmont, Lord Henry Holland, Alexander Walewsky, Giuseppe Garibaldi.
[1] www.storico.org, Giuseppe Binda. Elena Pierotti.
[2] Peter M. Kenny, Duncan Phyfe, Michael Kevin Brown, Duncan Phyfe: Master cabinetmaker
[3] Carte William Chesnut Manning family Henry Inman, Bishop Stephen Elliot Jr.
[4] I Rotschild.
[5] P. Ratto, I Rothschild e gli altri, Bologna, Arianna Editrice, 2015, p. 18.
[6] B. Gille, Histoire de la maison Rothschild, Ginevra, Droz, 1965, I volume, p. 299.
[7] Roberto Pizzi, Squadre e Compassi, Lucca, Maria Pacini Fazzi editore.
[8] www.storico.org, sezione periodo risorgimentale, Elena Pierotti.
[9] Spinosa questione quella del potere temporale dei Papi. Ampiamente descritta trattando le vicende del primo Risorgimento in www.storico.org, sezione Risorgimento.
[10] P. Ratto, I Rothschild. Cit, p. 20.
[11] www.storico.org, Giuseppe Binda, Elena Pierotti
[12] www.storico.org, Lord Holland e i suoi contatti italiani, Elena Pierotti
[13] Padre Gioacchino Prosperi. Dalle Amicizie Cristiane ai Valori rosminiani, Elena Pierotti, tesi di laurea Università di Pisa, a.a. 2009-2010.