“In tutta la mia vita non ho mai esercitato un atto di violenza né fisica né morale. Non perché io sia fanaticamente per la non violenza. La quale, se è una forma di auto-costrizione ideologica, è anch’essa violenza. Non ho mai esercitato nella mia vita alcuna violenza né fisica né morale semplicemente perché mi sono affidato alla mia natura cioè alla mia cultura”. Questa meravigliosa riflessione di Pier Paolo Pasolini mi porta a scrivere questo breve articolo proprio in occasione della celebrazione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne proclamata dall’ONU. Senza dubbio, occorre impegnarsi in concreto e denunciare un fenomeno che non conosce confini geografici e che le statistiche ci dicono in costante crescita ovunque.
Questo carattere di “globalità”, in un giorno triste e non solo odierno, aiuta a riflettere sui riflessi di un degrado civile di un mondo dove i più deboli sono sempre più esposti e indifesi. A me pare che oggi vi sia una generalizzazione banalizzante, che mette a nudo la scarsità, o addirittura la inesistenza, di mezzi con cui si cerca di contrastare un fenomeno così devastante per le donne (e non solo), vittime di abusi, stupri e violenze di ogni genere. Credo che una semplice data fissata in calendario incida davvero poco o nulla sulle coscienze e non aiuta ad incidere su tali comportamenti devianti.
Soltanto se si recupera il valore della dignità della persona umana, a prescindere dal sesso, dalla razza, dalle opinioni politiche e dalla fede religiosa si potrà avere in futuro qualche speranza di frenare questi fenomeni aberranti. Se, invece questo tipo di manifestazioni serve soltanto a metterci a posto la coscienza, senza interrogarsi su quel che si è fatto di concreto e di sostanziale per prevenire e combattere il fenomeno, allora questo ritualismo non ha alcun senso. In alcuni casi è addirittura fastidioso e controproducente.