Economia e Finanza
Moody’s e i mercati. Arriva in tarda serata la conferma del rating di Moody’s, che resta ancorato a Baa3 (ultimo scalino prima dell’area junk) con outlook stabile. Una conferma di fatto, tradotta nella decisione di non effettuare alcuna rating action. Decisione attesa, perché l’agenzia aveva già effettuato il downgrade allo scorso appuntamento, e “annunciata” nelle ultime settimane. La notizia non ferma in ogni caso l’incertezza sulle Borse. Da inizio anno le Borse europee sono salite del 12,8%. Ma questo rialzo a doppia cifra, incamerato in meno di tre mesi, non convince gli imprenditori che stanno pensando di sbarcare in Borsa, consapevoli che scegliere il miglior timing per presentarsi agli investitori è un fattore cruciale. Lo dimostra il dato – eclatante – che vede il valore delle Ipo (Initial pubblic offering) annunciate in questa prima parte del 2019 sprofondare sui livelli del 2009, l’anno della grande recessione globale. Un eventuale downgrading sarebbe stato particolarmente doloroso per l’Italia. Perché avrebbe portato il nostro rating al «non investment grade», il cosiddetto livello spazzatura. Alcuni fondi sarebbero stati obbligati a vendere i titoli dello Stato italiano in loro possesso. E questo avrebbe fatto salire lo spread, il differenziale tra il rendimento dei titoli pubblici italiani e di quelli tedeschi, portando a un aumento degli interessi da pagare sul debito pubblico. Per fortuna non è andata così. L’ultimo downgrading da parte di Moody’s era arrivato nello scorso ottobre. Allora l’agenzia aveva tagliato il nostro rating dal livello Baa2 a Baa3.
Crescita. Il decreto sblocca-cantieri si allarga e punta a prendere la forma di un provvedimento a tutto campo per la crescita: la vera «manovra-bis» nell’ottica del governo, chiamata non a correggere i conti ma a spingere il Pil. Per farlo, nelle prime versioni conta 35 misure articolate in aree: fisco per la crescita, investimenti privati e investimenti pubblici. Nel primo capitolo si incontra la replica del super-ammortamento, per gli investimenti in beni strumentali fino a 2,5 milioni di euro effettuati dal 1° aprile al 31 dicembre. Escluse però autovetture, immobili e attrezzature «di lunga durata». Nel capitolo fiscale dovrebbe poi trovare spazio la riduzione progressiva dell’Ires con l’obiettivo di tagliarla dal 24 al 20 per cento, all’interno di un taglio al cuneo fiscale che comprende anche la stabilizzazione della riduzione del 30% ai premi Inail avviata per il 2019-21 dalla legge di bilancio. Ma la misura deve ancora risolvere il problema delle coperture per trovare una defïnizione. La crescita “programmatica” indicata solo qualche mese fa all’1% sembra una chimera. Il quadro tendenziale, ossia a bocce ferme, senza interventi del governo, rischia di fermarsi a uno zero virgola. Urge intervenire, almeno per scrivere un nuovo quadro “programmatico”.
Politica Interna
Clima. «Ci avete rotto il clima!», gridano sorridenti i ragazzi che passano sotto palazzo Chigi. Chiedono risposte al governo, ispirati dalla sedicenne norvegese Greta Thunberg. Ma dietro gli applausi, la reazione dell’esecutivo gialloverde è singhiozzante. Da una parte c’è Luigi Di Maio, che a parole dichiara di sposare con entusiasmo la causa ecologista e promette una rivoluzione. Dall’altra c’è Matteo Salvini, che si dice attento all’inquinamento, anche se non sembra particolarmente coinvolto dalla battaglia verde. E poi c’è la realtà del governo, con alcuni provvedimenti spinti dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa – come la legge per smaltire la plastica in mare che arriverà la prossima settimana in consiglio dei ministri – e tanti compromessi al ribasso partoriti dalle aule parlamentari, rallentamenti nelle commissioni, promesse non mantenute. Il fatto è che le due anime del governo gialloverde hanno visioni sull’ambiente che di rado convergono. Persino sulla pasionaria Greta, gli umori contrastano: incensata dal Movimento; mal sopportata negli ambienti salviniani.
La morte di Imane Fadil. Un mix di sostanze radioattive: assume i contorni di un film di spionaggio, non fosse per la tragedia di una giovane donna morta, la fine di Imane Fadil. La ragazza, 34 anni, era arrivata dal Marocco in Italia a cercare fortuna e poi era capitata nel tritacarne dei processi e degli articoli di giornale legati al caso Ruby. La modella-testimone è morta all’ospedale Humanitas il primo marzo scorso dopo oltre un mese di agonia e sofferenze. Era stata ricoverata in condizioni già «molto gravi» il 29 gennaio. La presenza di sostanze radioattive è emersa dagli esami tossicologici, disposti dai medici il 26 febbraio e affidati a un centro specializzato di Pavia. Gli esiti sono arrivati il 6 marzo, purtroppo dopo il decesso, e sono stati immediatamente trasmessi dallo stesso ospedale alla Procura di Milano. Dopo quello dell’ex avvocato di Ruby Egidio Verzini, che ha raccontato di 5 milioni di euro versati a Karima El Mahroug dal leader di Forza Italia e si poi è suicidato a dicembre scorso in Svizzera, un nuovo giallo aleggia sul caso Ruby ter, quello sulle presunte corruzioni di testimoni che l’ex premier avrebbe pagato per dire il falso nel primo processo Ruby, dove era imputato per prostituzione minorile e induzione indebita e dove è stato assolto in via definitiva.
Politica Estera
Memorandum con la Cina. Firmeremo il Memorandum con la Cina, annunciano al termine del vertice di governo con la Lega Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Di più: nonostante i dubbi degli Stati Uniti, il vicepremier grillino provoca Donald Trump coniando lo slogan “Italia First”, che ricalca il più celebre “American First” del Presidente Usa. La “via della seta”, insomma, continua a dividere i gialli dai verdi. Da giorni è sempre lo stesso copione. «Avete messo in allarme gli Stati Uniti – avverte nel chiuso di Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti – rischiamo di non apparire affidabili ai loro occhi». E in effetti la confusione geopolitica semba essersi impossessata dell’esecutivo populista. Ruoli consolidati si invertono. Con il Movimento che si iscrive al club dei “non allineati” guardando a Est, primo Paese del G7 a cedere alla corte cinese. E la Lega che rinnega annidi adesione al putinismo e si riscopre atlantica per convenienza. «Gli americani – insiste Giorgetti, l’unico leghista che in realtà gode a Washington di sponde – si sono lamentati con noi!». Sul Memorandum tra Italia e Cina c’è un fattore che per gli americani ha assunto un rilievo fondamentale. Si chiama “debito pubblico”. E non si tratta di quello che pesa sulle casse di Washington. L’amministrazione Usa fa proprio riferimento a quello italiano. Naturalmente le perplessità della Casa Bianca, confermate ieri nel colloquio che il Ministro degli Esteri Enzo Moavero ha avuto con l’ambasciatore statunitense a Roma, Lewis Eisenberg, presentano una serie di sfaccettature.
Strage in Nuova Zelanda. «Sono un normale uomo bianco. Voglio uccidere gli stranieri invasori». Il giorno più buio della Nuova Zelanda inizia intorno alle 13: il 28enne australiano Brenton Tarrant pubblica online il suo manifesto d’odio, sale sulla sua automobile piena zeppa di armi e si dirige verso la moschea di Al Noor, in Deans Avenue, a Christchurch, la città principale dell’Isola del Sud. È venerdì, il giorno santo per i musulmani, all’interno ci sono circa 300 fedeli. Tarrant spara all’impazzata su tutti, torna persino indietro, alla macchina, per ricaricare le armi e sparare ancora. È una strage: 41 morti. Una mezz’ora dopo, a sei chilometri di distanza, un altro assalto a un’altra moschea, quella di Linwood: sette morti, un altro morirà più tardi in ospedale, ma non è ancora chiaro se a sparare sia stato Tarrant o un suo complice. I feriti sono 48. La strage di Christchurch viene trasmessa in diretta su Facebook: il killer, che rivendica di essere suprematista e fascista, aveva una telecamera fissata probabilmente sull’elmetto per riprendere la mattanza.