Ettore Scola e Pierfrancesco Diliberto, Pif, si incontrano nella minuscola sala del cinema dei piccoli di Villa Borghese. Sono gli unici spettatori di una proiezione che ripercorre la vita di Scola attraverso dei frammenti di interviste, brani dei suoi film e ricordi di familiari, amici e cineasti. Una carrellata al passato ricondotta al presente attraverso l’allegra chiacchierata tra il “Maestro”, Scola, e l’“alunno”, Pif. E così che Paola e Silvia Scola, le figlie del regista recentemente scomparso, scelgono di raccontare il padre. Il documentario, Ridendo e scherzando, scritto e diretto dalle due sorelle nel 2015, uscirà nelle sale cinematografiche per soli due giorni, il primo e il due febbraio.
Il lavoro di scavo nel materiale di repertorio riprende le tappe del lungo e vario percorso di Scola: vignettista, disegnatore, battutista, negro (il ghostwriter attuale), sceneggiatore (fra i tanti, Il sorpasso e Un americano a Roma) e regista.
Ettore Scola racconta dei tanti colleghi ed amici come Marcello Mastroianni, con il quale ha fatto quasi la metà dei suoi film, e Massimo Troisi, del quale ricorda la grande simpatia ed intelligenza dei sentimenti.
Parla del suo cinema che, assieme a quello di Age&Scarpelli e Monicelli, si differenziava da quello politico di Volonté, Rosi e Petri, ma che sempre era impegnato, mostrando non le vicende degli eroi, ma della gente comune. Si dice, Scola, essere stato un pendolare tra il cinema industriale e quello più documentario e narrante i problemi della società. Come in Trevico-Torino – Viaggio nel Fiat-Nam (Trevico, in provincia di Avellino, è anche il paese di nascita di Scola) del 1973 sui meridionali che lasciano le loro terre per il nord Italia (“Il lavoro ce lo devono dare dove siamo nati”, grida il protagonista), i tanti film in cui tratta il tema dell’omosessualità, prima di lui proposta in funzione comica, e in Brutti sporchi e cattivi sull’incolpevolezza delle classi più umili, prodotto della civiltà del consumo (Pasolini doveva firmarne una sorta di prefazione filmata, ma venne ucciso nell’ultima settima di riprese).
A riguardo di alcuni film che non invecchiano, Scola sottolinea, più del merito di registi e autori, il demerito di una società, che certi temi non ha risolto, come la mentalità fascista in Una giornata particolare.
Il film termina su un’ultima battuta e sorriso di Ettore Scola – la stessa immagine che viene usata per la locandina del film. Dietro quel sorriso, c’è tutta una filosofia di vita riassunta nelle parole che il documentario ci restituisce “sembra più facile raggiungere una certa felicità attraverso la disonestà…Io credo che non esista nessuna felicità senza l’onestà e quindi è bene perseguire l’onestà se si vuole essere felici”.