Scorre Il Napoli Teatro Festival sul filo della commistione dei generi artistici, mischiando linguaggi teatrali, voci della città, perfomances dei protagonisti che danno corpo ed espressione alla drammaturgia contemporanea, nazionale ed internazionale. E mentre il Teatro San Carlo si infiamma per il concerto dei Foja con Cagnasse Tutto – Foja @San Carlo, spettacolo, curato dal direttore artistico, Franco Dragone, – che però ha specificato: “Io non ho fatto quasi niente, al massimo la guida, ma il merito va al mio assistente Michele Mangini” – non si placano le polemiche che accompagnano le scelte di questa kermesse, sia che si tratti di “governance” sia che si tratti di organizzazione e direzione artistica, che tra l’altro di quella governance è espressione. Eppure siamo alla nona edizione del Napoli Teatro Festival, la rassegna vanta un suo percorso, una storia, un’organizzazione, un investimento in risorse, un coinvolgimento di tante compagnie di artisti che arrivano da ogni dove, una combinazione di scenari e luoghi suggestivi, come il Real Bacino di Raddobbo, Base Marina Militare, Molosiglio che sta accogliendo il suggestivo spettacolo “Mare Mater, l’esemplare storia della Nave Asilo Caracciolo e della signora Giulia Civita Franceschi”, con la regia di Fabio Cocifoglia e Alfonso Postiglione, collaborazione alla drammaturgia di Antonio Marfella, con Manuela Mandracchia, Graziano Piazza, Giampiero Schiano, Luca Iervolino, Niko Mucci e la Banda Musicale dei Bambini di Canta Suona Cammina – a cui non si accede di solito. Per quale ragione ogni anno si assiste a più o meno velate contrapposizioni tra livello istituzionale, organo amministrativo (Fondazione Campania dei Festival , Regione) e direzione artistica? A chi giova tutto ciò? Non sarebbe più giusto concentrarsi sul radicamento del Festival, su quello che dovrebbe generare in termini di crescita culturale ed economica del territorio, sulla diffusione e promozione del Festival che, quest’anno, arriva in molti comuni della Campania? L’obiettivo è evidente: non disperdiamo le energie, non distruggiamo questa macchina organizzativa ed artistica che, progressivamente, a partire da Renato Quaglia, da Luca De Fusco, dai diversi Cda della Fondazione Campania dei Festival, è stata messa in piedi; non vanifichiamo le risorse economiche, provenienti dai fondi europei che la UE, la Regione Campania, i cittadini, hanno postato su questa partita per consentirci, a noi tutti, di avere uno sguardo profondo ed un’apertura a 360 gradi sul panorama artistico internazionale e sulla produzione culturale italiana. Costruiamo non demoliamo, critichiamo non distruggiamo, proponiamo, sollecitiamo cambi di rotta e non naufragi, promuoviamo dialoghi interculturali e non “personalismi”. Non alimentiamo quella cultura descritta da Dragone in una recente intervista a Fanpage: “Qui non si dialoga, non si discute, non si costruisce niente che possa diventare permanente, e così tutto resterà fragile, nelle mani di “un’aristocrazia della cultura ” e di una gestione fatta con ”le relazioni (io conosco quello, io sono amico di questo…)”.
Questo processo di costruire una identità ed una struttura permanente del NTFI senza familismi, a prescindere da singole valutazioni, ci deve pur interessare in prima persona così come le scelte di prospettiva e di visione dovrebbero appartenerci maggiormente. Oggi ci interessa guardare l’Europa anche attraverso la diversità dei linguaggi, le forme espressive, la produzione artistica e culturale, ci aiuta a comprendere meglio noi stessi nell’alterità delle identità. Amplia i nostri orizzonti e ci stimola a comprendere cosa sta succedendo nel mondo, troppo spesso insanguinato da vittime innocenti.
E intanto prosegue la programmazione con il bel progetto di letture sceniche, Una favola di Campania (fiabe, miti, leggende e cronache della Campania), in scena a Villa Pignatelli e nella regione, con protagonisti attori del calibro di Umberto Orsini, Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Isa Danieli, Giancarlo Giannini, e tanti altri. Progetto in continuità con quello della scorsa edizione a Sant’Elmo, curato sempre da Marco Balsamo e la regia di Fabrizio Arcuri.. Al teatro Bellini, arriva lo spettacolo con James Thierrée, danzatore, scenografo, acrobata, che presenta La Grenouille Avait Raison (1 e 2 luglio), un racconto brillante e leggero sul mondo dell’infanzia. Una fiaba, allo stesso tempo realistica e grottesca, per rivivere i più segreti sogni e incubi infantili. Thierrée, in scena con Valérie Doucet (contorsionista ed equilibrista), Mariama (cantante), Yann Nedelec e Thi Mai Nguyen (danzatrici), Samuel Dutertre (interventi scenici e manipolazioni) prosegue la sua singolare avventura in un mondo fantastico che oscilla tra il circo, la danza e il teatro. E poi A Napoli, il coreografo americano Reggie (Regg Roc) Gray e una compagine di 21 ballerini per Flexn, una creazione collettiva realizzata con la Flex community di New York (in scena al Festival il 2 e 3 Luglio – Teatro Augusteo). Lo spettacolo si avvale dello sguardo visionario del regista Peter Sellars. E l’atteso spettacolo de Il Funambolo di Jean Genet, nella traduzione di Giorgio Pinotti, messo in scena da Daniele Salvo con Andrea Giordana, Giuseppe Zeno, Melania Giglio e l’acrobata Valentin, In scena (in prima assoluta al Festival, il 30 giugno, repliche l’1 e 2 luglio al Teatro Sannazaro) uno dei testi più discussi del grande scrittore francese che, nel 1956, conobbe un giovane artista di circo, Abdallah Bentaga. Lo scrittore si legò a lui e lo seguì nel suo peregrinare per l’Europa.