Aosta è la provincia italiana che più delle altre è dalla parte dei bambini. In fondo alla classifica all’ultimo posto c’è Napoli. Poco più su Caltanissetta e Matera. In zona retrocessione, tra le ultime cinque, pure Palermo e Reggio Calabria. La classifica del Sole 24 Ore che misura la qualità della vita delle città è impietosa nei confronti del Sud. Ma non se la passano meglio neanche Roma, che è all’83esimo posto, su 107 province e Milano al 60esimo. Ma possiamo davvero dare credito a queste classifiche? E’ vero che gli esperti del Sole misurano la città sulla base di determinati indici che vanno dal tasso di fecondità (il numero di figli per ogni donna) all’estensione dei giardini scolastici, dal verde attrezzato ai posti negli asili nido, dal numero di pediatri attivi allo spazio abitativo. E, poi, c’è il numero di studenti per classe, l’accessibilità delle scuole, la percentuale di edifici scolastici con la mensa e quelli con la palestra, lo sport, il numero di reati denunciati a danno di minori. Tutto bene. Ma forse ci sono altri indici da non sottovalutare per misurare il grado di vivibilità di una città. Ad esempio la bellezza del panorama. Le radici storiche culturali. Le prelibatezze del cibo. Ma anche la creatività. La voglia di fare. Le eccellenze tecnologiche. Insomma, sarei molto cauto nel maneggiare queste statistiche. Anche perché possono nascondere fra le righe tanti luoghi comuni. E forse qualche pregiudizio. E, poi, diciamo la verità: quanti di noi vorrebbero davvero vivere ad Aosta?