Svolta sulla morte dell’ultra interista la notte di Santo Stefano. Identificato l’uomo che avrebbe investito e ucciso Davide Berardinelli. Rischia l’accusa di omicidio volontario. Il sospettato, che non è ancora formalmente stato iscritto nel registro degli indagati, è un tifoso non giovanissimo è poco noto nel mondo della curva napoletana. Sequestrata anche l’auto dalla quale
sarebbero state cancellate le tracce dell’investimento. È una Volvo station wagon di colore scuro intestata a una società di leasing con un contratto firmato da un napoletano incensurato il quale ha dichiarato che ad usarla è, in realtà, suo figlio.
Gli uomini delle questure di Milano e Napoli hanno sentito decine di persone che hanno partecipato, o solo assistito, agli scontri in via Norara nel prepartita. Il quadro va via via chiarendosi, anche se restano ancora alcuni tratti non del lutto definiti.
Dopo l’arresto dei primi tre ultra interisti, al quale ha fatto seguito quello di Marco Piovella, uno dei capi della curva nerazzurra accusato di aver partecipato all’organizzazione dell’agguato ai napoletani, la polizia è arrivata all’auto. E’ una Volvo station wagon di colore scuro intestata a una
società di leasing con un contratto firmato da un napoletano incensurato. Interrogato, l’uomo ha dichiarato che l’auto sarebbe stata usata da suo figlio.
In realtà, a bordo della Volvo che procedeva incolonnata insieme ad almeno altre tre auto di tifosi napoletani c’erano anche altri tre ultra. Interrogati,
tutti, guidatore compreso, hanno prima provalo a dire che quella sera non si trovava no a Milano, poi, di fronte alle testimonianze che li contraddicevano palesemente, hanno ammesso che erano finiti nel mezzo degli scontri negando, però, che la loro macchina avesse investito Belardinelli. Anche su questo ci sarebbero prove evidenti del contrario, oltre a un elemento che catalizza ulteriormente i sospetti sull’autista il quale avrebbe tentato di lavare le prove dell’investimento che, però, potrebbero riemergere con un’analisi scientifica.