Caro direttore,
vorrei proporle una riflessione su un tema che ritengo di cruciale importanza e che rimarca il ruolo di una classe politica meridionale che persino nei suoi campioni mostra di essere un freno anziché un catalizzatore di processi di sviluppo. E mi aggancio a Riccardo Varaldo, professore emerito della Università Sant’Anna di Pisa, nel corso del convegno organizzato a Napoli presso il Polo della Federico II di San Giovanni a Teduccio (che ospita anche la IOS ACCADEMY da Leonardo e Fondazione R&I): “il Mezzogiorno – afferma Varaldo – è tra le aree a maggiore crescita di imprese digitali, tra il 2011 ed il 2017, la Campania ha fatto registrare, un incremento del 26,3%, il maggiore aumento del numero di imprese, rispetto a tutte le altre regioni italiane…”. A conferma che il Sud non è solo arretratezza e ritardo di sviluppo, perché ha aree e settori che – pare – sono riuscite ad agganciare la ripresa, specie nei settori delle cosiddette 4A (Automotive, Aeronautico, Agroalimentare ed Abbigliamento. Per fare un esempio, la manifattura campana legata alla filiera della Moda contribuisce sviluppa un fatturato di 3 miliardi al sistema italiano (che è leader in Europa con 7,7 miliardi di euro), quasi la metà ottenuto dall’export (1 miliardo e 200 milioni) in Europa, Oceania, America Latina, con 8mila aziende (circa il 10% del totale nazionale e il 50% del Mezzogiorno.
Ecco una ulteriore conferma del fatto che il Meridione d’Italia è un territorio con molte ombre (le sue criticità), ma anche tante luci (le sue eccellenze) al punto che, in taluni ambiti, potrebbe considerarsi un modello virtuoso.
Nasce spontanea una amara considerazione. Il Sud, diviso dal punto di vista politico, è all’altezza di queste sfide?
Per restare allo scenario campano, osserviamo le posizioni dei due principali protagonisti della vita politica della regione. A ben vedere esse sembrano avere un tratto comune.
Da una parte c’è il sindaco di Napoli. Luigi De Magistris, ex magistrato e titolare di alcune inchieste scottanti. Dall’altra il governatore Vincenzo De Luca, uomo di comprovata esperienza e cultura politica. I due il più delle volte non sono d’accordo, è vero. Tuttavia entrambi sembra riscuotere discreto consenso elettorale e ottenere risultati di questi tempi o governare una regione o una città con strettissimi vincoli di bilancio non è certo facile.
Che cosa li accomuna? La capacità e la preparazione – l’esperienza – nel gestire il “contatto con la realtà”, in un’epoca in cui abbiamo forse voluto fingere che questi “valori” non fossero le solide fondamenta della vita sociale e del dibattito pubblico, ma un antico cliché, desueto e superabile.
Due uomini diversi, ma capaci. Allora perché non vedere sindaco e Governatore lavorare insieme nell’interesse dei territori che amministrano?
A Genova, ad esempio, per la tragedia trascorsa il sindaco Bucci ed il governatore Toti lavorano di comune accordo, lasciando da parte futili e dannose divisioni. In una prospettiva di lungo periodo, infatti, è importante far convergere le energie di chi amministra a ogni livello istituzionale, nell’interesse esclusivo della collettività. Non è tollerabile, infatti, ipotizzare che ciò possa avvenire solo a seguito di una emergenza, sulla spinta di situazioni critiche, che certo a Napoli non mancano, e non per una scelta equilibrata e, tutto sommato, di sano buon senso.
Francesco Del Vecchio
Segretario Fondazione Matching Energies – Napoli