ANTONIO TROISE
Per ora è solo una tempesta. Ma i nuvoloni sono tutti lì, sulla linea dell’orizzonte dell’eurozona. Il terremoto politico che sta scuotendo la Grecia, dove la maggioranza moderata non è stata capace di eleggere il nuovo presidente, si è avvertito nettamente su tutti i principali mercati finanziari. E sembra quasi un presagio di quello che potrebbe succedere in Italia, fra qualche settimana. Si vedrà. Il premier, Matteo Renzi, si è subito affrettato a smentire ogni ipotesi di contagio. Il virus greco resta circoscritto alla penisola ellenica. Le principali borse del Vecchio Continente, dopo un primo sbandamento, hanno retto l’urto. Complice anche il basso volume di scambi di questo periodo, a ridosso delle festività di fine anno. Lo spread fra titoli italiani e quelli tedeschi viaggia attorno ai 143 punti base. Ma la crisi è ad un passo, anche perchè fino ad oggi l’Unione Europea non è riuscita a mettere in campo ricette convincenti ed efficaci per far ripartire la macchina dell’economia e uscire dalle secche della recessione.
La Grecia continua ad essere l’anello più debole dell’eurozona. Non ha ancora completato quelle riforme necessarie per lasciarsi definitivamente alle spalle il rischio di un default. Mentre la cura da cavallo imposta dalla troika (Fmi, Bce e Ue) in cambio del massiccio piano di aiuti finanziari, non ha per ora sortito gli effetti sperati: ha solo reso ancora più povera una popolazione colpita dalla recessione. E, probabilmente, il 25 gennaio consegnerà il Paese nelle mani della sinistra guidata da Tsipras, un leader fortemente euroscettico. Quanto basta, insomma, per far suonare più di un campanello di allarme sui mercati e rianimare lo spettro di una nuova bufera finanziaria.
Certo, rispetto a tre anni fa, molte cose sono cambiate. Gli Stati Uniti hanno ripreso a correre, con ritmi di crescita superiori ad ogni più rosea aspettativa. La Bce ha abbandonato la strategia filo-tedesca, basata esclusivamente sul rigore, e si è mossa a più riprese sui mercati per sostenere e difendere il sistema bancario, annunciando nei prossimi mesi anche misure choc, come l’acquisto di titoli di Stato.
Ma è ancora troppo poco per fare fronte ad una nuova bufera finanziaria. Manca ancora, infatti, quella politica espansiva e quel nuovo sistema di governance dell’economia dei Vecchio Continente in grado di dare ossigeno alla ripresa e di far ripartire gli investimenti pubblici. La sfida, insomma, non può essere quella di fronteggiare il pericolo Grecia ma di mettere in campo tutte le misure necessarie per disinnescare la mina finanziaria. Misure che, questa volta, con la buona pace della Merkel, non possono essere decise solo dai banchieri ma soprattutto dalla politica. Serve un salto di qualità di tutta l’Europa, nessun paese escluso. Solo così si potrà difendere l’euro e agganciare il Vecchio Continente al treno della ripresa già partito dagli Stati Uniti. Arrivati a questo punto, il cambiamento delle politiche economiche, non è un’opzione ma una strada obbligata.