di SIMONA D’ALBORA
Può un maresciallo dei carabinieri finire sotto processo per una multa di 106 euro? Il 24 aprile prossimo la Cassazione dovrà rigettare o confermare la sentenza della Corte d’appello che ha condannato il maresciallo in questione, ora caposcorta del pm antimafia Di Matteo, a sei mesi di reclusione
ASPETTANDO LA CASSAZIONE
La storia di Saverio Masi, maresciallo dei carabinieri, adesso rimosso dal nucleo operativo della provincia di Palermo, ha dell’incredibile tanto che moltissimi cittadini la settimana prossima scenderanno in piazza per manifestare la loro solidarietà ad un servitore dello Stato. Per loro la storia della multa è solo una scusa per fare fuori un carabiniere scomodo.
LA STORIA DELLA MULTA
Tutto inizia nel 2008, quando Masi prende la sua macchina, per portare a termine un’operazione di polisia giudiziaria, ha molta fretta deve parlare con un confidente. Si sa quando un carabiniere è in servizio ed ha urgenza guida come deve, solo che lui lo fa con la sua auto e non con quella di servizio. Durante il tragitto prende una multa. Multa che gli verrà comminata qualche mese dopo. Ma a quel punto, benché il maresciallo, nella relazione che invierà alla prefettura, produca prove per dimostrare di aver usato l’auto per motivi di servizio, il suo superiore manda un avviso di notifica di reato alla Procura competente e da qui scatta per Masi il rinvio a giudizio per reato di falso materiale, falso ideologico e truffa. In poche parole, il maresciallo, secondo l’accusa, avrebbe falsificato la relazione con la quale dimostrava di aver usato l’auto per motivi di servizio e avrebbe truffato lo Stato per farsi togliere una multa di 106 euro.
I RETROSCENA
Ma dietro quella multa di un uomo che oggi rischia la vita per difendere un pm che lotta contro la mafia c’è una storia molto diversa, una storia che si incrocia con la trattativa Stato-Mafia. Insomma si sarebbe presa a pretesto la storia della multa per allontanare un uomo scomodo che racconta una versione dei fatti ben diversa. È lo stesso Masi, infatti, a denunciare che in tutti i modi ufficiali dell’arma gli avrebbero impedito la cattura prima del boss Bernardo Provenzano e poi del capo mafia ancora latitante Matteo Mesina Danaro.
Lo stesso maresciallo Masi ha deposto al processo sulla mancata cattura di Provenzano a carico del generale dei carabinieri Mario Mori ed è tra i testi del dibattimento sulla trattativa in cui si sostiene che pezzi delle istituzioni, attraverso i carabinieri, trattarono con la mafia promettendo la cessazione delle stragi e chiedendo in cambio concessioni come l’impunità per i latitanti.
LA MOBILITAZIONE
Intanto, in tutta Italia sono previste manifestazioni a sostegno del maresciallo Masi contro chi prova distruggere chi osi pretendere verità e giustizia in questo paese, dove il potere della corruzione e del metodo mafioso impera e troppo spesso coinvolge le istituzioni di cui bisognerebbe fidarsi. La giornata clou per esprimere solidarietà al maresciallo Masi è venerdì prossimo con sit-in in tutta Italia. A Napoli alle 17 a piazza del Plebiscito e a Palermo alle 16,30 a via Cavour, davanti alle rispettive prefetture. Oltre alla manifestazione che si terrà a Roma venerdì 24 aprile davanti alla Corte di Cassazione.