(A proposito dei) risultati di una recentissima indagine demoscopica condotta da Swg su un campione della società meridionale…
Le definizioni emerse in ordine ai sentimenti più diffusi sono state: rabbia, disgusto, cambiamento. Più modulati e a scalare, gli stati d’animo di tristezza, attesa e paura.
Insomma un’intera tastiera di valutazioni in risposta a un’articolata batteria di domande…
Non vi è dubbio che i dati del sondaggio si prestano a una lineare chiave interpretativa.
Il Sud è giunto alla maturazione di un giudizio severo sulla adeguatezza delle scelte finora compiute sia nell’ordine delle competenze statali che di quelle esercitate dai poteri locali.
Ha chiara consapevolezza delle concorrenti responsabilità sia nazionali che locali.
Non si sottovaluti inoltre il 62 per cento conseguito dalla definizione di «rabbia» nella gerarchia degli stati d’animo prevalenti.
Rabbia è, come pensava Camus, più prodromica a «rivolta» che a rivoluzione (che è progetto, costruzione complessa e di più lunga durata) …
Allora che fare?
(Si) declini questa volta il profilo di uno Stato che «torni» nel Mezzogiorno. Uno Stato che declinando le sue responsabilità e i suoi doveri riparta «dal Sud» con l’idea governante degli anni della «rinascita» (gli anni di Pescatore, di Saraceno, del meridionalismo nazionale ed europeo).
Rilanci la tela della piena unificazione finora mancata, puntando su quella classe dirigente che ha coscienza dei suoi doveri e vuol cooperare al pieno sviluppo del Paese.
La Gazzetta del Mezzogiorno
23 agosto 2016, pag. 19