In un paese in cui la volontà di risolvere davvero la questione meridionale manca dall’unità d’Italia, le differenze tra regioni del Nord e regioni del Sud restano sostanziali, a partire dal Pil pro capite: ad un Pil pro capite nazionale di 26.000 euro/anno, quello del Sud è appena di 17.000.
Questo incide sulla qualità della vita, fortemente compromessa al Sud, dove l’indice è di appena 87 punti rispetto ai 119 del nord, per effetto degli scompensi sistemici diffusi, a partire dalla sanità con indici a rapporto 79/120; agli occupati 50/70; all’occupazione giovanile 26/47; all’occupazione femminile 30/57; ai disoccupati, che al sud sono 2 milioni. Gli stessi investimenti stranieri vanno prevalentemente al nord: su 22 miliardi di euro, solo 440 milioni sono stati catturati da sud.
Questa situazione di squilibrio mai colmato porta all’emigrazione dei giovani, specialmente quelli scolarizzati, verso il nord ovvero all’estero; alla presenza sempre più invasiva della criminalità organizzata, sia quella violenta, che trova facilmente la manovalanza di cui ha bisogno per i suoi traffici, sia quella, più subdola, dei colletti bianchi; alla diminuzione della natalità; al dilagare della corruzione e di una burocrazia ottusa ed opprimente.
E’ una situazione esplosiva che, andrebbe affrontata con determinazione, non con una misura assistenziale come il reddito di cittadinanza, una misura tattica, mentre c’è bisogno di interventi strategici che risolvano il problema alla radice, perché il problema della povertà (un milione e 600mila famiglie in regime di povertà sono principalmente al sud) non ci si può illudere che si possa risolvere con l’assistenza, si può risolvere solo creando buona e stabile occupazione.
In un silenzio assordante il Sud continua ad essere assente dall’agenda del Governo nazionale e le differenze con lo sviluppato nord anziché ridursi si acuiscono giorno dopo giorno.
C’è sempre un argomento che svia l’attenzione dalla “questione meridionale”: oggi è quello dell’autonomia delle singole regioni, che è giusto l’opposto della necessità, prima, dell’eliminazione delle differenze abissali tra Nord e Sud, la vera priorità essendo la crescita economica delle regioni del Sud.
Senza solidarietà le regioni ricche continueranno a beneficiare dei vantaggi di una economia forte e saranno ancora più forti, migliorando ulteriormente gli standard qualitativi di vita dei propri cittadini; quelle deboli peggioreranno ulteriormente la loro condizione.
Proprio in questi giorni Cgil Cisl e Uil Campania hanno presentato una piattaforma per lo sviluppo della nostra regione che ha evidenziato tutte le criticità presenti sul territorio, con l’indicazione delle rivendicazioni da presentare al Governo Centrale.
Condividiamo, come metalmeccanici campani, l’impostazione, ma ribadiamo con forza che il riscatto della Campania e di tutto il mezzogiorno può realizzarsi solo attraverso il lavoro, che, come noto, non si realizza per legge, ma solo con opportune scelte come, ad esempio, su quale produzione ci indirizziamo? scegliamo il comparto della trasportistica? Si può, ma con adeguati investimenti finanziari, passando per una formazione ad hoc e uno studio di progettazione e di ricerca che ne crei le condizioni e ne prepari le maestranze.
In Campania esistono delle eccellenze industriali come FCA, Hitachi, Fincantieri Jabil, Cira, Whirlpool, Leonardo ecc che dimostrano con i fatti che anche noi ce la possiamo fare ad essere competitivi a livello globale e propositivi in tema di tecnologia nel solco di Industria 4.0.
Investire in imprese come Leonardo, così come già avvenuto in FCA significa creare nuovi posti di lavoro, sottrarre manodopera alla criminalità, creare un volano di spesa produttiva che incentivi ed attragga nuovi investimenti e di conseguenza uno sviluppo virtuoso delle relazioni sociali e dei comportamenti collettivi, che ci avvicini agli standard di civiltà delle regioni settentrionali.
Diventa quindi un imperativo categorico per la politica e per noi sindacato indirizzare tutti i nostri sforzi nella direzione degli investimenti produttivi, in particolare nell’industria, che ci vede protagonisti nel mondo quale settima potenza industriale, rendendo attrattivi i territori meridionali attraverso adeguati incentivi, evitando pressapochismo come nel caso eco tassa, che ha contribuito a disorientare la gente nel comprare vetture, così che l’annuncio dato dal Governo ha drogato il mercato in negativo per le nostre industrie.
Bisogna rimettere la questione meridionale al centro della discussione politica, perchè a distanza di un secolo dalle lettere di Pasquale Villari, è ancora attuale e non si vuole capire che il riequilibrio del paese non sarebbe solo un beneficio per le regioni meridionali, ma una spinta per tutto il paese, restituendoci quel ruolo di traino che, a partire dagli anni 50 e per molto tempo abbiamo avuto nella costruzione dell’Unione Europea.
Giuseppe Terracciano
Segretario generale Fim Cisl Campania