di LAURA BERCIOUX
Per qualcuno è stato il grande accusatore, l’uomo che ha puntato i riflettori sulla trattativa Stato-Mafia degli anni ’90. Per altri il grande “mistificatore”. C’è chi lo ha liquidato con una sola parola: “Pazzo”. E chi, invece, lo considera quasi un eroe. Massimo Ciancimino, in questa intervista a Sud On Line, si confessa. E avverte: “La mafia, oggi, è più potente di prima. E le trattative continuano…”.
Come è cambiata la sua vita a seguito della vicenda giudiziaria che la vede protagonista?
“Ero un uomo libero, ora non lo sono più. Mia moglie si è allontanata, ho dodici Procure che indagano su di me, per tre anni ho vissuto sotto scorta, non ho più il passaporto, ho perso un bel po’ di amicizie, anche di lunga data, e si sono incrinati i rapporti con i miei fratelli. Per loro, nostro padre non era un mafioso. La mia famiglia mi reputa un pazzo, si è dissociata pubblicamente dalla mia scelta di collaborare con i magistrati ed è convinta che di questo passo farò una brutta fine”.
Qual è ora il rapporto con la sua città?
“A Palermo regna l’omertà, la filosofia per cui è meglio farsi i fatti propri. Potevo andarmene a vivere in qualche isola tropicale, godermi i profitti delle attività di mio padre e del mio lavoro, questo l’avrebbero capito e accettato, la scelta che ho fatto no”.
Ancora convinto di questa scelta?
“Credo di aver fatto solo il mio dovere: ho messo a disposizione degli inquirenti tutto quello che sapevo. Da qui è partita una campagna mediatica massacrante. Mi hanno dipinto come il detentore delle verità assolute… Ma oggi dal processo in Corte di Assise stanno venendo a galla cose molto interessanti”.
Com’era il rapporto con suo padre?
“Quello di un padre padrone col figlio ribelle, comunista, coi tatuaggi del Che. Al ‘contestatore’ preferiva i miei fratelli maggiori: il magistrato, il notaio, l’avvocato. Ma non lesinava di portarmi dietro alle riunioni con i Provenzano, i Riina”.
Arriviamo alla Trattativa. C’è stata?
“Le parole del Presidente Napolitano su ciò che accadde nel ’93 le ha sentite? ‘Eravamo sotto attacco, di fronte a un out out dettato dalla mafia e dall’ala corleonese’. C’è stato sicuramente un attacco ai poteri e al corpo politico dello Stato. Ora dire che il Presidente sapeva che dietro questo attacco c’erano in corso trattative, non è compito mio. Vedremo cosa diranno i magistrati”.
Rifarebbe tutto?
“Sì. Mi basta ripensare all’abbraccio che mi hanno riservato i familiari di Borsellino quando, quest’anno, con mio figlio, sono andato da loro a via D’Amelio”.
L’onestà premia?
“Sì. La gioia più grande è che mio figlio è orgoglioso di me, mentre io di mio padre mi vergognavo. Ma un riconoscimento importante è anche nelle parole della vedova Borsellino. Poco prima di morire disse a Sandro Ruotolo: ‘Se ho avuto il coraggio di parlare e di raccontare di quegli anni è stato grazie a Massimo Ciancimino’. Questo mi ripaga di tanti torti, come ad esempio quello di essere stato arrestato dalla Procura di Palermo, unico caso in Italia, per il reato calunnia, per di più su mia denuncia. Denunciai la presenza di dinamite in casa mia che rappresentava una minaccia”.
La Sicilia degli anni ’90 e quella di oggi: cosa è cambiato nel rapporto con la mafia?
“Oggi è molto più potente, ma non ha motivo di colpire perché c’è un grande equilibrio. Sicuramente viviamo un momento di grande sconquasso rispetto al ’92. C’è un grande disagio sociale. Prima delle leggi anti-corruzione o dell’articolo 18 lo Stato deve pensare a dare lavoro alle persone. Altrimenti, uno Stato che ti costringe a delinquere, è uno Stato che andrà sempre a trattare o sarà costretto a trattare”.
Ha visto il film della Guzzanti?
“No. Credo che in questo momento a parlare di trattativa debba essere la Corte di Assise di Palermo. Quando sono andato in Tv, da Santoro, il processo non c’era. Cercai in tutti i modi di accendere i riflettori su una storia chiusa da anni e che molti non volevano riaprire. Diciamo che ho fatto tornare la memoria a tanti smemorati”.
Che cosa pensa del ruolo di Napolitano?
“Guardi, se solo penso che ha fatto bruciare i nastri di quattro telefonate… Vero è, come ha detto la Procura, che da quelle telefonate non emergevano elementi probatori e accuse rilevanti nei confronti di Napolitano, ma potevano emergere elementi a mia difesa! Non lo saprò mai. Poi, che il Capo dello Stato blocchi la nomina a procuratore capo di Palermo di Lo Forte, che fa combattuto Cosa Nostra al fianco di Caselli, ha fatto arrestare mio padre e ha indagato me, per insediare invece Lari che, all’attivo non ha che processi a mafiosi di terzo rango, credo che sia il modo migliore per fermare il processo sulla Trattativa. Lari mi reputa un mitomane: credo che presto non sarò più un teste ma imputato. E dovrò difendermi”.
Vive ancora sotto scorta?
“Per mia scelta, no. Ovviamente ho degli obblighi che mi impongono delle accortezze, considerate le ultime attenzioni sinistre che mi sono state riservate, le lettere anonime”.
Sua madre è preoccupata?
“Oggi purtroppo è molto malata. Un brutto male. Non scorderò mai quando in Tv, sempre da Santoro, prese le mie difese. Fino ad allora la vedova Ciancimino non aveva mai parlato. Disse che era andata lei stessa, negli anni della costruzione di Milano 2, a prendere i soldi da Berlusconi. Mio padre aveva iniziato a investire nell’edilizia, entrando in società con alcuni imprenditori. Dei costruttori siciliani, in seguito, molti sono stati riconosciuti mafiosi”.
Suo padre aveva così tanta sete di danaro e di potere?
“Più di potere che di denaro. Ricordo come trattava Riina. Lo buttava anche fuori di casa. E io pensavo: se questo è il Capo dei capi, allora mio padre chi è? Poi ho capito che mio padre faceva parte di poteri ben più grossi. Potere legati a Roma, ai grandi affari, alle lobbies bancarie. Poteri forti che usavano Cosa Nostra”.
Torniamo alla Trattativa. Trattare o non trattare? Secondo lei, lo Stato che doveva fare?
“Oltre alla tesi negazionista, ora si fa strada anche quella giustificazionista: era necessario trattare per salvare altre vite umane. Mi chiedo: ci sono vite sacrificabili e altre no? Moro no, altri sì?. Oggi sta passando un messaggio aberrante: si tratta per il bene della nazionale. Si tratta con tutti, persino con l’Isis”.
Una trattativa infinita?
“La trattativa non è mai finita. Ci sono accordi, poi rinegoziazioni… E poi ancora nuovi accordi, come quelli che alla fine hanno dato vita a un ventennio di normalità: niente omicidi. Ora quale rinegoziazione sia in corso, non so: oggi li chiamano patti, trattative, patti del Nazareno… davvero non lo so”.