Ci vuole molto coraggio, quasi al limite della temerarietà, per annunciare la cancellazione di Imu e Tasi il giorno dopo la grande bufera che ha investito le borse di tutto il mondo e che ha tenuto i mercati con il fiato sospeso. Matteo Renzi, invece, non si è fatto prendere dal panico. Anzi, dalla platea di Pesaro, ha rilanciato in grande stile il cantiere delle tasse, confermando, punto per punto, il piano quinquennale che prevede un taglio delle imposte pari a 25 miliardi di euro. Una cifra da far tremare le vene ai polsi per un Paese che, nel 2015, continua ad arrancare e che vede fortemente in bilico l’obiettivo di un aumento del Pil dell’1,4% nel 2016.
Renzi, però, sa bene che proprio sul fronte fiscale si gioca la sua partita più impegnativa e, forse, gran parte del suo destino politico. Per questo ha deciso di tirare avanti per la sua strada, nonostante le brutte notizie che arrivano dai mercati globali, promettendo di inserire, già nella prossima Legge di Stabilità, i 5 miliardi e passa di euro necessari per cancellare la Tasi sulla prima casa e l’Imu sui fabbricati industriali e agricoli. Due delle tasse più odiate dagli italiani.
Non sarà facile trovare le coperture adeguate, dal momento che sull’orizzonte economico si profila un autunno tempestoso, con il rischio di un rallentamento della crescita globale e di un aumento dei tassi di interesse. Due fattori che potrebbero complicare il rebus dei conti pubblici e rendere difficile il rispetto degli impegni assunti con l’Europa per ridurre il deficit e, quindi, il debito.
Il problema, per Renzi, non è solo quello di onorare una “cambiale” elettorale, mettendo in cascina una buona dose di consensi e superare, così, anche le difficoltà dell’esecutivo. Certo, qualcuno potrà dire che, prima ancora delle tasse, ci sono tanti altri nodi che frenano lo sviluppo: dalla burocrazia ai costi dell’energia, dalle infrastrutture alla giustizia. Ma la verità è che senza una riduzione sostanziale del carico fiscale su cittadini e imprese, che ha raggiunto nel 2014 la cifra record del 43,1%, difficilmente in Italia ripartiranno consumi e investimenti. Sono questi gli ingredienti principali di qualsiasi politica orientata alla crescita. E sono particolarmente importanti dopo la bufera cinese, che potrebbe riportare la domanda mondiale sul terreno della recessione, facendo segnare una battuta d’arresto anche al nostro export.
Insomma, il taglio di Imu e Tasi non può attendere. Ma per farlo occorre coraggio. Renzi ha dimostrato di averne. Ma sarebbe ora che anche l’Europa cominciasse ad essere un po’ meno prudente, scommettendo di più su se stessa e sulle sue potenzialità di sviluppo. La crisi dei mercati asiatici, da questo punto di vista, può trasformare il Vecchio Continente nell’area più stabile e affidabile del mondo. A patto, però, che riesca anche a imboccare il sentiero della crescita e non solo quello del rigore a tutti i costi.
Fonte: L’Arena