“Ecco che cosa può riaccendere Napoli: l’investimento privato in cerca di profitto, con proiezione globale, ad alto livello di innovazione…
Oggi, come dice Tim Cook, l’amministratore delegato della Apple, «l’eccellenza significa fare meglio, non produrre di più, e i dispositivi fisici sono ormai delle commodity»; non hai dunque bisogno di infrastrutture pesanti come al tempo dell’industria, l’unica cosa che serve è cervello e creatività, che a Napoli abbondano. Viene qui in primo piano una qualità della nostra città di cui forse non siamo compiutamente consapevoli, e che dunque non sappiamo sfruttare al meglio: disponiamo di un capitale umano di prim’ordine….
Sembra infatti farsi realtà ciò che uno a ieri pochi illuminati avevano indicato come una possibilità. E cioè che il futuro di Napoli non consista nell’affannosa rincorsa del divario storico accumulato nel passato dell’età industriale, ma nello scavalcare a pie pari quel passato lanciandosi nel futuro postindustriale, senza perder tempo a guardarsi indietro.
Bangalore era una povera città dell’India sottosviluppata prima di diventare uno dei centri mondiali della information technology, nessuno è perduto nel mondo d’oggi se ha tanti giovani capaci e che hanno studiato. E in questo campo basta che arrivi il primo (non solo Apple, anche Cisco ha appena annunciato un investimento per un’academy di sviluppatori da collocare a Scampia) e si crea un centro di attrazione, una vocazione del territorio…
Chi resta fuori dal mondo globalizzato oggi è destinato al declino, il nostro futuro dipende da quello che pensano di noi nella Silicon Valley o a Shangai…
Ps: e se Apple andasse a Bagnoli? Non sarebbe male, dal punto divista simbolico, ospitare la nostra prima azienda immateriale del terzo millennio nel luogo dove è nato il Novecento operaio e dell’acciaio”.
Antonio Polito, Il Corriere del Mezzogiorno,
22 gennaio 2016, pagg. 1-5.
(a cura di Asco)