Antonio Troise
Tutti contro tutti. Sul terzo mandato dei Governatori si spacca la maggioranza di governo, con Fratelli d’Italia e Azzurri che bocciano l’emendamento della Lega. Ma si divide anche il centrosinistra, e in particolare il Pd, che in Commissione Affari Costituzionali ha votato con i partiti del Centrodestra contro la proposta del Carroccio. Con Salvini si è schierata, invece, Italia Viva mentre Azione ha deciso di non partecipare al voto. Il tema, come ampiamente previsto, resta divisivo. Tanto da far sbandare lo stesso governo, nonostante la decisione dell’esecutivo di lasciare carta bianca ai partiti sul tema, per evitare di finire nel tritacarne delle polemiche e aprire una vera e propria crisi fra gli alleati.
Ma, al di là degli escamotage tecnici trovati al Senato, la spaccatura all’interno della maggioranza resta tutta. Ed è ancora più pesante perchè avviene a ridosso dell’importante voto amministrativo di domenica in Sardegna, dove già non erano mancate le tensioni sulle scelte del candidato. La partita, insomma, non è chiusa e c’è anche che pensa che possa funzionare da detonatore delle tensioni che covano all’interno della maggioranza. Soprattutto sul fronte della Lega, impegnata in una rincorsa all’ultimo voto in vista della competizione per le europee. Un test fondamentale anche per gli equilibri interni del governo.
Al netto dello scontro politico ormai in atto, resta la sostanza di una questione che di fatto finisce per limitare il perimetro del diritto-dovere dei cittadini di scegliersi i propri amministratori. E’ vero che tre mandati, nella politica che consuma e cambia tutto in poco tempo, possono essere un’eternità. Ma è anche vero che stiamo parlando dei “governatori”, dei presidenti delle Regioni, di “politici” che hanno un rapporto diretto con i cittadini e che, soprattutto nella prospettiva dell’autonomia differenziata, dovrebbero acquisire nuove competenze. Se hanno lavorato bene e ottenuto risultati, perchè fissare un tetto all’eleggibilità dei presidenti di Regione? Il tema si pone anche al di là delle vicende personali che riguardano il governatore del Veneto ma anche quello, ad esempio, della Campania.
Senza contare, poi, un ulteriore elemento critico. La Costituzione prevede che gli statuti e le leggi elettorali siano competenza esclusiva delle Regioni. Che potrebbero cambiare le regole del gioco autonomamente aprendo un contenzioso senza fine con il governo centrale. La partita non è ancora chiusa. E, come ha spiegato ieri il governatore del Veneto, Luca Zaia, la “strada è lunga, Natura non facit saltus”. Lo stesso leader della Lega, Matteo Salvini, in serata, ha fatto chiaramente capire che l’emendamento potrebbe essere riproposto in Aula. Ma, probabilmente, su temi come questi che fissano le regole del gioco della democrazia, sarebbe stato opportuno da parte di tutti i partiti ragionare nell’interesse generale e, soprattutto, evitare forzature che rischiano di creare instabilità e incertezza in un quadro politico già sottoposto allo stress dei prossimi appuntamenti elettorali. Ora diventa tutto più difficile, anche per la maggioranza e il governo che dovrà trovare il modo di sbrogliare una matassa sempre più complicata.