L’Italia attrae sempre meno cittadini dall’estero e, nel contempo, scende l’appeal del Bel Paese anche per gli stessi italiani. Secondo l’ultimo report Istat sulle migrazioni internazionali e interne della popolazione residente, infatti, pur rimanendo meta di consistenti flussi migratori dall’estero, l’Italia ha visto nel 2013 un calo del 12,3 per cento nel numero di immigrati da altre nazioni (307 mila persone, 43 mila in meno rispetto all’anno precedente). Il numero di italiani che hanno deciso di lasciare il nostro paese è salito invece a 82mila unità (il 20,7 per cento in più rispetto al 2012), il numero più alto degli ultimi dieci anni. La comunità straniera più rappresentata tra gli immigrati è quella rumena, che conta 58 mila iscrizioni. Seguono le comunità del Marocco (20 mila), della Cina (17 mila) e dell’Ucraina (13 mila). Gli italiani di rientro dall’estero sono invece 28 mila, mille in meno rispetto ai 29 mila del 2012. In termini relativi, calano significativamente anche le iscrizioni di cittadini ecuadoriani (-37 per cento), ivoriani (-34 per cento), macedoni (-26 per cento) e polacchi (-24 per cento). Nel 2013 si contano 126 mila cancellazioni dalle anagrafi per l’estero, 20 mila in più dell’anno precedente. Il saldo migratorio netto con l’estero è pari a 182 mila unità nel 2013. In forte diminuzione rispetto all’anno precedente (-25,7 per cento), è anche il valore più basso registrato dal 2007.
L’aumento delle emigrazioni – si legge ancora nel report Istat – è dovuto principalmente ai cittadini italiani, le cui cancellazioni passano da 68 mila nel 2012 a 82 mila unità nel 2013 (+21 per cento). In aumento anche le cancellazioni di cittadini stranieri residenti, da 38 mila a 44 mila unità (+14 per cento). Le principali mete di destinazione per gli italiani sono il Regno Unito, la Germania, la Svizzera e la Francia. Nel loro insieme questi paesi accolgono oltre la metà dei flussi in uscita. Le migrazioni da e per l’estero di cittadini italiani con più di 24 anni di età (pari a 20 mila iscrizioni e 62 mila cancellazioni) riguardano per oltre il 30 per cento del totale individui in possesso di laurea. La meta preferita dei laureati è il Regno Unito. Nel 2013, i trasferimenti di residenza interni al territorio nazionale coinvolgono un milione 362 mila individui, interessando il 2,3 per cento della popolazione. La composizione dei flussi in base al raggio di migrazione rimane sostanzialmente invariata rispetto a quella osservata negli ultimi anni: sono circa un quarto del totale i trasferimenti di residenza interni di lungo raggio (335 mila tra Comuni di regioni diverse) e un milione 28 mila quelli di breve raggio (tra Comuni della stessa regione). I tassi migratori netti risultano positivi in tutte le regioni del Nord e in quasi tutte quelle del Centro. Sono negativi in tutte le regioni del Sud e delle Isole. Si conferma, pertanto, l’attrattività delle regioni centro-settentrionali nei confronti di quelle meridionali. I trasferimenti di residenza interni coinvolgono un milione 113 mila cittadini italiani e 249 mila stranieri. La quota relativa di questi ultimi risulta in aumento e pari al 18,3 per cento del totale dei trasferimenti.
La maggioranza dei giovani italiani (51 per cento) è pronta ad emigrare per motivi di lavoro. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti/Ixe’ in occasione della presentazione del report Istat su “Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente”dal quale si evidenzia nel 2013 il record degli italiani in fuga dal proprio Paese. La situazione sembra peggiorare nel 2014 ed il motivo principale che spinge i giovani a lasciare l’Italia è – sottolinea la Coldiretti – il fatto che il 19 per cento consideri il Paese fermo in cui non si prendono mai decisioni, una percentuale del 18 per cento punta il dito sulle tasse e il 17 per cento chiama in causa la mancanza di lavoro a pari merito con la mancanza di meritocrazia. La percentuale di chi è disposto a lasciare il proprio Paese – precisa la Coldiretti – è piu’ alta per gli under 35 anni maschi (57 per cento) rispetto alle giovani donne (45 per cento) e raggiunge il picco massimo del 59 per cento tra i 18-19 anni. La percentuale sale anche con il grado di istruzione e raggiunge il 55 per cento per i livelli alti. “In un Paese vecchio come l’Italia la prospettiva di abbandono evocata dalla maggioranza dei giovani italiani è una perdita di risorse insopportabile se si vuole tornare a crescere”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.