Nell’anno scolastico 2005/2006, mi fu assegnata la cattedra di disegno e storia dell’arte presso il liceo scientifico “E. Marini, di Amalfi.”
Nei mesi invernali di quel “ritiro”, tra il mare agitato e freddo, color plumbeo e i monti Lattari che incombevano nella parte alta, ebbi la fortuna, da ceramista, di conoscere e divenire amica del Maestro Vittorio Ruocco, di Minori, che mi aprì le porte del suo laboratorio e mi permise di lavorarvi, nei tempi che mi concedeva il lavoro e di potere in tal modo realizzare opere mie.
Minori si trova a circa 4 Km da Amalfi e, nelle belle giornate, facevo a piedi il percorso, o vi giungevo con l’autobus nei giorni più freddi.
L’arte della ceramica non è cosa facile: non si usano colori come gli altri; prima della cottura appaiono di una tinta e variano dopo la cottura. Se mescolati sapientemente dalle mani di un ceramista esperto, possono raggiungere tutti i toni e le sfumature necessarie a rappresentare ogni cosa: dai paesaggi agli oggetti, ma anche la carnagione dell’epidermide, o i mantelli di cavalli, di cani, di gatti. Se mescolati sapientemente. Per fare ciò occorre davvero grande abilità: abbiamo detto che i colori cambiano in cottura e, ad esempio, c’è un verde che diviene di una splendida sfumatura smeraldo, ma, dapprima, non lo distingueresti dal nero. L’artista ceramista sa bene, “ad occhio”, per certi toni che assume il verde prima che vi si immerga il pennello, la differenza. Questi colori, dapprima in polvere, vengono sciolti nell’acqua, in apposite vaschette munite di un piccolo incavo circolare nella parte superiore, che assomigliano a posacenere, perché hanno anche alcuni buchi adatti allo scopo di lasciar scivolare via l’acqua in eccesso. Vi sono colori sottocristallina apiombici, da usare su biscotto (ossia il pezzo cotto una sola volta), con temperatura di cottura che variano da 950° a 1020° ed hanno costi elevati. Fin dai primi giorni, mentre cercavo di riprendere i contatti con la tipologia dell’arte (per dipingere su ceramica devi avere un laboratorio attrezzato, comprensivo di forno e vasche per mescolare gli smalti ed immergervi gli oggetti da preparare, non è come per la pittura ad olio, a tempera, ad acquarello ed altro), non potevo non ammirare sia le opere già lavorate dal mio amico Maestro, che l’abilità con cui riusciva a realizzare qualsiasi oggetto. Dall’argilla cruda, ricavava con le sue sole mani, opere d’arte. La gran parte delle argille può essere definita come silicato idrato di alluminio e magnesio: la loro formula chimica generale è Al2.2SiO2.2H2O. Ma vi sono molte variabili, in quanto il silicio e l’alluminio possono essere sostituiti da altri elementi, quali il magnesio ed il ferro, che fanno assumere all’argilla colori diversi e differenti tempi di cottura. Si tratta dello stesso materiale con cui entrarono in contatto gli uomini preistorici, incontrando sul loro cammino le rocce feldspatiche e di conseguenza argille primarie e secondarie (le seconde sono più pure) e che in seguito ci ha regalato le ceramiche greche, etrusche e romane. Il caolino, trae il nome dal cinese Kau-ling, che è quello della collina all’est di King-te-chen, dalla quale il gesuita francese d’Entrecolles trasse i primi ricercatissimi campion, che giunsero in Europa, al principio del sec. XVIII. Il caolino puro può giungere a fondere a 2000 gradi centigradi. Quello che spesso non si sa è che un buon maestro ceramico deve conoscere anche la tecnologia della ceramica, annesse alla chimica. Chiaramente solo un vero Maestro ceramico, come Vittorio Ruocco, sa lavorarle al tornio, o coi colombini, o a mezzo stampi e poi cuocerle, smaltarle, dipingerle, sino a fare sì che sfidino i secoli e facciano mostra di sé nei musei o nelle case di chi le ama. Mentre, dunque, nell’inverno del 2006, riprendevo il contatto con l’arte, Vittorio, con molta semplicità, mi lasciava libera di lavorare, seguendomi con occhio esperto e intervenendo soltanto di tanto in tanto coi consigli, ma senza darsi alcuna pretesa da maestro. Benché lo fosse. E’ a suo merito se ho potuto elaborare nuovi lavori in ceramica, che ho portato con me al rientro in Napoli e nuove esperienze nel campo di questa meravigliosa tecnica senza tempo. Nel ritornare, dunque,giorni orsono a visitare il suo grande spazio espositivo di Minori, dapprima negli ampi locali di vendita posti sul lungomare, mi sono incantata per la varietà delle opere esposte, cresciute di numero e tipologia, fatte per accontentare qualsiasi tasca e desidero o necessità. Percorrendo i vicoletti stupendi di Minori, l’ho poi raggiunto sul lavoro, nel laboratorio che inaugurò nel 1985, a soli 23 anni, luogo che lo vede intento per intere giornate nella sua occupazione preferita. L’Ho ritrovato, difatti, con un braccio immerso fino alla spalla nella vasca degli smalti, laddove mescolava uno smalto bianco. Scherzando, sorridendo nel volto scurito dal sole dell’estate, in contrasto con il bianco del braccio, ha detto che stava producendo mozzarelle. Molti prodotti ceramici, difatti, sono sottoposti a trattamento superficiale mediante rivestimento trasparente (vetrina) oppure opaco e colorato (smalto).
Parlandogli ho appreso che aveva appena “sfornato” un “top” da cucina di molti metri e si apprestava a realizzare una tavola in mattonelle dipinte. Tenendosi aggiornato, si è inoltre specializzato nel creare tavoli in pietra lavica dipinto a mano e ceramizzati. L’arte della ceramica è certamente una delle più antiche e più belle tradizioni artistiche, di cui l’Italia vanta opere straordinarie ed è veramente bello pensare che a Maiori vi sia qualcuno che ne perpetua e migliora la storia.
Bianca Fasano