“Certe volte, parlando del futuro di Napoli, della sua area metropolitana, di una realtà industriale e manifatturiera con una grande e antica storia ma sempre in affanno, mi è capitato di ascoltare questa obiezione: ma sarà in grado la nostra città di innovare, di accettare cioè fino in fondo la sfida posta dal primo comandamento dell’economia globale, che consente di avere successo solo a chi sa fare una cosa che nessun altro sa fare, o la sa fare in un modo in cui nessun altro sa fare….?
Parliamoci chiaro: la nostra metropoli vive una crisi che non è di passaggio, non è congiunturale. Non è che quando ci sarà la ripresa in Italia, Napoli ricomincerà a correre. Non è così… meglio non farsi illusioni: la maggior parte dei nostri problemi sono strutturali, hanno cioè a che fare con un apparato produttivo che è diventato troppo vecchio per un mondo troppo nuovo. Non è che ce la caviamo tornando al passato, insomma. Non ci resta che innovare…
Ma la buona notizia è che innovare è più facile e meno costoso che ricostruire, rimettere in piedi, recuperare il gap nei settori tradizionali. Nell’economia della conoscenza, nell’economia ad alto contenuto tecnologico, ciò che serve è capitale umano, talento, inventiva, imprenditorialità…
La verità è che siamo a un tornante storico. Perché la storia ricomincia oggi, e dunque il declino non è il nostro unico destino possibile. Smart vuol dire intelligente: è un aggettivo che ci si addice…”
“Orizzonte Sud”, Corriere del Mezzogiorno,
11 giugno 2015