Senza paura dell’autonomia differenziata – di Stanislao Napolano
Caro direttore,
in queste settimane si è riacceso lo scontro tra Regioni del nord e del sud, su di un tema particolare che riemerge periodicamente già da alcuni anni, quello dell’autonomia differenziata.
Tema che secondo alcuni potrebbe portare alla rottura dell’unità nazionale, tesi quest’ultima sostenuta in particolare dalla sinistra e dalle regioni meridionali, argomentata con l’ulteriore danno economico e finanziario che esse subirebbero, in quanto non ci sarebbero garanzie nell’assicurare risorse che darebbero al Mezzogiorno la possibilità di guardare al futuro in un’ottica di sviluppo.
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Le Regioni del sud si sono trincerate dietro un no fermo, senza alcuno spazio di trattativa, senza una controproposta capace di dimostrare la concreta possibilità di un progetto, di una visione moderna del nostro Mezzogiorno capace di accettare una sfida epocale e di competere con le altre regioni italiane, misurandosi anche nell’arena internazionale.
Altro aspetto sconcertante è il silenzio della società civile del Mezzogiorno, probabilmente timorosa verso i vari propri padrini politici con cui è legata da interessi che le permettono di vivacchiare sotto le tranquille fronde del “reddito di cittadinanza”, di appalti compiacenti, di prebende a buon mercato, in sintesi vivere nel sereno solco dell’assistenzialismo e del clientelismo.
Non c’è alcun politico del sud – che sia di destra, di centro o di sinistra – che possa chiamarsi fuori dalle proprie responsabilità su come è ridotto il Mezzogiorno d’Italia. Volendo utilizzare i termini del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, i nostri rappresentanti sono tutti “personagetti”, bravi solo a racimolare voti con il vecchissimo sistema delle clientele.
A mio parere nessuna rappresentanza politica è priva di colpe. Tutte sono accomunate dalla grave responsabilità di non aver mai fatto fronte alle criticità gravi e gravissime nate dall’unità d’Italia in poi. Nessuna parte politica ha considerato di studiare un modello di sviluppo per la nostra società meridionale e tutelare i nostri interessi, quelli del Mezzogiorno, i risultati sono sotto gli occhi di noi tutti, l’Alfa Sud, le acciaierie di Taranto e di Bagnoli, il polo FIAT di Termini Imerese, tutte cattedrali nel deserto prive di una strategia industriale, solo immagini per rafforzare le clientele, specchietti per le allodole.
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Una economia da terzo mondo, sviluppo zero, la forbice nord sud che si allarga anno dopo anno. La malavita che imperversa tra la Puglia, la Campania, la Calabria e la Sicilia, fabbriche che chiudono. Sempre più nostri concittadini licenziati e in cerca di un lavoro che non c’è. I nostri giovani, la nostra ricchezza obbligati a emigrare perché i nostri rappresentanti politici si sono ben guardati nel trovare percorsi che potessero permettere la nascita e la tutela di piccole/medie imprese che dessero lavoro ai cittadini del Mezzogiorno. Aree urbane delle grandi città totalmente fuori dai crismi della legalità, dove la legge che vige è quella dei delinquenti. E nessun politico che abbia una visione di un Mezzogiorno attrattivo e competitivo per i mercati nazionali e internazionali, dove poter concorrere.
In questo scenario vi è poi una parte significativa della nostra società, altrettanto importante che dovrebbe spingere a migliorare il nostro vivere civile legato al lavoro, allo sviluppo, alla proiezione verso il futuro, quello degli imprenditori, che però si sono tirati fuori. I nostri cosiddetti imprenditori è gente non avvezza al rischio: a loro basta un piccolo appalto o anche un subappalto ricambiato con voti e qualche piccolo cadeau, per loro tutto va bene.
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Se non affrontiamo ora, una volta per tutte questa vicenda storica che ci contrappone al nord dal 1861, rimaniamo invischiati in una condizione dove il nord andrà sempre per la propria strada e noi invece fermi o tutto al più con un lento passo sempre all’indietro.
Qualsiasi siano le decisioni degli attuali vertici delle regioni del Mezzogiorno nel bloccare le iniziative dell’attuale governo nazionale, nulla impedirà alle regioni del nord di metterci in una condizione di subalternità, poiché loro hanno i capitali di cui noi oggi ne siamo sprovvisti, e con i soldi si può fare quasi tutto. La vera partita si gioca oggi ed è sull’autonomia differenziata, che noi del sud la dobbiamo vivere come occasione per ribaltare i loro propositi.
Noi stiamo vivendo come una tragedia greca il gioco spregiudicato del nord, perché non abbiamo visione, non abbiamo freddezza, non siamo riflessivi, solo istintivi, senza alcun senso di analisi e di strategie che ci possano essere di vantaggio e rilanciare sulle loro proposte.
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Il nostro Centro Studi ha individuato i punti ritenuti più importanti per una discussione seria e approfondita, per un confronto sud nord nell’ambito di una autonomia differenziata.
La visione del nostro Mezzogiorno va proiettata in un arco temporale di dieci, quindici anni, inoltre non accettiamo alcuna polemica pretestuosa finalizzata a boicottare quanto noi ci prefiggiamo.
Bisogna partire dall’assetto regionale, non potrà esserci discussione, se non va rivisto l’assetto regionale.
Le nostre sei regioni peninsulari non hanno alcuna potenzialità da sole, peggio ancora con l’aggravante di muoversi in ordine sparso, nel voler divenire soggetti competitivi sui mercati nazionali e internazionali.
Quindi l’Abruzzo, il Molise, la Puglia, la Campania, la Basilicata e la Calabria debbono riunirsi amministrativamente in una unica regione.
Quanto proponiamo è l’esatta mossa strategica che ha dato vita all’Europa unità, la piccola Basilicata o il piccolo Molise, come la stessa Campania ognuna per proprio conto, cosa possono mettere in gioco? Il nulla.
La Sicilia potrà, con questa nascente regione, chiudere accordi di comune interesse, ma non potrà entrare a farne parte, in quanto la Sicilia è già una regione a statuto speciale, ma che purtroppo ha dimostrato di non averne tratto vantaggio, per loro mancanze, questo diverrebbe per noi un macigno da portarsi dietro, che nella nostra visione non sarà possibile al momento assecondare.
Ricostituire un’area amministrativa che rappresenti le Regioni prima richiamate, non è alcun disegno nostalgico fuori tempo e antistorico, i Borbone non c’entrano nulla in questo, questo è il solito pretesto, la solita trappola per bloccarci. Il Mezzogiorno vuole avere quella libertà di azione per rendersi capace di riscattarsi con le proprie forze, questo significa normative ad hoc per le condizioni che oggi non permettono alle piccole e medie aziende di poter nascere e prosperare, il Mezzogiorno vuole intraprendere lo stesso percorso che hanno intrapreso i paesi europei per la costituzione dell’Europa Unita.
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Tre sono i punti di partenza in un confronto sull’autonomia differenziata da portare sul tavolo con le regioni del nord:
a) riordino con riduzione del prelievo fiscale commisurato ai servizi che lo Stato garantisce nelle aree del Mezzogiorno paragonato a quelle del nord (autostrade, reti ferroviarie, aeroporti, superstrade, reti elettriche, ecc.), a parità di servizi, parità di prelievo fiscale;
b) raccolta del risparmio nell’aree delle Regioni prima indicate, con la costituzione di una rete bancaria locale finalizzata al sostegno delle attività produttive che si sviluppino su questo territorio, con tassi agevolati e facilitazioni amministrative.
c) Per l’amministrazione della nascente Regione unica del Mezzogiorno, la possibilità di avviare iniziative commerciali con i paesi rivieraschi del Mediterraneo, dell’Europa e dell’Africa, con l’obiettivo di rendere il Mezzogiorno l’hubd’ingresso in Europa dal lato sud. Altro tema strategico e di primaria importanza sono le risorse energetiche rinnovabili di cui il Mezzogiorno è l’Arabia Saudita d’Italia.
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Il Mezzogiorno bagnato per i suoi trequarti dal mare Mediterraneo deve recuperare le antiche capacità della cantieristica navale, potenziando il cantiere di Castellammare considerando anche un suo sdoppiamento con la possibilità di costruire navi di stazza superiore alle centomila tonnellate ed aggiornate con le tecnologie più futuristiche, da localizzare in un luogo della Campania, adatto alle esigenze di potenziamento.
Il turismo, altra voce fondamentale per l’economia del Mezzogiorno, deve essere tutelato con attenti interventi di sostegno e da una profonda capacità di accoglienza, formando il personale alberghiero e della ristorazione, oltre naturalmente tutte le attività presenti nella filiera del turismo storico-culturale, balneare e montano. Abbiamo in fine l’agricoltura, che va tutelata dalla concorrenza della Spagna, d’Israele e dai paesi del nord Africa. La nostra agricoltura deve competere divenendo il punto di riferimento per i consumatori italiani ed anche per gli stessi europei, per produzioni di primizie e di prodotti ad elevata qualità organolettiche.