È ancora aperta la riflessione e il dibattito se la camorra sia componente costitutiva della società napoletana (distorto –il dibattito- in genetica camorristica dei napoletani), che arriva il film di Gaudino/Golino a chiarirci le idee. O quanto meno a mostrarci uno spaccato di quali possano essere gli ingredienti, o i prodromi della camorra, gli elementi che la costituiscono e da cui si genera. Questo il film sembra mostracelo, o suggerircelo, o almeno ci permette di pensarlo, non tanto in termini storico sociologici, ma in termini di condizione umana. Per amor vostro è la storia della metamorfosi di una donna all’interno di una giungla, in un percorso infero (citato tra l’altro nel film…per me si va nella città dolente..) fatto dal peggio delle relazioni familiari. In effetti cosa sono le relazioni familiari, se non il mondo di un essere umano, la matrice costitutiva di un essere umano alla sua nascita e dopo. La matrice familiare è il codice fondamentale e fondante di una vita e di una identità. Quella di Anna è una matrice impazzita, un caos, senza ordine, senza codice: sorelle che vanno in galera per i fratelli, genitori che vendono i figli, figli contro padri e figlie contro madri. Capasciacqua e angioletto che vola, sono le rinominazioni per i mondi inferi nei quali Anna si addentra, abissi anziché luce, come una pianta che non si sviluppa verso l’alto, ma verso il basso di mondi nascosti. Una metamorfosi al cui centro troviamo l’usura (Anna capasciacqua, Anna l’Usura e Anna il Coraggio) , un cancro che mangia chi ne è colpito: l’esperienza di essere fagocitati da un simile prossimo (anche qui, ribaltato completamente l’ Ama il prossimo tuo come te stesso). L’usura è una sorte di colpa, dannazione, peccato originale che non si estingue mai, e ti lascia solo quando ti ha spolpato tutto. È la vita che va al contrario, e il count down inesorabile di una vita che ha imboccato la porta del l’inferno. Non c’è salvezza. E allora traffici, affari, menzione, minacce, soprusi, implorazioni, emozioni e sentimenti che in un istante si ribaltano nel contrario, scatti improvvisi di ira e violenza, la vita vale poco, solo impulsi primordiali e caotici. Ecco, quando questo si struttura, si organizza e diventa un sistema di vita, nasce la camorra- un sistema di vita, palafitte su una palude. È con questo fango che si fa, si antropomorfizza, la camorra. Certo non la camorra aurea dei colletti bianchi, ma quella volgare, degli operai. Con questo fango si fa la camorra, e a Napoli ci sono fabbriche, e gli effluvi si spandono per la città, e ci sono bravi imprenditori. Almeno dobbiamo provare a ridurre questa materia prima..
Anna Capasciacqua, usura e coraggio, da ostaggio di tutti e oggetto intercambiabile, al culmine diventa il pegno per riscattare con la sua morte un debito usuraio (l’illusione – del seduttore/tentatore, ma povero diavolo – di riconquistarsi/ricomprarsi la vita, sempre mangiandosi la vita di un altro umano). Anna riesce ad attraversare e in qualche modo a metabolizzare il suo fango: ma Anna non è un lombrico che mangia fango, è un essere umano, donna madre del sordomuto, che fa la suggeritrice di parole, parla la lingua dei segni, e inventa continuamente, reinventa, la realtà. Sta trovando il suo codice. Certo, per questa metamorfosi ci vuole una grazia di partenza, una virtù eroica come il coraggio (della disperazione), e l’intervento del miracolo finale, il vero elemento soprannaturale ospitato in questa città. Il miracolo come aspetto oleografico e folcloristico, ma anche come reale e autentico riferimento al soprannaturale, come effettiva necessità di forze oltreumane e divine per completare il processo di trasformazione ed accedere a nuova vita emotiva colorata.