Forse non si poteva ottenere di più in questa fase. E forse il governo italiano ha davvero fatto tutto il possibile per ottenere il massimo dei risultati. Resta il fatto, però, che la versione ultra-light della “Bad Bank” partorita a Bruxelles dopo una lunga ed estenuante trattativa, non è riuscita a convincere i mercati. Chi si aspettava un intervento risolutivo, in grado di rassicurare i risparmiatori e respingere una volta per sempre l’assalto degli speculatori, è rimasto sicuramente deluso. Piazza Affari è tornata ad indossare la maglia nera fra i mercati europei, registrando un tonfo del 3,5%. E, ancora una volta, a trascinare gli indici al ribasso, sono state proprio le banche.
I motivi dell’ennesima debacle sono molti. Tanto per cominciare, l’accordo raggiunto a Bruxelles contiene molti vincoli e, soprattutto, fissa troppi paletti sulla garanzia pubblica che l’Italia mette in campo per alleggerire i nostri istituti dal fardello dei crediti in sofferenza. Una “dote” di 200 miliardi di euro (89 quelli netti) che le banche, se lo vorranno, potranno girare ad una società di scopo. La “newco” provvederà poi a “cartolarizzare” i crediti a rischio affidandosi agli operatori di mercato. Un meccanismo sperimentato con successo soprattutto nei Paesi anglossassoni dove, però, le condizioni di partenza sono molto diverse: non servono in media 20 anni, come in Italia, per recuperare i crediti e, soprattutto, c’è una situazione economica decisamente più favorevole. In queste condizioni la garanzia pubblica promessa in Italia a prezzi di mercato e, soprattutto, senza intaccare i conti dello Stato, rischia di non alleggerire abbastanza i conti dei nostri istituti di credito che si troverebbero a “cartolarizzare” i crediti con prezzi molto più bassi rispetto a quelli iscritti in bilancio.
C’è poi un altro nodo tutto da chiarire: non si sa ancora, infatti, se la Bce potrà o meno acquistare le obbligazioni che saranno emesse dalle “newco” che acquisiranno le sofferenze. La partita è ancora aperta ma bisognerà convincere soprattutto i tedeschi ad abbassare un po’ la guardia ed avere più fiducia sulle prospettive del nostro Paese nel medio e lungo termine: un’impresa tutt’altro che facile.
C’è, infine, un dato macroeconomico da non sottovalutare: in Italia la crescita continua ad essere molto lenta. E, senza una vera ripresa, difficilmente potranno tornare nelle casse degli istituti di credito i prestiti concessi ad un sistema produttivo che continua ad arrancare. La strada maestra per ridurre le sofferenze bancarie passa, infatti, proprio per l’aumento del Pil e della ricchezza. Tutti gli altri strumenti, a cominciare dalla “bad bank”, sono utili ma sicuramente non sufficienti per risolvere i problemi. Un concetto che i mercati, anche ieri, hanno mostrato di conoscere molto bene.