Padre Maurizio PATRICIELLO
( Articolo apparso su “ Avvenire”, domenica 12 Aprile 2015 )
Riccardo, due anni. Mesia, 4 anni. Antonio, 10 anni. Francesco, 9 anni. Alessia, 9 anni. Tonia, 8 anni, Dalia 13 anni … E si potrebbe continuare per parecchio tempo ancora. È lungo l’elenco dei bambini uccisi dal cancro in Campania. Il peggio è che, purtroppo, la lista si allunga sempre di più. Ogni giorno. Non passa un solo giorno, infatti, che non veniamo raggiunti dalla notizia di un altro innocente che, dopo aver lottato strenuamente, si arrende e dice addio alla vita. L’ altro ieri è volato al cielo il piccolo Checco. Aveva 4 anni appena il bambino di Battipaglia, nel Salernitano. Come i tanti piccoli amici con i quali ha condiviso dolore e speranze nelle lunghe giornate passate insieme negli ospedali, anche Checco se ne è andato. Ci furono giorni in cui sembrò che ce l’ avesse fatta. Che avesse vinto la lotta contro la iena che non gli ha dato tregua. Che l’ avesse convinta ad andare via. Nei primi giorni di questa primavera, Checco incontrò papa Francesco. Da lui ricevette la benedizione insieme alla sua mamma. Francesco promise la sua vicinanza e la sua preghiera. La speranza, come un mendicante, ritornò a picchiare alla porta della sua casa. Riportò un poco di pace e di serenità nei cuori dei genitori. Ma la malattia non ne ha voluto sapere. Si è rifatta avanti. Più forte di prima. Più feroce e determinata. È ritornata questa volta con l’ intento di mettere la parola fine. E lo ha fatto. Senza pietà. Ha preso il sopravvento su quel corpicino ormai senza forza. La falce che tutti livella è passata impietosa e ha reciso la giovanissima pianta. Il dolore è immenso, come immensa è la rabbia che abita i cuori di tutti. Solo poche ore prima che Checco volasse fra gli angeli, ad Acerra aveva smesso di vivere Marco, che di anni ne aveva 16. Il vescovo della città. Antonio Di Donna, nella toccante omelia funebre, disse tra l’ altro: « La morte di Marco, come quella di tanti altri, pesa sulla coscienza di tutti …». Ricordo il dolore di questo pastore buono appena un mese fa, durante un altro funerale, quello di Pasquale. Pasquale aveva da poco superato la maggiore età. Anche in quella occasione, Di Donna, ebbe parole di consolazione per i genitori e di speranza per i giovani, che a centinaia, affollavano il Duomo della cittadina. Ma anche alzò alta la sua voce per richiamare l’ attenzione dei responsabili della cosa pubblica sulla tristissima situazione che si è venuta a creare nella Terra dei fuochi e in particolare ad Acerra. Sono troppe queste giovani vite che si ammalano all’ alba stessa dell’ esistenza umana. Troppe queste morti premature che gettano nel dolore e nello sconcerto genitori, parenti, amici. Purtroppo alla preoccupazione dei cittadini non fa riscontro, in egual modo, quella delle istituzioni. La risposta è sempre lenta. Lenta ed estenuante. Lenta e parziale. Ancora siamo lontani dall’ aver individuato il capo per dipanare una matassa ingarbugliata che fa soffrire un popolo intero. Ancora siamo lontani dall’ aver imboccato la strada da percorrere. Ancora c’è chi tenta di negare o di sminuire il disastro in atto. Ancora si tenta di imbrogliare le carte per far ricadere la colpa di ciò che è avvenuto e avviene sui singoli cittadini. Ancora c’è chi vorrebbe individuare negli stili di vita la causa che porta ad ammalarsi e poi a morire tanti bambini, adolescenti e giovani genitori. Il dramma ambientale in Campania è un fatto dal quale occorre venire fuori a tutti i costi. Se non ci sono studi scientifici che dicono con chiarezza come stanno le cose, bisogna chiederli e incentivarli. La morte di questi innocenti ci mettono con le spalle al muro. Nessuno può far finta di non vedere. Nessuno può tirare i remi nella sua piccola barca e guardare dall’ altro lato. Chiediamo al presidente della Repubblica, che solo poche settimane disse: “ Quanto accaduto in Campania, nella cosiddetta “Terra dei fuochi” è emblema del degrado italiano, la rappresentazione di una drammatica situazione di uno sfruttamento cinico e senza futuro», di farsi voce di chi non ha voce. Di riportare al centro della discussione politica questo “ emblema del degrado italiano” che per noi si traduce in un vero disastro umanitario. Lo invitiamo, ancora una volta, a volersi recare da noi per incontrare le coraggiose “ mamme di tutti”, che dopo la morte dei loro bambini, lottano strenuamente per gridare al mondo il dolore della loro terra e dei loro cuori.
Padre Maurizio PATRICIELLO