Politica interna
Sicilia – L’impressione è che il vicesegretario del Pd Debora Serracchiani abbia solo aperto le danze. La sua dichiarazione su una situazione del partito in Sicilia diventata insostenibile dopo l’intercettazione tra il governatore Rosario Crocetta e il suo medico personale Matteo Tutino con parole di morte contro l’ex assessore alla Sanità Lucia Borsellino, ieri è stata seguita da accuse da parte di vari vertici dem. Fino al presidente del Partito democratico Matteo Orfini. Anche se i renziani preferirebbero rimandare le elezioni alla primavera del 2016, forse insieme a quelle di Roma, Orfini ha chiamato in causa il segretario del Pd isolano, Fausto Raciti, per una possibile sfiducia a Crocetta, alla luce di “un quadro inquietante di relazioni complicate e pericolose del cerchio magico del governatore”. Questo a prescindere dalla smentita della Procura sull’esistenza dell’intercettazione pubblicata dall’“Espresso”. Una smentita a cui il presidente Crocetta, intervistato da “Repubblica”, si appella per difendere la sua scelta di non dimettersi, chiedendo ancora un mese per le riforme più urgenti. Anche perché, aggiunge, sulla nomina stessa dell’assessore alla Sanità non ha seguito i consigli di Tutino né ha mancato di proteggere la Borsellino “come lei neanche sa”. Non è dello stesso avviso l’ex assessore alla Sanità, che, in un’intervista a “Repubblica”, denuncia il fallimento del fronte comune pensato per sconfiggere gli interessi che gravitano attorno alla sanità. La Borsellino esclude anche una sua candidatura alla presidenza della Regione.
Riforme – La critica arrivata per bocca di Pier Luigi Bersani da parte della minoranza dem alla riforma fiscale sembra la premessa alla chiusura a un patto più grande sulle riforme. L’allontanamento del Pd dagli obiettivi della sinistra – dal lavoro agli investimenti e alla lotta all’evasione fiscale – che sta dietro il timore di copiare Silvio Berlusconi sulla questione casa è quello che adesso temono di più i “dissidenti” del partito. Sono proprio loro che, a settembre, potrebbero arrivare allo scontro, se è vero che la manovra fiscale si collegherà alle votazioni sulla legge costituzionale al Senato. Intanto Matteo Renzi si prepara alla battaglia con il rimescolamento in corso che coinvolge le presidenze delle commissioni parlamentari, affidate a uomini di fiducia. Una mano sulle riforme potrebbe arrivare anche dai verdiniani pronti per formare, forse già domani, il gruppo dei neo-responsabili a Palazzo Madama. I componenti che sembrano sicuri sono undici, mentre restano le incognite Giovanni Mauro, Michelino Davico e Riccardo Villari, ex presidente della Vigilanza Rai.
Politica estera
Libia – Quattro italiani, tra cui due siciliani, sono stati rapiti in Libia domenica scorsa. Sono tutti dipendenti della Bonatti di Parma, che si occupa della manutenzione dell’impianto petrolifero della Mellitah Oil&Gas, una partecipata dell’Eni. I quattro uomini sono stati pedinati nel loro ritorno in Libia dalla Tunisia e poi sequestrati a 60 chilometri da Tripoli. In assenza di rivendicazioni da parte dell’Isis o di altre formazioni fondamentaliste, al momento si seguono tutte le piste, dal rapimento a scopo di estorsione all’atto terroristico. “Difficile fare previsioni dopo poche ore”, ha commentato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che ha comunque escluso una ritorsione contro l’Italia per il suo appoggio in sede Onu all’esecutivo in fase di formazione. Secondo “Al Jazeera”, i responsabili potrebbero essere miliziani vicini all’Esercito delle tribù, ostili alla fazione islamista che ha imposto a Tripoli un governo parallelo a quello di Tobruk, l’unico riconosciuto a livello internazionale.
Immigrazione – L’accordo dell’Ue sul ricollocamento in due anni da Italia e Grecia negli altri Paesi comunitari di 40mila migranti richiedenti asilo è stato raggiunto, ma si è fermato a 32.256 persone. La cifra per il primo anno è stata raggiunta, non è accaduto lo stesso per quella complessiva. L’impegno ad accogliere i migranti provenienti dai campi profughi extra-Ue ha invece superato di 2.504 individui quanto previsto dal Piano immigrazione. A pesare sull’intesa al ribasso sono stati soprattutto Polonia e Spagna, che voteranno in autunno, ma anche l’Austria, che accoglierà profughi solo dai campi fuori dall’Unione. L’Ungheria si è sottratta del tutto, mentre Gran Bretagna e Danimarca hanno esercitato la loro opzione a non partecipare. Per superare il problema dei numeri, la Commissione Ue ha intenzione di proporre entro fine anno un meccanismo con chiavi fisse di ripartizione.
Economia e Finanza
Grecia – Grazie al prestito ponte da 7 miliardi dell’Ue ieri la Grecia ha rimborsato alla Bce il debito in scadenza e ha ripianato gli arretrati che doveva al Fmi. Due versamenti fondamentali: il primo per evitare il rischio immediato di un collasso del sistema bancario greco, il secondo per far decidere al Fondo di partecipare al nuovo piano di aiuti. Un segnale positivo che i mercati non hanno mancato di cogliere: non a caso Piazza Affari è arrivata in pole position, toccando i massimi dal 2009. In ogni caso, prima di avviare il negoziato per il terzo salvataggio di Atene, il parlamento ellenico deve adottare una seconda serie di provvedimenti dopo quella che ha sbloccato il prestito ponte. Domani è previsto il voto su un nuovo codice di procedura civile e sulla normativa europea per ristrutturare le banche in crisi. Rinviati invece, vista la maggioranza fragile, l’aumento della tassazione degli agricoltori e i disincentivi ai prepensionamenti. La prossima, stringente, scadenza è il 20 agosto, quando dovranno essere rimborsati altri 3,5 miliardi di titoli detenuti dalla Bce. Intanto, in un intervento sul “Corriere della Sera”, l’ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis denuncia il rifiuto da parte di Bruxelles di una sua proposta datata 19 giugno: la costituzione di una holding affidata a un ente privato per creare un flusso di investimenti locale.
Fisco – Con la riforma fiscale annunciata da Renzi l’importo della manovra d’autunno salirebbe fino a 27-28 miliardi, se si includessero anche il rinnovo dei contratti pubblici imposto dalla Consulta, le eventuali misure su pensioni flessibili e povertà e la proroga ancora incerta degli sgravi contributivi sulle assunzioni. La copertura della manovra dovrebbe arrivare, tra l’altro, dai tagli alla spesa pubblica. Nel dettaglio, i risparmi – almeno 10 miliardi nel 2016 – verranno da una drastica sforbiciata alle società partecipate e agli enti pubblici, di cui è già pronto il monitoraggio. Ancora, dall’applicazione di costi standard alla sanità e agli enti locali e da un’ulteriore stretta sulla spesa dei ministeri. A queste voci potrebbe aggiungersi una revisione delle agevolazioni fiscali in vigore. Al di là della spending review, si potrà attingere anche dal rientro dei capitali e dal migliorato quadro macroeconomico. In più, si punta a ottenere 7-8 miliardi dalla trattativa con Bruxelles sui margini di flessibilità ulteriori rispetto a quelli concessi a maggio. Lo stesso direttore esecutivo del Fmi Carlo Cottarelli ha spiegato che l’Ue potrebbe accettare un allentamento del debito in cambio delle riforme, rispettando comunque il tetto del 3%. Intanto arriva il plauso del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi sull’abolizione della tassa sulla prima casa, un primo segnale dell’attenzione del governo alla ripresa di edilizia e infrastrutture, due settori che generano occupazione.