Potenza. Di Claudio Elliott,“Mia sorella è cambiata”, Edizioni la Medusa, Marsala, ci parla dell’anoressia. E ne parla ai giovani.
È la storia di una ragazzina – Sonia – che sta scivolando verso l’anoressia, sotto lo sguardo attento del fratello e quello meno consapevole della madre (in realtà lei cerca di non credere a quello che vede: ed ecco la scelta della pagina che segue, dal capitolo 13, in cui il fratello le fa aprire gli occhi, in una sequenza di azioni quotidiane che rivelano il nervosismo e l’inquietudine della madre). Sonia rivela il suo disagio a una sua amica, Barbara, che è ormai irrimediabilmente “malata”, e la sua tragica fine fa da pendent a una storia parallela, quella di Guido, amico del fratello, che è incerto sul suo futuro e trova poi la sua strada nel mondo circense, dove si innamora di una acrobata. Il parallelo: lei vola sul trapezio mentre Sonia e Barbara precipitano verso un abisso di malessere e malattia mentale .
Il romanzo è scritto a due voci: il fratello che scrive al presente indicativo i capitoli pari, la sorella che scrive al passato remoto i capitoli dispari (il che fa intuire al lettore che è uscita dal “tunnel”, cosa che, come poi si vedrà, avviene tramite la musicoterapia e la scrittura creativa ed espressiva).
Claudio Elliott, nato in Australia, vive a Potenza, Basilicata, con famiglia e animali domestici; laureato in Lettere e Filosofia all’Ateneo di Napoli, insegnante di lettere nelle scuola media, docente di scrittura creativa, scrittore di romanzi per ragazzi con editori di narrativa scolastica: Le Monnier, Raffaello, La Medusa.
Riportiamo qui stralci della recensione al libro di Antonietta Mirra:
Claudio Elliott, scrittore di narrativa per ragazzi e bambini, in questo romanzo breve dal titolo Mia sorella è cambiata (La Medusa) ci racconta una storia che non può e non deve lasciare indifferenti. Una storia di un male che si è insinuato come una serpe infida e cattiva nelle dimensioni epocali della nostra modernità. Un male definito figlio dell’era moderna, del nostro oggi e di quello che di ieri è più immediato e prossimo: l’anoressia, un mostro dal corpo sottile e dagli occhi vuoti (…)
Con gli occhi di un ragazzo di sedici anni assistiamo ai cambiamenti fisici e psicologici di quella ragazzina di appena quattordici anni che lui tanto ama e che cerca in tutti i modi di proteggere. (…)
Chi sono i genitori di Sonia ma soprattutto quanto influisce la loro presenza o assenza genitoriale ed educativa nel cammino verso l’anoressia della figlia?
E’ molto semplice rispondere perché sia dalle stesse parole della protagonista sia da quelle del fratello scopriamo che la madre è sempre distratta e il padre è completamente assente. Ciò che sembra mancare in questa famiglia, alla quale, paradossalmente, non manca nulla, è proprio l’affetto, la presenza consistente dei genitori che ti seguono, che si preoccupano e che ti proteggono. (…)
“Mi mancava l’amore di un padre, questo mi mancava. Quasi mai presente, e se lo era non sentivo il suo cuore. Mi mancava l’amore di una madre, questo mi mancava: sempre presente, troppo presente nella mia vita, nel controllarla, nel guidarla. E anche di lei non sentivo il cuore.”
Queste parole sono estremamente eloquenti riguardo i sentimenti della giovane ragazza che non si sente realmente compresa dalla sua famiglia, non si sente accolta e soprattutto non sente di essere accettata per quello che è. Il suo disagio è esistenziale, prima di tutto e in un secondo momento si riversa sull’aspetto fisico che diventa l’unico elemento sul quale può ottenere il pieno controllo.
“Dovere, dovere, dovere: sembrava l’unica regola in casa. Dovevo essere sempre la migliore.”
Per Sonia la famiglia significa esclusivamente rispondere ininterrottamente alle aspettative di chi la circonda, senza che nessuno si renda conto della sua vera volontà. La madre e il padre controllano tutto ciò che deve fare, dalla scuola agli amici, dai suoi desideri alle sue necessità.
Diventare magra come le modelle che osserva sulle riviste di moda diventa l’emblema della sua conquista di un’identità ormai perduta o forse mai ottenuta realmente, significa controllare il suo corpo, scegliere cosa essere e cosa diventare secondo quanto soltanto lei stessa e nessun altro può decidere.
Più volte ripete di non essere mai stata veramente bambina, troppo oppressa dalle continue richieste dei genitori di essere sempre la migliore e la figlia perfetta sotto tutti i punti di vista. Tornare bambina ed essere quello che non è mai riuscita ad essere pienamente diventa la sua ultima conquista, quella superiore, quella che dà valore a tutta la sua esistenza. Tornare bambina significa sfuggire agli sguardi indagatori dei genitori, scansare qualsiasi obbligo o pretesa da parte di chi pretende di decidere per la sua vita, ma soprattutto significa scomparire, diventare quasi invisibile agli occhi del mondo.
La magrezza non è solo uno stereotipo legato alle mode o alla televisione, ma è anche una profonda frattura psicologica che conduce l’individuo a desiderare un dimagrimento feroce e totalizzante perché questo gli permette di tornare ad una fase, quella infantile, che si è persa ed è stata vissuta come un lutto camuffato da una conquista, quella che tutti dicono essere la maturità. Ma qualsiasi cosa che perdiamo di noi stessi è una perdita, è la morte di una parte che inevitabilmente ci portiamo dentro e che ci ferisce, ci segna, ancora a lungo. (..)
Alla vita di Sonia che si avvia sempre di più verso la dissoluzione sia mentale che fisica, si aggiungono le riflessioni scaturite da un amico di entrambi i fratelli, di nome Guido, che alla velleità di certi desideri contrappone la forza e la consistenza dei veri problemi della vita. Guido è prima di tutto un amico fidato del fratello di Sonia e la sua scelta di vita, giunta all’improvviso, di andare a vivere insieme ad un gruppo di circensi, sconvolge tutte le certezze di chi gli sta intorno. La sua prospettiva sulla vita mette in evidenza quanto sia importante costruire la propria esistenza basandosi su ciò che è veramente necessario ed irrinunciabile.
Mentre Sonia insegue il suo ideale di magrezza malata, i circensi, i veri acrobati che fanno follie con l’aria, rendono sacri i loro corpi, perché è attraverso di essi che si sviluppa la magia. Per Guido ciò che Sonia sta vivendo è sì un problema grave ma in certi ambienti, come quello del circo, a certe cose non c’è proprio tempo di pensarci.
(…)
Sonia si salverà perché l’affetto e la riconoscenza possono fare molto di più di qualsiasi terapia. Ma si salverà anche con l’aiuto di uno specialista che la indirizzerà verso la musica e la scrittura per ritrovare quella voglia di vivere e di far parte del mondo dal quale l’anoressia l’aveva lentamente allontanata.
Una morte inaspettata le sconvolgerà i pensieri e la metterà di fronte ai veri rischi che una malattia del genere ti cova dentro. Perché Sonia lo sa che più non mangia e più si avvicina alla morte ma quanto davvero ha il pieno controllo di sé? Quando davvero è in grado di fermarsi prima di cadere nel baratro?
L’anoressia non esiste come disturbo alimentare nei paesi sottosviluppati e chissà come mai. Qualcuno sostiene che esisteva anche nel Medioevo, quindi non è propriamente vero che è un male dei paesi industrializzati, ma riflettendo, esisteva l’anoressia sacra o i digiuni ascetici, nel rispetto di una religione che interpretava il corpo come un mezzo per raggiungere uno stadio di superiore purificazione spirituale. Allora l’anoressia poteva essere assimilata ad un valore che era quello religioso, che aveva a che fare con la fede e con il sacrificio. Insomma, in altre parole si fondava su un credo ben radicato che tutto sommato aveva la sua ragione d’esistere.
Ma l’anoressia di oggi, quella che conosciamo noi, a quale ideale supremo risponde?
Claudio Elliott espone molto bene questo aspetto, mettendo chiaramente in evidenza le falle di questo sistema che vorrebbe ricercare nella magrezza assoluta un ideale ed un valore che non sta né in cielo né in terra. Una ragazza magra, un’adolescente che si priva del cibo nonostante abbia fame, che si sacrifica in nome di una fragilità carnale, non può trovare appoggio in nessun sacrificio accettabile. Non esiste nulla nei modelli deviati di questa società fatta di burattinai e di manichini, di marionette e di donne di plastica, per cui valga la pena soffrire, per cui valga la pena morire. Perché sì, con l’anoressia si va incontro alla morte.
Mia sorella è cambiata ci fa intravedere uno squarcio di speranza, una sottile volontà di volersi salvare, perché dopotutto nessuno vuole davvero morire. Nessuno.
Libri come questo, che affrontano problemi che ogni giorno si ripetono e si affacciano imperterriti alle finestre delle nostre vite apparentemente perfette, dovrebbero essere continuamente scritti, perché ogni volta che qualcuno li legge, è qualcuno in più; perché storie come queste non bastano mai per aprire gli occhi, per comprendere, per aiutare, per combattere malattie che non dovrebbero esistere, né ora né mai.
Tra i libri di Claudio Elliott:
“Nel mezzo del cammin.” Brani scelti dalla Divina Commedia raccontati da Claudio Elliott. Per la Scuola media; “Giovanna d’Arco: i lupi e il vento”;” Cleopatra la regina delle regine”; “Il barcone della speranza”; “I giorni della tartaruga”; “Il mistero corre su internet”; “Il mistero del manoscritto scomparso”; “Il mistero della leggenda perduta”.
Accademia dei Parmenidei.