E’ stato al centro del dibattito fin da quando è stato istituito. Nel corso della campagna elettorale è diventato pietra di scandalo. E ora, con il governo Meloni insediato, è oggetto di un’aspra contesa tra partiti di maggioranza e opposizione. Con il M5S di Giuseppe Conte pronto a dare battaglia fino all’ultimo respiro per difenderlo. E’ il Reddito di cittadinanza, fonte di infinite polemiche, oggi a rischio di abolizione. “Durante la campagna elettorale è stato al centro di un fuoco incrociato. Poi qualcuno si è accorto che più si minacciava di abolirlo e più il Movimento 5 Stelle guadagnava consenso, soprattutto in quei territori dove i percettori sono più numerosi”. Parla Raffaele Tovino, che da fondatore e direttore generale di un ente bilaterale (Enbiform),lancia una proposta che punta a semplificare, con una piattaforma web e una applicazione dedicata, il rapporto tra domanda e offerta di prestazioni che possono rendere coloro che ricevono il sostegno. Il Sudonline lo ha intervistato.
In che cosa consiste la proposta di rilancio del Reddito di cittadinanza, sulla quale Enbiform sta svolgendo unacampagna di sensibilizzazione?
Tutti hanno presente Uber. E’ un’app che mette in contatto coloro che guidano ed hanno una macchina con chi ha bisogno di un passaggio in auto. Tutti conoscono Airbn, il sistema che mette in connessione chi ha immobili da fittare temporaneamente e i turisti. Qualcuno la chiama economia della collaborazione o cooperation economy…
Sì, certo. Sono strumenti che ormai fanno parte del vissuto quotidiano di tutti. Ma che c’entra il Reddito di cittadinanza con tutto ciò?
Immaginiamo per un momento di allestire una piattaforma web e di realizzare una app che mette in contatto diretto, saltando ogni intermediazione burocratica, chi ha bisogno di prestazioni di lavoro, imprese o famiglie che siano, con chi gode della misura e che non vuole passare per parassita o profittatore, ma è pronto a darsi da fare. Le soluzioni informatiche per semplificare al massimo domanda e offerta di servizi esistono e sono alla portata di tutti, perché ogni cellulare può essere un dispositivo per interagire con il sistema. Sarebbe un ottimo modo per facilitare la vita di imprese e famiglie..
Ma il compito di favorire l’avviamento al lavoro dei percettori di reddito non è stato affidato ai Navigator?
La figura del Navigator nasce con la funzione di supportare i centri per l’impiego nella individuazione di un nuovo lavoro per beneficiari di Rdc. In realtà questo profilo professionale si è impaludato nel lago opaco della burocrazia. Furo di metafora, mi riferisco ai centri per l’impiego, dai quali dipendono. Quello che non ha funzionato, quindi, è lo sbocco occupazionale per chi riceve il Rdc. Questo è il punto vero, non l’obbligo ad accettare qualsiasi tipo di lavoro, come sembra si orientino le misure correttive volute da Giorgia Meloni.
Per chi è in grado di lavorare, ha sostenuto il presidente del Consiglio, la soluzione non è il reddito di cittadinanza ma il lavoro vero, ossia la formazione e l’accompagnamento al lavoro.
E così siamo da capo a dodici. Questo compito è da sempre attribuito i centri per l’impiego, che alla verifica dei fatti non sono in grado di assicurare l’accompagnamento al lavoro, non meglio di quanto fanno le agenzie interinali. Questo è un grande tema, ma differente, perciò dico che è utile separare le politiche di avviamento al lavoro dal Rdc. E indipendentemente da tutto ciò, la soluzione è, come dicevo, una piattaforma web e una applicazionead hoc, sono strumenti automatici e disintermediati di accompagnamento al lavoro, alla portata di chiunque.
Per la maggioranza che sostiene il governo e per i deputati del terzo polo, il reddito di cittadinanza, se non abolito, va sottoposto a una decisa stretta su chi percepisce la misura.
Parliamo di belle intenzioni che rischiano di sbattere contro il muro dei fatti. Nell’ultimo rapporto Anpal (Agenzia nazionale per le Politiche attive del lavoro) si contano due milioni e trecentomila beneficiari al 30 giugno scorso. Di questi coloro che sono considerati in grado di lavorare sono 920 mila, vale a dire il 40% di chi oggi riceve il sussidio mensile.
L’unica speranza che hanno per arrivare a fine mese, secondo la linea del presidente del Consiglio, è di accettare il lavoro che viene loro offerto. Non è così?
Si, certo. Tuttavia questa platea non risulta particolarmente adattaagli occhi delle imprese: tre su quattro non ha mai avuto un contratto di lavoro dipendente nei tre anni precedenti. Oltre il 70 per cento ha al massimo un titolo di scuola secondaria inferiore. Prima del lavoro, ciò di cui questo persone hanno bisogno è un’adeguata formazione. E qui si apre un altro libro, che riguarda l’efficacia del nostro sistema di training. Ecco perché, dicevo, siamo da capo a dodici.
Che cosa va fatto, viceversa, secondo il suo parere?
Smettere di fare del Rdc un cavallo di battaglia ideologico, in negativo. Diciamo la verità, il provvedimento non ha mai godutodi buona stampa. I controlli doverosi delle forze dell’ordine sui percettori sembrano fatti apposta per alimentare titoli ad effetto sui giornali. Tutto questo non aiuta la ricerca di soluzioni improntate al sano pragmatismo riformistico.
Bisogna in definitiva non gettare via il bambino con l’acqua sporca?
Vedo che a lei piacciono le metafore. Traduciamo per chi ci legge. Anche alla luce del recente Rapporto Povertà della Caritas, dobbiamo considerare che misure di contrasto all’indigenza sono ineludibili se è vero che negli ultimi quindici anni la povertà in Italia è triplicata. E riconoscere che un pacchetto di provvedimentia sostegno di tante famiglie, specie al Sud, resta più che mai necessario.
E per salvare del Rdc, arriva in soccorso la piattaforma web?
La mia proposta, come dicevo, è allestire una piattaforma sulla quale i percettori di reddito di cittadinanza potrebbero registrarsi,indicando le proprie competenze e disponibilità. Non di meno potrebbero farlo le aziende, chiamate a indicare le loro esigenze in termini di personale, e le stesse famiglie, invitate a indicare di quali servizi hanno bisogno. La possibilità di contattare direttamente e ingaggiarli, nel pieno rispetto di tutte le norme, proprio i percettori di reddito di cittadinanza non ha prezzo. Anche se magari si dovesse ricorrere a forme di premialità incentivante per chi mette a disposizione tempo e risorse.
C’è un problema non da poco: chiamare a gestire a piattaforma?
Escluderei i privati, dal momento che il reddito di cittadinanza è alimentato con fondi pubblici. E anche la mano pubblica, visto il pasticcio che lo Stato ha fatto con i navigator e i centri per l’impiego. Meglio a mio parere potrebbero fare gli enti bilaterali, organismi di intermediazione in cui sono pariteticamente rappresentate le associazioni datoriali e le sigle sindacali. Abbiamo provato ad affrontare la pandemia con un’app. Non vedo perché non farlo con il Reddito di cittadinanza.
di Luigi Friscia