di Serena Santaniello
“Napoli è un campo di battaglia. E non solo per le strade lastricate di buche: liti e veleni, patricidi e ricorsi, colpi di sciabola e strascichi giudiziari…”. La citazione è nell’incipit di un articolo del Mattino del 17 marzo, a firma di Vittorio Del Tufo. Correda l’ultimo doppio sondaggio pubblicato dal giornale, effettuato da IPR e TECNE’, in cui Luigi De Magistris, attuale sindaco, risulta primo (30% – 32%) seguito a ruota da Gianni Lettieri, ex presidente degli industriali di Napoli, numero uno di Atitech e dell’opposizione in Consiglio comunale. E’ l’occasione per fare il punto sulla città simbolo del Mezzogiorno con Claudio d’Aquino, giornalista che da Napoli già cura per il nostro sito la rubrica CHE SUD CHE FA. “Ma se Napoli piange – afferma – il resto d’Italia non ride…”.
Napoli, Roma, Torino. Il centrosinistra in sofferenza, il centro destra implode. Mal comune mezzo gaudio?
Il gaudio non so proprio dove sia. Con tutta evidenza, da Sud al Nord si sta consumando l’ultima vampa di una crisi dei partiti che nasce con gli Anni Novanta del secolo scorso. E’ dall’epoca di Tangentopoli che i partiti sono entrati in una crisi che non trova rimedio.
Sembra di assistere al tramonto dell’epoca nobile della democrazia. Un epilogo a tinte fosche.
I segnali non sono incoraggianti. Il populismo dilaga, la selezione della classe dirigente resta sempre leaderistica. E il potere, si potrebbe dire, ormai non passa per la canna del fucile come nel 68, ma per il tubo catodico. Tutto lascia presagire che sia maturo il tempo di Adriano Olivetti.
Che c’entra Olivetti?
C’entra, se di Olivetti non prevale l’immagine di grande innovatore della cultura d’impresa. In realtà fu in anticipo sui tempi non solo come imprenditore. Anche se poco si ricorda il contributo della sua “democrazia senza partiti”.
E cioè?
All’epoca del suo impegno parlamentare, Olivetti promosse, contro la tirannia dei partiti di massa, il Movimento di Comunità. Fu un vaso di coccio in mezzo ai partiti robustissimi della prima Repubblica. La sua prematura scomparsa interruppe quel laboratorio politico. Ma molte delle sue intuizioni restano attualissime.
Torniamo a Napoli, alle imminenti elezioni. De Magistris appare in leggero vantaggio. Qualcuno lo ha dato già come vincitore.
Stiamo ai numeri, del resto i sondaggi si fanno per questo. Che LDM fosse in “fuga per la vittoria” lo ha detto una rilevazione di Euromedia Research, realizzata per Il Mattino, che data a fine febbraio. Quel sondaggio voleva il primo cittadino uscente di gran lunga in testa nelle intenzioni di voto. E i grillini precedere sia il centrodestra che il centrosinistra, nonostante non avessero ancora scelto il candidato per Palazzo di città. Il Pd comunque fuori, a prescindere dalle primarie che non si erano ancora svolte.
Cosa è cambiato in meno di un mese?
Il vantaggio di De Magistris non è affatto un allungo alla Coppi. Il distacco è molto lieve, nell’ordine di 0,5-2 punti percentuali. E ci sono ancora due mesi di campagna elettorale. E, forse, un ballottaggio.
Se dovesse dare un consiglio ai contendenti, cosa si sentirebbe di dire?
De Magistris ha amministrato poco e male, non credo sia nelle sue corde occuparsi dei problemi della città. E’ un politico, che attraverso il voto amministrativo locale sta provando a giocare una partita politica nazionale. Si contrappone a Renzi per questo, per non sparire dalla scena come gregario a cospetto del governo. Ecco perchè non “collabora” e, anzi, apertamente si oppone. Il suo obiettivo è uscire dall’agone locale come leader nazionale in uno spazio lasciato libero dal fallimento di Ingroia. Napoli è sun trampolino.
A suo giudizio quindi non è affatto detto che esca vincitore dalla battaglia per Palazzo San Giacomo?
Se non vince al primo turno (e i sondaggi sembrano escluderlo) io credo che rischi molto. Perché tra Lettieri e la Valente c’è un patto non scritto, tuttavia insito nelle cose, di sostenersi a vicenda al ballottaggio. Il Pd preferisce mille volte Lettieri, un uomo con cui per definizione si può dialogare, piuttosto che il tetragono De Magistris, irremovibilmente calato nei panni di avversario di Renzi. Ingestibile.
E Lettieri?
Lettieri è una vera novità per Napoli. Certo sconta il fatto di non essere brillante come l’ex magistrato, nutrito da autostima e vis polemica. Ma si è fatto le ossa in quattro anni di Consiglio comunale e ultimamente utilizza di più la sua verve di napoletano verace, una ironia condita di spunti beffardi.
Scusi, ma in che cosa Lettieri è una novità, se sta lì da quattro anni e secondo i gusti attuali è già da rottamare?
Lettieri sarebbe la persona giusta per realizzare quella saldatura tra borghesia e plebe di cui Napoli da sempre ha bisogno. Borghesia e plebe, signori e lazzari, a Napoli riescono a stare insieme solo allo stadio. Solo al San Paolo i napoletani sono veramente un popolo che, come dice l’inno in voga, “ora come allora, difende la città”. Lettieri incarna la combinazione tra le “due Napoli”, per dirla alla Mimì Rea, che forse solo in Achille Lauro si realizzò compiutamente. Infatti è un figlio del popolo, nato se non sbaglio alla Duchesca, uno dei luoghi più popolari di Napoli. E’ uno che, per dirla tutta, poi “si è fatto i soldi”.ç
E’ a lunga militanza in Confindustria, prima ad Avellino poi a Napoli, lo ha sdoganato: è diventato espressione di un ceto “borghese per eccellenza”.
Insomma è un personaggio cerniera tra due mondi che a Napoli non si piacciono molto…
Sì, Raffaele La Capria parla, con suggestiva immagine, di due lembi di una ferita mai sanata. Borghesi e lazzari si temono, a suo dire, sin dal 1799 finito per gli intellettuali rivoluzionari, con la forca o sulle picche. Mai cicatrizzata, quella ferita ha sottratto a Napoli la classe dirigente di qualità di cui avrebbe avuto bisogno.
Napoli è piena di napoletani di qualità…
Sì e ne conosco diversi. Ma preferiscono star chiusi in un recinto privato, familiare o al massimo circuito ristretto di poche famiglie. Ciò ha indebolito sia la borghesia sia quello che una volta chiamavamo proletariato. Ed ha fiaccato la città.
Quindi Lettieri, che a suo dire incarnerebbe il ritorno dell’armonia…
Senza prodursi in metafore ardite, credo si possa affermare che la bipolarità di Lettieri sia una chiave di volta che tuttavia Lettieri non riesce a giocare con tutta la sua carica dirompente. Sconta due limiti.
Quali?
Anzitutto, ripeto, è un uomo del fare. Nella comunicazione, che oggi è spesso slogan e annuncio, appare ancora a disagio. Ma quando il confronto passa – se passa – dalle parole ai numeri e ai fatti, Lettieri li squaderna a memoria, da imprenditore e da uomo di finanza, qual è.
E l’altro limite?
E’ quello di essere rimasto bene o male nel circuito politico di Forza Italia. E’ un marchio che, a torto o a ragione, appare obsoleto. Se il personaggio Lettieri fosse emerso nel centro sinistra, non ci sarebbe stata partita. Non dimentichiamo che, oltretutto, è uno dei pochissimi imprenditori di Napoli, forse l’unico accanto a Dario Scalella, che ha ricevuto il crisma di una visita in azienda di Matteo Renzi. Un episodio che, se fosse stato di sinistra, per essere lanciato con una poderosa spinta verso l’ultimo miglio.
Quindi Lettieri farebbe bene a “sottrarsi” il più possibile dal centrodestra?
Non credo che ormai sia praticabile. Occorrerebbe uno strappo vigoroso, quindi traumatico, per marcare le distanze da uno schieramento che, in realtà, non gli sta dando molto. A Napoli a destra si candida anche il deputato Marcello Taglialatela, di Fratelli d’Italia.
Gli altri corridori in volata sono Valeria Valente e Brambilla per i 5 stelle.
Il profilo di quest’ultimo sembrerebbe più adatto a un candidato della Lega. Ingegnere, viene dal profondo Nord, di fede juventina, ha un cognome che sembra sottratto al copione di una rivista di avanspettacolo. Se non è una barzelletta, siamo il “colmo” per un candidato a sindaco di Napoli.
E la Valente?
In questo caso il discorso si fa serio. Anzi da tragedia sofoclea. E’ forte la tentazione di proporla come di Elettra che uccide il padre – Antonio Bassolino – invece della madre (che semmai dovrebbe essere Rosa Russo Jervolino, l’ex sindaco di cui è stata assessore). Come puntualmente accade a sinistra, specie tra compagni ex Pci, i conti si regolano con confronti durissimi e intestini. Semmai la novità, è che oggi la teatralizzazione avviene a mezzo stampa. Sono sono caduti i freni inibitori. I fendenti si assestano attraverso i giornali e i social network.
Sì ma quante chance ha la Valente?
Ha dalla sua il tempo. Più di Lettieriche non può fare in due mesi quello che non ha fatto in 4 anni. La lavagna di Valeria è invece ancora pulita. Inoltre indossa il profilo renziano perfetto: donna, giovane, non ha (ancora: ha solo 39 anni) un carisma tale da fare ombra a Renzi e ai suoi. Le basta non sbagliare troppo. Il problema è uno solo: arrivare al ballottaggio.
Resta sullo sfondo Bassolino…
Sempre più sullo sfondo. E più si affida ai ricorsi (il terzo in ordine di tempo), più emerge l’aspetto profondo della sua autocandidatura: una revanche personale che la retorica del “bene dei cittadini” non riesce a smacchiare, anzi. Bassolino è un vecchio leone che ha perduto la sua battaglia. Prima ne trae le dovute conseguenze e meglio è. Per lui, per il Pd e per Napoli.