Se non fosse una cosa molto ma molto seria, sembrerebbe una partita di calcio, a volte. Una finale che vede in campo la nazionale greca contro il resto d’Europa. Il primo tempo è finito con un gol di vantaggio in favore dei calciatori a strisce bianche e blu. Il resto d’Europa è in campo con la tenuta blu pluristellata. In effetti è una selezione composta da più nazionalità. Quelli che per entrare nell’euro hanno fatto i sacrifici e che non sono disposti a pagare per i baby pensionati ellenici. E quelli che sono entrati nell’Unione europea senza fare i sacrifici, perché hanno avuto la possibilità di entrarci mantenendo la sovranità monetaria (e per di più succhiano anche alla cannuccia dei Fondi europei per la coesione). E ora sono esattamente questi ultimi i più pronti ad alzare il muro contro… il resto del mondo.
CAPRO ESPIATORIO
La narrazione della Grecia sola contro tutti, però, non è convincente. Da tempo lo scrittore Pino Aprile lo dice chiaro e tondo. Ciò che è stato fatto al Mezzogiorno con la conquista sabauda è stato provato alcuni decenni prima in un laboratorio che si chiama Sardegna. Una spoliazione perfetta, anche della dignità. Aggiunge che ci sono molte similitudini tra “l’annessione sabauda del Sud” e quella operata dalla Germania Ovest nei confronti dell’ex Repubblica democratica dopo il crollo del Muro di Berlino. In entrambi i casi, come in tutti i casi simili, conta l’esercizio della egemonia incardinato sul “senso di colpa”. Quale? La colpa di essere stati sconfitti, non perché più fragili, ma perché incapaci.
Funziona così, soprattutto nella tracotante concezione del mondo orientata alle virtù calviniste, secondo le quali vince chi ha meritato il premio divino e chi non vince è inetto. Infatti chi è stato sconfitto che cosa si merita? Se sconfitto, è anche incapace. Se incapace, è anche inadeguato. Se inadeguato, vuol dire che è… colpevole. Ecco la ragione per cui, prima di ogni annessione, conquista, occupazione coloniale, va avviata una azione di profondo discredito delle facoltà e delle risorse della parte da conquistare. Del resto il senso di colpa (degli sconfitti) sarà il suggello perfetto che sancisce la legittimità della conquista.
INCOMPETENTE A CHI?
Tocca quindi oggi alla Grecia, sul quadrante europeo, quello che è toccato ai tedeschi orientali negli ultimi anni e ai meridionali in Italia per un secolo e mezzo. Diventare il capro espiatorio di non solo di Germania e Francia e Italia, ma anche di – udite udite – Polonia, Ungheria, Romania… Che nel condominio europeo occupano, più o meno, i bassi rasoterra degli animali da cortile.
Il discredito che ha coinvolto – primo fra tutti – Varoufakis. A parte le considerazioni estetiche e di etichetta (“Ma i soldi per comprarsi una cravatta non li ha? Facciamo una colletta, ragazzi?”), quello che il sistema dei media ha provato da affermare a tutti i costi è la sua totale incompetenza (ma tu guarda…!)…
Se n’è accorto anche Paolo Savona, ex ministro anche lui, uno degli economisti più attenti e accreditati, sardo di origine (ma tu guarda…!). La croce del mancato accordo tra Grecia e resto dell’Ue è stata caricata sulle spalle di Yanis Varoufakis. Savona, però, sostiene di poter recare una testimonianza diretta sul suo modo di pensare:
“Egli mi ha spiegato – scrive Savona – che ha una concezione diversa della politica: dice infatti la verità, cosa alla quale i suoi interlocutori non sono abituati. Mi ha precisato: posso affermare che la Grecia è in condizione di rimborsare il debito? Affermerei il falso; oppure che una politica di austerità – come quelle del passato o quelle nuove proposte, indicate come “vantaggiose” per la Grecia – non aggravi le condizioni già disastrose in cui versano decine di migliaia di poveri nel mio paese? Ignorerei la realtà. Ha concluso affermando che non potevano obbligarlo a dire il falso e, poiché non ubbidisce, si adirano e lo combattono”.
SE IO FOSSI GRECO
Se non bastasse la testimonianza di Paolo Savona, che certo non è un temibile rivoluzionario antisistema, c’è l’opinione di Giorgio La Malfa, che certo non si può definire un intellettuale filocomunista. Ecco cosa scrive in un commento pubblicato dalla Nazione-Carlino-Giorno:
“Se fossi un cittadino greco, nel referendum voterei NO. Lo farei per una ragione essenziale: in questi mesi di discussioni sterili, le autorità europee non hanno negoziato con il Governo greco in completa buona fede. La responsabilità per la mancata conclusione positiva delle trattative è dell’Europa più che della Grecia. Il problema è nato con le elezioni. Gli ambienti europei hanno considerato che quel voto costituisse una pericolosa contestazione della filosofia di fondo che regge la moneta unica… Hanno deciso che bisognava far perdere la faccia al nuovo governo greco…
Agli elettori greci viene detto che una vittoria del NO renderebbe impossibile una ripresa del negoziato; che votando NO la Grecia uscirà dall’euro; che in questo caso la Grecia dovrà lasciare anche l’Europa: Bugie…
La Grecia dovrà lasciare l’Unione Monetaria solo se la Bce verrà meno ai suoi obblighi di sostegno alle banche dei Paesi membri dell’euro…. Non è neppur vero che… il negoziato sarà più facile se vincono i si. Al contrario, se il referendum indicherà che i greci sostengono il governo, le istituzioni europee non potranno non tenerne conto. Il NO di Atene è il miglior contributo alla democrazia in Europa…”.
Qual è la lezione per gli italiani? Che serve astuzia per puntare fino alle prossime elezioni, ma visione e coraggio per pensare alle prossime generazioni. Renzi sarà anche un entusiasta e un ottimista, e Padoan anche uno competente. Ma accanto a Tsipras e Varoufakis, oggi come oggi, non fanno una gran figura.