Economia e Finanza
Fisco. Continua il braccio di ferro M5S-Lega, stavolta sul tema fiscale. La Lega pretende che nel Def (Documento di economia e finanza) sia inserita la flat tax, bandiera del centrodestra già nella campagna elettorale per le Politiche, mentre il M55 sembra molto più cauto, anche considerando i costi che la riduzione delle tasse comporterebbe. Il premier Giuseppe Conte assicura che oggi ne parlerà con i leader dei due partiti, e che domani “tutte le questioni” saranno esaminate in Consiglio dei ministri. “Noi siamo per i sì, non per la decrescita felice”, dice in mattinata Matteo Salvini, mentre i Cinque stelle replicano: “Flat tax? Noi siamo leali, è nel contratto, non abbiamo mai detto di non volerla, ma che non bisogna fare facile campagna elettorale su certe misure, perché sono ambiziose e costano. D’altronde è stata la Lega a dire che costa 12 miliardi. Semmai è la Lega che è stata meno leale al contratto…”. Un richiamo alla flat tax, per non esacerbare gli animi della maggioranza, potrebbe anche essere inserito nella parte più generica e programmatica del Def, senza poi svilupparlo di più. Del resto anche la Lega ha già ridotto un poco le proprie pretese: la flat tax che chiede non è quella originaria, con due sole aliquote del 15 e del 20%, prevista dal contratto di governo: quella misura sarebbe troppo costosa, calcoli del Tesoro parlano di una sessantina di miliardi. Per ora, così, Salvini e i suoi chiedono solo un primo passo verso la flat tax: uno scaglione al 15% fino a 50.000 euro di reddito.
Banche. Oggi il premier Giuseppe Conte riceverà i truffati dalle crisi bancarie. Toccherà ancrora una volta a lui assumersi la responsabilità di dare la cattiva notizia al popolo dei risparmiatori che si considerano truffati dalle banche: solo una parte di loro potrà ricevere il rimborso totale e integrale, che a suo tempo invece era stato promesso sarebbe stato generalizzato. Nonostante il pressing di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, nonostante le minacce e le accuse che ha dovuto mandar giù in questi giorni, le cose si faranno come aveva già indicato il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Secondo le ipotesi che circolano, il meccanismo dei rimborsi sibaserà sulla riedizione dell’arbitrato, così come concordato da Tria con il Commissario Ue Vestager per stare in linea con le norme europee, prevedendo un sistema di rimborsi diretti per circa il 90% dei risparmiatori con Isee sotto ai 35mila euro. Conferme dal viceministro Castelli: “Il 90% della platea dei danneggiati rientrerà nella fascia che sarà rimborsata immediatamente”.
Politica interna
Elezioni europee. Luigi Di Maio sembra essersi riposizionato, in vista delle prossime elezioni europee. Lasciati alle spalle i tentativi di dialogo con i gilet gialli e i cannoneggiamenti contro Bruxelles, il vicepremier grillino punta ora al grande spazio politico dei moderati, aprendo un canale addirittura con il Partito popolare, considerato fino a ieri l’artefice della deriva dell’austerity nell’Unione. La svolta è testimoniata dall’elogio ad Angela Merkel in una intervista rilasciata al quotidiano tedesco Die Welt e dall’attacco a tutti i nemici del governo tedesco da Orban (suo avversario nel Ppe) all’ultradestra tedesca di Adf. La nuova posizione del M5S potrebbe essere stata dettata dalle pressioni di Juncker sul premier Conte per persuadere proprio i grillini a partecipare all’asse europeista contro i sovranisti di Salvini. Sarebbe ben strano se i 5stelle si trovassero a far parte del cosiddetto “sistema” in Europa”, commenta sarcastico Lorenzo Fontana, ministro della Famiglia e amico di lunga data di Matteo Salvini. Sulle parole di Di Maio, che ha attaccato il partito tedesco di AfD, accusato di negazionismo: “Ho avuto modo di conoscerne alcuni e non ho mai sentito qualcosa a riguardo. E quindi non credo lo neghino. Se così fosse non potremmo stare insieme con i negazionisti. Il problema è che AfD oggi si trova nel gruppo Efdd, dove ci sono anche i 5stelle. Ora alleati sono loro e quindi l’attacco mi pare surreale e fuori luogo”. E ancora: “Non so che alleanze stiano cercando di fare i 5stelle. So che hanno tentato di entrare prima coi liberali, i più europeisti, verso cui noi non abbiamo simpatia. Per noi l’Ue va riformata in maniera pesante (..) Le forze riformiste dovrebbero cercare di riformarla l’Europa, altrimenti rischiano di essere assorbite dal sistema. E per i 5stelle sarebbe curioso, fatico a capire che intenzioni abbiano”.
Governo. L’attacco di Matteo Salvini ai ministri che invece di lavorare passano il tempo a cercare “fascisti, comunisti, nazisti, marziani” è stata la goccia di un caso per il M5S già colmo. Di Maio ha deciso che d’ora in avanti farà il contrappunto alla narrazione leghista. Rivendicherà le cose fatte e loderà l’impegno di Giuseppe Conte, così da enfatizzare il ruolo del M5S nella genesi dei provvedimenti. E lo stesso Di Maio scrive sul Corriere della Sera: “Da parte del M5S, e dunque del maggiore azionista dell’esecutivo, non c’è alcuna tensione. Ritengo invece opportuno esprimere soddisfazione per il lavoro svolto fino ad oggi”; scrive. E ancora: “Pertanto, rivolgo un messaggio a Matteo Salvini: caro Matteo, grazie. Grazie per il sostegno che hai offerto al cambiamento che abbiamo avviato”. Poi, sulle elezioni europee imminenti: “Chiaramente la strada è ancora lunga, a maggio i cittadini saranno chiamati ad esprimersi in occasione delle prossime Europee e proprio a tal scopo, mi aspetto una sana e leale competizione tra i due contraenti del contratto durante la campagna elettorale. Alcune diversità di cui sopra, inevitabilmente, riemerge”. Da Vinitaly, la replica di Salvini: “Io sono l’uomo meno litigioso del mondo. Rispetto tutti, a condizione di reciprocità, il che non significa porgere l’altra guancia”, dice il vicepremier Matteo Salvini, che prosegue: “Le polemiche sono tempo perso, d’ora in poi non risponderò più alle provocazioni. Poi guardi, rientra tutto nella logica della campagna elettorale. Chi è indietro attacca per recuperare voti”. Poi un commento all’attacco di Di Maio sugli alleati della Lega in Europa: “Quella non l’ho capita. Anche perché l’unico che è andato in giro per l’Europa a cercare alleanze e mettersi in posa per farsi fotografare con chi poi ha bruciato auto in strada e messo a soqquadro le città è proprio Luigi, quando è andato in Francia dai gilet gialli”.
Politica estera
Libia. Il governo di unità nazionale di Tripoli ha sferrato la controffensiva verso l’attacco lanciato giovedì dal generale Haftar, uomo forte dell’Est del Paese e capo dell’Esercito nazionale libico. Il governo Usa ha annunciat il ritiro provvisorio dei propri funzionari e militari in Libia, e i civili occidentali, italiani compresi, hanno iniziato l’evacuazione dalla città. Fonti locali parlano di combattimenti ad appena 10 chilometri dal centro della città e ieri l’esercito di Haftar ha risposto con un bombardamento sulle posizioni nemiche lungo la strada che dall’aeroporto conduce al centro della città. La missione Onu in Libia ha chiesto una tregua di due ore per portare soccorso ai feriti ed evacuare i civili in particolare nella zona a sud della capitale più colpita dagli scontri, ma i due eserciti hanno continuato a combattere. Il bilancio provvisorio diffuso dal governo indica 21 morti. “Al momento ci sono notizie meno preoccupanti di ieri”, commenta Matteo Salvini sulla situazione libica. “Ovviamente – dice anche il premier Giuseppe Conte, a margine della sua visita al Vinitaly – stiamo seguendo il dossier della Libia da tempo e anche nelle ultime fasi. È un’evoluzione che ci preoccupa e devo confessare che non ci lascia del tutto sorpresi, perché ovviamente avevamo colto questa possibile evoluzione ma non dico altro per via di riservatezza. Stiamo cercando di rappresentare soprattutto al generale Haftar e agli altri interlocutori la necessità di evitare conflitti armati, non possiamo permetterci una guerra civile”.
Israele. A due giorni dalle elezioni politiche il premier Benyamin Netanyahu ha dichiarato ad una radio militare che, grazie alla linea di Trump, è riuscito negli ultimi due anni a costruire 18 mila alloggi per ebrei in Cisgiordania e che adesso sta per iniziare una fase ulteriore in cui la legge israeliana sarà gradualmente estesa a tutti gli insediamenti. La promessa, a poche ore dal voto di domani, è destinata a far breccia sugli oltre 620 mila abitanti degli insediamenti, compresi quelli di Gerusalemme Est. La sponda americana, anche in Cisgiordania, è reale. E preoccupa soprattutto i palestinesi. Il ministro degli Esteri Riad Malli ha avvertito che il premier dovrà affrontare “problemi seri” se davvero deciderà di annettere pezzi dei Territori, anche se la sua è soprattutto una sparata “a fini elettorali”. Immediata la reazione del suo principale rivale politico, l’ex generale Benny Gantz, leader del partito centrista “Blu-Bianco”, secondo cui la sortita di Netanyahu “non è seria, ma irresponsabile. Noi puntiamo piuttosto a un accordo regio- nale che abbia un sostegno mondiale. Per noi sono irrinunciabili: il controllo militare sul Giordano, le aree omogenee di insediamento ebraico, e Gerusalemme riunificata. Ma in ogni caso mai iniziativa unilaterale. L’importante è negoziare”.