“Teodoro: un uomo, un paese. Una storia che vorrei vivere”
Passeggiare per un paese vuoto è un’esperienza unica e affascinante. Io l’ho fatto. Lo stupore è il primo sentimento che si prova. A seguire è la meraviglia, per le strade deserte, seppure testimoni di un tempo passato. Teodoro è il protagonista e vorrei tanto essere lui, ma mi sono solo limitato a raccontare la sua storia. Quella di un abitante di un paese fantasma che, dopo un incontro inaspettato, prova a tornare a vivere. Un racconto fatto di alcune verità, ma anche di piacevoli immaginazioni, frutto della mia avvolgente passione per le piccole comunità.
Nicola Campoli, economista curioso di territorio, dirigente dell’Unione Industriali Napoli – Confindustria Napoli, ha scelto questi righi per un invito alla lettura del suo ultimo libro. dopo “Caro Direttore… “ e “Racconti di Vita… e di Passione”, e ancora “Al Cuore non Rinuncio e di “E la Vita si allunga al tempo del COVID-19” pubblicati con Guida Editore, arriva “Teodoro: un uomo, un paese. Una storia che vorrei vivere”
Qui di seguito IlSudonline.it propone l’incipit del volume
Andare via
“Era voluto restare. Eppure, il pericolo era imminente, ma Teodoro non volle sentire ragioni. Nessuno mai era riuscito a convincerlo.
‘Perché devo andare via’? Se lo chiedeva più volte, rabbiosamente, durante quelle difficili
giornate di pieno inverno.
‘Basta con queste odiosità. Non mi muovo da qui’. Così ripeteva ossessionatamente tra le quattro mura domestiche, che negli anni erano diventate la sua prigione.
Le sue giornate trascorrevano tutte uguali. Avevano lo stesso ritmo e cadenza fissa.
Abitava sulla punta più alta del paese, adagiato dolcemente su una collina.
Dalla finestra della sua camera da letto, dalla quale godeva di una luce fantastica, aveva un panorama completo sull’intera vallata.
Cambiavano solo i colori a seconda delle varie stagioni che si susseguivano.
Negli anni da quell’affaccio nulla era mutato, come se si fosse dinanzi a una cartolina stantia. Una vista mozzafiato che lasciava a bocca aperta e in cui Teodoro ogni giorno si imbatteva.
Nelle giornate limpide, spazzate via dal vento di maestrale si riusciva a guardare sino al lontano mare.
Un mare che non aveva mai conosciuto e che da bambino aveva sognato tante volte, ma che poi con il trascorrere degli anni mai l’avrebbe attratto.
Lui non se ne rendeva conto, ma aveva davanti un paesaggio che poteva apparire anche finto, tanto era splendido.
La sua testardaggine non aveva eguali. Nella sua vita l’aveva data vinta a pochi. E quei pochi, tuttavia, mai erano riusciti a rivincere.
La sua casa aveva resistito al tempo. Come in un museo ogni oggetto era conservato alla perfezione.
‘Finiscila’ gli diceva mille molte l’adorata sorella Elena. ‘Basta con le tue ottusità. La vita è fatta anche di relazioni umane e di quello che costruisci con gli altri tuoi simili. Non è possibile che nessuno ti vada bene. E pure da anni. Come fai a stare sempre silenzioso e non sentire mai il bisogno di scambiare due chiacchiere con un tuo coetaneo?’, Elena, inesorabile, ci andava giù ogni volta che poteva. Non gli faceva sconti.
Ma lui non batteva ciglio, proseguendo sempre per la sua strada. Quasi un uomo invisibile.
Teodoro, in quei momenti, la guardava sgranando gli occhi, come fa il gallo prima di attaccare, ma lei non si preoccupava. Aveva già visto tante volte quello sguardo che nulla faceva sperare.
Chiuso a ogni relazione esterna. Perennemente muto verso ogni forma di contatto. Le sue maniere burbere lo portarono a non avere nessun amico. Si mostrava scostante con tutti. Al punto, che mai più nessuno aveva provato ad entrare nel suo circondario. Finito di lavorare, poi…”