Viaggio a Sud
Un mastino a guardia del monumento principale del paese. Lo guardi per la prima volta e non sai se azzanna o se alla fine scodinzola. Nicola Gentile, ultima generazione dei Cantori di Carpino, ha l’aspetto severo come la roccia del Gargano. Ma il sorriso aperto quando imbraccia una chitarra “battente” e parte con una tarantella, Montanara o Rodianella che sia. O meglio ancora con un sonetto “di sdegno”, quei canti pieni di sarcasmo e cattiveria che uomini rabbiosi “dedicavano” alle donne che li avevano lasciati. Al suo fianco, la moglie Rosa Menonna, compunta dolcezza di mamma, che di strumenti ne sa suonare due: le sue inseparabili castagnole e una voce melanconica che intona i canti antichi di queste terre.
Arrivi a Carpino, quattro sassi immersi nella campagna di quello che viene chiamato lo Sperone d’Italia, il Gargano, e scopri che l’intero paese è intriso delle tarantelle e delle nenie popolari che Rosa e Nicola testardamente difendono e tramandano.
Una tradizione che ha conquistato un americano, Alan Lomax, arrivato qui quasi per caso negli anni ’50 per sfuggire alla caccia alle streghe dei maccartisti. Rimane subito colpito da questi canti così pieni di vita e a bordo di un furgone, armato di registratore e apparecchio fotografico, comincia a girare i paesini in lungo e in largo, raccogliendo migliaia di materiali, tra istantanee e documenti sonori, conservati oggi negli Archivi di Etnomusicologia di Roma. Tracce di una tradizione nata e cresciuta all’ombra degli ulivi del Nord della Puglia.
E’ la musica il vero attrattore turistico del paese. In estate, agli inizi di agosto, i turisti arrivano a frotte per il Carpino Folk Festival. Nei mesi invernali si tira un po’ la cinghia, anche se il sindaco Rocco Di Brina si sta industriando per destagionalizzare i flussi. Ma, gira e rigira, è sempre la musica ad arrivare al cuore di chi arriva da queste parti. Non a caso, cerchi una guida turistica e si presenta Michele Simone, presidente della Pro Loco, che ti racconta una storia, quella dei Cantori. Qualche accenno, sì, alla Chiesa madre, al falò purificante, secondo la tradizione religiosa, che si accende in piazza alla vigilia dell’Immacolata, e persino al film con la Lollo, “La legge”, girato nel ’58 proprio a Carpino. Ma poi torna a parlare della musica e di Antonio Piccininno, suo zio, ultimo dei grandi maestri del gruppo, morto nel 2016 a cent’anni, la cui salma è stata trafugata e ritrovata dopo 87 giorni dopo. “Un po’ come accadde a Mike Bongiorno – dice – E’ stata una vicenda che ha scosso molto la nostra collettività. Questi maestri, amati anche da artisti del calibro di Eugenio Bennato, Renzo Arbore e Teresa De Sio, sono stati i veri ambasciatori del nostro piccolo paese. E’ grazie a loro che il nome di Carpino è arrivato a Milano, a Venezia e anche fuori dei confini nazionali”.
Michele non smetterebbe mai di raccontare. E’ un piacevole affabulatore, ma è tardi. Deve recupera un po’ di legna per il falò dell’Immacolata. La sera in piazza c’è la festa “Frasca, fanoia e olio novello”, manifestazione che da vent’anni celebra l’oro verde del Gargano. Bancarelle, pancotto, ceci, fave e vino. Arrivano Nicola, Rosa e il resto del gruppo. Inizia la festa. Inizia il concerto dei Cantori di Carpino.