“I dati idrologici non devono essere analizzati, soprattutto dai soggetti decisori, nel contingente, ma in una prospettiva temporale ampia, perché la crisi climatica dimostra quanto repentinamente si passi dalla siccità al rischio alluvionale”: è questo l’invito di Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), di fronte alla diffusa percezione che le recenti, abbondanti piogge abbiano risolto l’insufficienza idrica, registrata soprattutto nel Centro Sud del Paese; se, infatti, è innegabile che le precipitazioni abbiano dato ristoro ai territori assetati del Mezzogiorno, colpiti da mesi di aridità estrema ed anomalie termiche da record, non si può certo dire che abbiano risolto gli scompensi.
Ad evidenziare la gravità della situazione è la mappa dell’European Drought Observatory (EDO), che a fine Febbraio indicava un’evidente sofferenza idrica in un’estesa area identificabile nella fascia adriatica centro-meridionale (dalla Romagna alla Puglia), nella quasi totalità della Basilicata, in buona parte della Calabria, lungo la costa livornese e laziale e soprattutto nelle due isole maggiori (in Sicilia, l’uso dell’acqua è razionato in oltre un centinaio di comuni con “zone rosse” tra le province di Catania, Caltanissetta ed Enna). La crisi idrica è ancora più grave lungo la fascia litoranea mediterranea spagnola, ma anche le isole Baleari e la Grecia stanno patendo le conseguenze di una stagione autunno-vernina troppo mite e secca.
“Sono immagini, che dovrebbero indurre una profonda riflessione sulle politiche idriche avviate dall’Unione Europea, perché la crisi climatica sta sconvolgendo equilibri storici, spingendo il Sud del Continente verso scenari africani con crescenti territori a forte rischio desertificazione, cui si può rispondere con manutenzione, con innovazione e nuove infrastrutture, ma anche con adeguate politiche, che ne considerino la specificità territoriale” commenta Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
Le fotografie di Copernicus dimostrano come tale condizione diventi drammatica nel Maghreb: in Marocco si stima che le acque di falda possano ormai coprire solo il 20% del fabbisogno della popolazione e che nei bacini artificiali manchi l’80% dell’acqua solitamente invasata; i raccolti sono compromessi e le autorità locali hanno dovuto ricorrere a provvedimenti drastici come limitare l’irrigazione, proibire di innaffiare giardini e riempire piscine, perfino ridurre l’apertura dei tradizionali bagni pubblici (hammam).
Per quanto riguarda la nostra Penisola, il settimanale report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche attesta come piogge e nevicate abbiano idricamente riequilibrato le regioni settentrionali e l’arco alpino; resta il preoccupato rammarico che tale abbondanza d’acqua non venga perlopiù capitalizzata in bacini, così da creare riserva per l’annunciato ritorno di fenomeni climatici con forte aumento delle temperature.
I livelli dei grandi laghi del Nord Italia hanno raggiunto i valori massimi e rilasciano grandi quantità d’acqua destinata al mare.
La Valle d’Aosta, come tutto l’arco alpino, vede accrescere il manto nevoso, sperando che le temperature (in base ai dati del Centro Funzionale Regionale, Febbraio è stato 4 gradi più caldo della media e lo zero termico ha toccato i 3.500 metri!) non facciano sciogliere velocemente la coltre con inevitabile aumento del rischio idrogeologico; la perturbazione dell’ultima decade di Febbraio ha portato una quantità di pioggia superiore del 136% alla media mensile, seppur finora ininfluente sulla portata dei corsi d’acqua.
In Piemonte, a crescere è il fiume Tanaro, dove scorre oltre il 300% di acqua in più rispetto alla norma; calano invece le portate di Stura di Demonte, Stura di Lanzo e Toce.
In Lombardia, le riserve idriche hanno raggiunto 4486 milioni di metri cubi (+25,5% sulla media). Fatta eccezione per il bacino del fiume Brembo in leggero deficit, nella regione il manto nevoso è superiore di quasi il 18% alla norma; anche nel bacino di Toce-Ticino-Verbano, il bilancio nivale è ora più che positivo grazie a +80% di neve cumulata in soli 7 giorni (fonte: ARPA Lombardia). In calo sono i livelli di Ticino, Chiese, Oglio, Mincio ed Adda, nel cui alveo scorrono comunque, grazie ai generosi apporti dal lago di Como, ben 277 metri cubi d’acqua al secondo, cioè una quantità ben superiore alla media in anni recenti.
In Veneto la primavera troverà una regione tornata ad essere, almeno per ora, ricca d’acqua. Il timore di emergenze idrogeologiche è rientrato con il calo delle portate dei fiumi Muson dei Sassi, Cordevole, Adige e Bacchiglione, che pur mantengono flussi ben al di sopra degli standard mensili. La neve è in aumento su Dolomiti e Prealpi.
In Emilia-Romagna, i fiumi Secchia e Taro aumentano le portate; stabile è invece l’Enza, mentre cala la Trebbia. Come gli altri territori del versante adriatico dell’Appennino, anche quelli romagnoli registrano un deficit pluviometrico.
Aumenta ulteriormente il flusso nel fiume Po nel tratto a monte: ad Isola S.Antonio, nell’Alessandrino, in 7 giorni sono raddoppiati i valori di portata e lo scarto positivo sulla media mensile raggiunge il 530%! A Torino l’acqua in alveo è 10 volte quella che scorreva solo un anno fa e, in generale, le portate di piena, registrate in questi giorni, sono le più alte del recente biennio.
In Liguria i livelli dei fiumi Entella, Magra ed Argentina rimangono stabili, mentre un’ulteriore crescita si registrata nella Vara. Per quanto riguarda la neve, un manto di 90 centimetri è presente localmente sulle Alpi Marittime.
In Toscana le portate dei fiumi Sieve, Serchio, Ombrone ed Arno risultano crescenti ed abbondanti rispetto alla norma (rispettivamente +67, +135%, +141%, +106%).
Tra i fiumi marchigiani a crescere è il solo Sentino. Le cumulate di pioggia sulla regione non hanno superato i 30 millimetri in 7 giorni, comportando un leggero incremento nei volumi invasati dalle dighe: i bacini trattengono 51,46 milioni di metri cubi (valore inferiore solo al solo 2023), che sono una garanzia per i mesi a venire, poichè non c’è neve sull’Appennino Umbro-Marchigiano.
In Umbria il mese di febbraio è stato leggermente meno piovoso che nello scorso quinquennio: le cumulate più abbondanti si sono registrate nella media Valle del Tevere. L’altezza idrometrica del lago Trasimeno cresce di 3 centimetri, mentre il livello dei fiumi Chiascio e Paglia si alza di circa mezzo metro.
Anche i corpi idrici del Lazio escono rigenerati da questa fase di perturbazione climatica: i livelli degli esangui laghi vulcanici crescono (Bracciano +10 centimetri rispetto a 15 giorni fa; Nemi + cm. 4 così come il bacino di Albano) ad anche le portate dei fiumi (Tevere +121%, Aniene +126%, Fiora +81%). Poca neve sui monti Simbruini: si registrano cumulate nivali fino a 29 centimetri a Campo Catino, mentre sul Terminillo il manto nevoso non raggiunge i cm. 25.
In Abruzzo il livello del fiume Orta, nel pescarese, è inferiore di circa 20 centimetri a quanto registrato l’anno scorso, mentre quello del Sangro è circa 14 centimetri sopra ad un anno fa. Sulle montagne la neve è un miraggio: solo a Campo Imperatore ce ne sono 54 centimetri, ma l’anno scorso ve ne erano oltre 60.
In Campania il fiume Volturno registra una significativa crescita, mentre è più contenuta quella di Sele e Garigliano.
Un’autentica “boccata d’acqua” è arrivata sull’assetata Basilicata, grazie alle piogge delle scorse due settimane: negli invasi sono confluiti 36 milioni di metri cubi d’acqua, ma lo scorso anno ve ne erano 117 milioni in più!
Alla Puglia la settimana passta ha regalato una dotazione di riserva idrica pari a 8 milioni di metri cubi, portando il totale d’acqua invasata a mln. mc. 183,59: rispetto all’anno scorso manca il 39%. Nella regione, l’ultima decade di Febbraio è stata caratterizzata da piogge sopra la media nella fascia, che va da Taranto alla costa brindisina attraversando la Valle d’Itria, mentre il basso Salento è rimasto a secco, con cumulate dimezzate rispetto al consueto.
Infine, in Sicilia si sono registrati fenomeni piovosi soprattutto sul messinese con cumulate fino a 30 millimetri in 72 ore.