La partita di calcetto di Renzi e Lotti e Orfini, in margine alla festa dell’Unità di Roma, presa a segnale di dissacrante rottura delle liturgie di ciò che resta del Pci dento il Pd, ha occupato sui giornali e le tv molto più spazio che il recente viaggio del presidente del Consiglio in Israele. Una visita che non va sottostimata, invece. Perché potrebbe avere un significato simbolico cha va al di là della diplomazia di routine.
I NUMERI DICONO CHE…
Guardiamo i numeri, forniti da Massimo Deandreis, direttore di SRM, in un paio di recenti occasioni.
Con 48,3 miliardi di euro scambiati, nel 2014 l’Italia è il 4° partner dell’Area Med dopo Usa, Cina e Germania. La crescita dell’export italiano verso l’Area Med dell’anno scorso sfiora il 100 per cento (99,2%) sul 2001. Si tratta di 28 miliardi di euro, ma se consideriamo il “Mediterraneo allargato”, aggiungendo l’area del Golfo ai Paesi del Maghreb, il dato sale a 40,6 miliardi, valore superiore a USA e Cina insieme. Escludendo la Siria, nel 2014 i paesi Med sono cresciuti a un ritmo medio del 2,8% (nel 2015 si prevede un +3,4%, nel 2016 un più 3,9%), trainati da egitto, Tunisia e Marocco, paesi con i tassi di crescita più elevati a partire dal 2017. L’Italia è il principale partner commerciale via mare (con 36,4 miliardi di euro) e l’economia del mare, nelle sue varie componenti, genera un valore di 43,8 miliardi. Con 204,4 milioni di tonnellate, l’Italia è il primo Paese nell’Ue a 28 per trasporto merci in short sea shipping nel Mediterraneo. Da questa prospettiva non ci vuole molto a capire che il futuro del nostro Paese guarda a Sud e non al Nord. Direzione valida anche per il futuro politico di Renzi.
EUROPA A TRAZIONE LATINA
Limitandoci all’Italia, il “rottamatore” ha sbattuto il muso degli ultimi ballottaggi contro il muro prodotto dalla saldatura elettorale che ha unito Forza Italia e Lega Nord, Berlusconi e Salvini. Lo zoccolo duro del blocco elettorale che si riconosce nel governo attuale è tosco-emiliano, ma è un territorio che più di tanto non può dare, se si considera che il Pd renziano ha perduto la città di Arezzo. Quindi? Non resta che il Mezzogiorno come sbocco politico per il premier.
Su un piano più europeo, è indubbio che l’Unione sia al momento un consesso dove è determinante la leadership tedesca, nel bene e nel male. Così forte da oscurare il giovane fiorentino, che nella partita tra Merkel e Tsipiras ha avuto più o meno il ruolo da raccattapalle a bordo campo. E Renzi non si può permettere di non guadagnare a lungo il centro del ring europeo. L’incontro ravvicinato con un Paese cruciale per gli equilibri politici in Medio Oriente, una delle aree storicamente più instabili del Mediterraneo, può essere il preludio di una tela politica da tessere che smarchi l’Italia dalla soggezione all’Europa a trazione tedesca e riapre il confronto con Francia e Spagna per la costruzione di un nuovo asse euro-latino. Va rimarcato che l’ultimo leader europeo a puntare su una Unione del Mediterraneo è stato Nicolas Sarkozy e dopo di lui nessuno più. Ma se è vero che Hollande ha avuto un ruolo determinante nella trattativa per tenere la Grecia in grembo all’UE, se è vero che ci sono stati momenti di forte frizione con chi avrebbe voluto spingere la Grecia fuori dall’Europa per almeno cinque anni, vuol dire che la possibilità di una alternativa latina alla leadership tedesca non appartengono al libro della fantapolitica.
A SUD DI MERKEL
In tutti i casi il futuro di Renzi è al Sud. In Italia e nel Mediterraneo. E’ il Mezzogiorno la riserva a cui il suo Pd potrebbe attingere per risalire posizioni nella classifica del consenso. E il Mezzogiorno è tanto più importante dal punto di vista strategico nell’area Med, poiché passa dal Sud Italia i due terzi dell’interscambio via mare e in territorio meridionale si concentra il 50% del sistema portuale italiano.
Renzi ha quindi due punti cruciali da segnare nella sua agenda. Primo: un dossier Sud che punti sullo sviluppo dell’efficienza del sistema portuale e logistico come volano di una rilanciata competitività italiana. Secondo: un più marcato impegno dell’Italia in sede europea per “riportare il Mediterraneo e le politiche verso il sud al centro dell’azione e delle politiche di sviluppo dell’Ue (Srm, 2015)”. Prima lo capisce e meglio è. Per lui e per l’Italia.