L’anno scorso in questo periodo si ricordavano i 200 anni dalla morte di Napoleone. Per l’occasione sono stati pubblicati anche diversi saggi. Uno di questi è il libro, “Napoleone e i suoi due papi”, sottotitolo” “La Chiesa alle prese con il primo ‘Anticristo’ della storia moderna”. Autore Luca Crippa, pubblicato da Edizioni San Paolo (pp.239, e.16,00, 2021) Per la verità il testo tratta in particolare il difficile rapporto di Bonaparte con la Chiesa del suo tempo. Un rapporto che probabilmente “trasformò in maniera definitiva il futuro delle relazioni tra Chiesa e Stato”.
L’autore del libro come si scrive nella presentazione, avrebbe dovuto rappresentare il noto condottiero anche “in quello incarnato del ‘primo Anticristo’ dell’epoca moderna”.
Il lettore viene accompagnato alla scoperta di un Napoleone a modo suo religioso, ma non troppo, e di conseguenza dei suoi rapporti con la Chiesa e soprattutto con i due papi che la guidarono: Pio VI e Pio VII. Comunque sia per la Chiesa fu un periodo di aperta persecuzione, con la requisizione forzata di beni ecclesiastici, la chiusura dei conventi e dispersione di interi ordini religiosi.
Il 1 e il 2 capitolo si occupa della vita dell’ambizioso ragazzo nato nella Corsica, che poi diventerà imperatore dei francesi. Nato in una famiglia tradizionale, ma non troppo. La mamma, Maria Letizia Ramolino, religiosa praticante. Il padre Carlo Buonaparte, era affascinato dal pensiero illuminista, adorava Rousseau, scriveva e distribuiva articoli contro la religione e le sue istituzioni. In pratica, condivideva il sogno di creare “l’uomo nuovo”. Faceva parte della nobiltà cittadina di Ajaccio. Quello che ci interessa è come ha vissuto l’infanzia Napoleone, probabilmente anche lui avrà studiato il catechismo. Facendo riferimento alla monumentale biografia di Andrew Roberts, “Napoleone il Grande”, sembra che il piccolo “non ha mai condiviso i divertimenti dei bambini della sua età, li evitava con cura”. In pratica “leggeva costantemente, soprattutto libri di storia”. Ecco perchè poi da generale avrebbe esortato i suoi ufficiali a leggere e rileggere le campagne di guerra di Alessandro il Grande, Annibale, Giulio Cesare, Gustavo Adolfo di Svezia, il principe Eugenio di Savoia, Federico il Grande. Secondo Napoleone era l’unico modo per diventare un grande condottiero.
Napoleone fu mandato in Francia a studiare addirittura in un seminario e qui certamente è stato “costretto” a partecipare alle preghiere, alle messe e a tutte le celebrazioni liturgiche. Crippa sottolinea questo aspetto: le scuole di allora erano quasi tutte religiose e anche Napoleone frequentò le scuole gestite da religiosi francescani, del calabrese Francesco di Paola (detti “paolotti”). Certo poi alla fine scelse la scuola militare, invece di quella cristiana e cattolica. Tuttavia per Crippa, Napoleone era un figlio della Chiesa, anche se occorre vedere quale Chiesa era presente nel momento storico napoleonico. Crippa ci fa presente che la Chiesa del tempo secondo gli analisti era un ostacolo al presunto progresso dell’Europa, e a tutti i livelli si schierava con l’ordine dell’ancien regime che si ostinava a difendere i privilegi di ogni soggetto sociale. La Chiesa secondo Crippa esercitava il suo primato spirituale sulle grandi questioni dottrinali, “ma molto poco nel dirigere l’azione pastorale dei diversi episcopati nazionali”. Anche perché questi ultimi avevano a che fare con l’autorità di uno Stato nazionale che tendeva ad assorbire tutto a sè, facendosi padrone della vita dei propri sudditi. Addirittura, “lo Stato della Chiesa appariva come una fortezza in cui il papa e la curia si fossero volontariamente rifugiati mentre fuori infuriava la battaglia”.
Il testo fa una breve sintesi sulla situazione socio-politica e religiosa della Francia, ma anche dell’Europa, prima dello scoppio della Rivoluzione Francese. Il 3 capitolo si occupa della carriera militare di leader di Napoleone. Si hanno tante informazioni sulla vita di Napoleone, perchè scriveva molto, gli si attribuiscono nel corso dell’intera vita, oltre 33.000 lettere a noi pervenute.
Il 4 capitolo narra la Rivoluzione, il nostro autore nel suo commento agli eventi del 1789 ricalca quello che ha scritto certa storiografia liberal-democratica. C’era aria di una svolta urgente e si aspettava un segnale. “Napoleone è al suo posto mentre un mondo crolla”. In questo momento ebbe per la prima volta un ruolo di leader politico, ma sottolinea Crippa, mantenendo un ruolo ambiguo: “si schierò e convinse i corsi a schierarsi con la Rivoluzione”. In particolare approvò senza esitazione la “Costituzione civile del clero”, che divise migliaia di preti, da una parte quelli che scelsero di vivere nella clandestinità e quelli che giurarono alla Costituzione. “La linea di separazione tra ‘ progresso civile’ e ‘religione’ era di nuovo fissata con fermezza”. Gli storici si dividono scrive Crippa sul numero dei chierici “costituzionalisti” e “refrattari”, schierati. L’Assemblea andò avanti, passò all’azione, cacciando i preti refrattari, in parte sostituendoli con quelli fedeli all’Assemblea. “Si andava così definendo un vero e proprio scisma”. Il papa Pio VI reagisce a questa precisa persecuzione, condannando la Costituzione civile del clero, dichiarando sacrilega la consacrazione di tutti i nuovi vescovi, minacciando di sospendere a divinis tutti i preti che avevano prestato giuramento. Pio VI fu molto severo nel criticare la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, “un testo che conteneva, a detta del papa, posizioni pericolose a proposito dell’origine del potere, della libertà religiosa e delle disuguaglianze sociali”. L’anticlericalismo cresce e si impone. La gran parte dei religiosi e religiose fuggirono all’estero per salvare la vita, molti furono assassinati dai giacobini, aprendo una stagione di eroismo e di martirio, di visibile santità. Crippa racconta gli eventi della rivoluzione con la partecipazione in prima persona di Napoleone, in particolare nella battaglia di Tolone. Qui l’esercito rivoluzionario si abbandonò a saccheggi, stupri, esecuzioni di massa; ogni giorno venivano tagliate 200 teste. Napoleone ebbe un ruolo importante nella battaglia di Parigi, il 4 ottobre 1795, il generale corso, scrive Crippa, tra le strade di Parigi, dispose le sue truppe e ordinò senza esitazione di cannoneggiare i civili, provocò oltre 400 morti, ma salvò la Rivoluzione. Un Paese sull’orlo della guerra civile, Napoleone è stato in grado di imporre la sua pace.
Il 7 capitolo si affrontano i temi ideologici della Rivoluzione. Crippa si chiede se ora la Rivoluzione stava tradendo le attese del popolo, soprattutto dei contadini. Mentre quelli che vivevano nelle città avevano per lo meno, l’illusione di combattere per i propri diritti, magari “massacrando i “controrivoluzionari” prigionieri partecipando in massa allo spettacolo della loro esecuzione: morti loro, poi le cose sarebbero andate meglio per forza, si pensava in città”. Crippa fa qualche accenno soltanto alla rivolta del popolo vandeano, l’eroica testimonianza di fede dei contadini e cittadini della Vandea. Anche qui l’autore si pone delle domande sugli sviluppi politici e sociali di quegli anni. Riflessioni filosofiche e teologiche. Si potevano realizzare libertà, uguaglianza e fraternità senza cristianesimo?
Comunque lo sforzo di scristianizzare la Francia andava avanti, con tutti gli episodi che sappiamo, che sono stati documentati dagli storici. L’8 capitolo (Dalle Alpi alle Piramidi, dall’esercito al Consolato) sono gli anni dell’ascesa di Napoleone a nuovo astro nascente della Francia repubblicana, fondata sostanzialmente sull’esercito, l’unica forza che poteva mantenere l’ordine nella Francia. Napoleone era pronto per esportare la democrazia francese a tutta l’Europa. “Esportare la Rivoluzione, esportare l’anticlericalismo”. A questo punto Crippa descrive le guerre, le vittorie, i trattati, i proclami, le occupazioni, le strategie, i compromessi che hanno visto protagonista il futuro imperatore della Francia. Praticamente la Francia napoleonica si trovò in uno stato di guerra permanente, in campagne militari continue, con un arruolamento stabile di circa 500.000, con continue enormi spese per mantenerlo. “I soldati e gli ufficiali cominciarono ad amarlo”. Nessun accenno però alle enormi perdite umane causate dalle sue continue campagne militari volute da Napoleone. Un particolare vorrei sottolineare, il testo fa soltanto qualche riferimento sporadico alle rivolte popolari in Italia, ma anche altrove, le cosiddette “Insorgenze”, contro Napoleone e i suoi eserciti. C’è qualche accenno ai “Sanfedisti” meridionali, della Santa Fede, guidati dal cardinale Fabrizio Ruffo. Naturalmente per ripetere l’interpretazione dei giacobini italiani, che avevano guidato le cosiddette “Repubbliche giacobine”, considerate un importante laboratorio politico (con circoli, salotti, giornali in piena attività). Il 9 capitolo dedicato a Pio VI e al suo “martirio”. In questo frangente con l’arresto e la deportazione di Pio VI in Francia si pensò veramente che il potere temporale del papato ormai si avviava alla conclusione. Infatti si interroga Crippa: “Fine di un papa…e del papato?”.
A questo punto “Napoleone si sentiva ormai al vertice di un movimento voluto dal cielo […] Era pronto ad avviare un culto della propria persona, ma il primo profeta e nello stesso tempo credente di questa specie di religione era certamente lui stesso”. Napoleone diventa un vero e proprio dittatore, con un controllo assoluto su tutti i poteri dello Stato, con il compito di concludere la Rivoluzione. L’11 capitolo si discute del rapporto dell’accordo, tra il nuovo Papa Pio VII con il “l’Anticristo” Napoleone, che secondo Crippa, con i suoi eccessi, soprattutto dei giacobini, “avevano reso alla Chiesa più conservatrice un servizio eccellente, allontanando di più di un secolo il dialogo tra questa e la cultura moderna”.
Il testo di Crippa si conclude con il celebre Memoriale di sant’Elena, divenuta presto la “Bibbia” del bonapartismo. A duecento anni dalla morte dell’uomo che volle cambiare l’Europa moderna, ha ancora molto da dire secondo il libro di Crippa.