A qualcuno può sembrare strano ma proprio in questi giorni di commemorazione delle molteplici vittime della criminalità organizzata sento la mancanza di quella irriverenza nei confronti delle mafie e dei mafiosi che pervadeva l’aria oltre trent’anni fa. Penso subito al grande coraggio di Peppino Impastato che sghignazzava e ridacchiava di Tano Seduto signore di Mafiopoli (alias Gaetano Badalamenti boss mafioso dell’epoca).
Penso all’indimenticabile Pippo Fava che con grande sarcasmo arringava una immaginaria difesa di quattro cavalieri mafiosi (in realtà un gruppo di imprenditori edili collusi con la mafia che dominò la quasi totalità degli affari economici della città di Catania). Penso a Mauro Rostagno che con i suoi articoli aveva osato alzare il velo sui loschi interessi di Cosa Nostra a Trapani. Penso a Beppe Alfano che ebbe il coraggio di pubblicare il “lato oscuro” dei grandi appalti pubblici tra Messina e Palermo. Penso al giovanissimo Giancarlo Siani barbaramente trucidato dai sicari della Camorra perché aveva osato denunciare alcuni traffici criminali a Torre Annunziata.
Non posso dimenticare don Peppe Diana e don Pino Puglisi, due vite spezzate nel nome della verità e della dottrina dell’antimafia. Dopo tanti anni di cultura e di coraggio antimafia, con il coltello tra i denti, consentitemelo, oggi siamo tutti orfani. Ci mancano tanto le loro parole, i loro sguardi, le loro discussioni, mai banali e sempre ligi al non seguire altra regola che non fosse quella della verità. Ci mancano uomini liberi come loro.
C’è un silenzio assordante! C’è un silenzio intollerabile! Spesso, per far comprendere ai miei studenti le organizzazioni criminali dico loro che occorre guardare con gli occhi “aperti”. Lo strumento per aprirli è la cultura: se non si conosce il problema non lo si potrà mai individuare e mai sconfiggere. In Italia ormai non si apre più un dibattito su niente. La parola legalità è diventata “fuori moda”. Questo significa che gli intellettuali che dovrebbero promuovere e partecipare attivamente alle discussioni contro le mafie e la corruzione dilagante si sono liquefatti e sono divenuti “impotenti” o peggio “conniventi”.