Con il vernissage della mostra di Carbone a sette giorni l’inaugurazione della mostra Ludovicu di Mariano Silletti, che ha già riscontrato uno eccellente successo, si amplia il programma della ricca stagione estiva di Palazzo Lanfranchi, baricentro del Polo museale regionale, quest’anno proprio incentrato sulla fotografia sociale ed etica. Un modo nuovo di guardare, attraverso l’occhio fotografico, il nostro territorio e i suoi contesti umani e culturali di oggi, con la storia di Ludovicu, e del passato, con il reportage dai Sassi di Matera.
Le due mostre, a cui seguiranno altri importanti appuntamenti, arricchiscono l’offerta culturale del museo di Palazzo Lanfranchi insieme all’esposizione temporanea della rara Natura morta di frutta e ortaggi con tre vasi di fiori e due colombe, proveniente dalla Pinacoteca d’Errico ed attribuita al Maestro di Palazzo San Gervasio, che tra pochi giorni partirà per la mostra Tesori d’Italia, allestita a Milano nella cornice di Expo 2015. Mario Carbone (San Sosti, Cosenza, 1924), fotografo e documentarista particolarmente interessato all’indagine sociale, realizzò nel 1960 un’ampia campagna fotografica in Basilicata, accompagnando Carlo Levi nel viaggio preparatorio per il grande telero Lucania 1961, commissionato al pittore e scrittore torinese da Mario Soldati per il centenario dell’Unità d’Italia e esposto alla mostra delle regioni di Torino nel 1961.
Le fotografie, più di quattrocento (in parte confluite nel volume Viaggio in Lucania con Levi del 1980 e nel documentario Omaggio a Levi del 1983), sono il reportage di una missione che lo scrittore-pittore non volle compiere da solo. In previsione del dipinto, chiese infatti a Carbone, che allora era uno dei principali protagonisti della fotografia e cinematografia d’inchiesta, per la sua capacità narrativa ma anche per il suo linguaggio moderno, di ripercorrere con lui i luoghi del confino, documentando con le sue fotografie la terra, le storie e i volti che intendeva dipingere nel grande telero. Mario Carbone si impegnò a restituire, con il suo occhio attento e impegnato, in un fulminante bianco e nero, i luoghi dove Levi aveva ambientato il suo Cristo si è fermato a Eboli, da cui muove la storia della Basilicata moderna: Grassano, Aliano ma anche i Sassi di Matera, che emergono prepotentemente al centro della sua denuncia.
E proprio puntando l’obiettivo su Matera, il fotografo calabrese realizzò uno straordinario reportage di più di settanta immagini, in larga parte inedite, che questo Museo ha acquisito nel 2014 in occasione della grande mostra realizzata per celebrare il cinquantesimo anniversario del Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, grazie al Piano per l’Arte Contemporanea del MiBACT, presentandolo in parte nella sezione della mostra dedicata a Matera. Un materiale straordinario che restituisce la capacità di Carbone di cogliere il nesso profondo tra persone e luoghi, facendo parlare gli sguardi e le pietre, che abbiamo inteso proporre in maniera completa nell’ambito di questa mostra monografica, con la quale intendiamo anche ricordare il quarantesimo anniversario della scomparsa di Carlo Levi. In mostra una settantina di fotografie che ritraggono i Sassi, allora simbolo della “vergogna nazionale” per le condizioni di vita della popolazione, ancora parzialmente abitati. I luoghi, con i vicinati, le piazze, i vicoli, ma soprattutto le persone, che ancora vivevano nelle grotte, con la loro umanissima quotidianità.
Tra le immagini in mostra, spiccano diversi momenti della visita di Carlo Levi di cui si ricordano gli importanti interventi in difesa della città di Matera e della sua identità da conservare. In particolare la relazione tenuta in Senato nel 1966 per «rifare dei Sassi un centro di vita civile . L’acquisizione del corpus delle fotografie realizzate a Matera nel corso del Viaggio in Lucania, che segue quella dei tredici scatti propedeutici alla realizzazione del telero e esposti dal 2011 di fronte al dipinto, è il primo passo in direzione di una valorizzazione organica del grande archivio foto-cinematografico di Mario Carbone.