Economia e Finanza
Cresce il Pil, +0,2 % nel primo trimestre. Meglio delle attese ma con la distanza consueta dalle più vivaci dinamiche di crescita europee. Così è andata per l’economia nazionale nei primi tre mesi dell’anno. I l dato I stat diffuso ieri sul Pil (+0,2% in termini congiunturali; +0,1% sull’anno, variazione che coincide con la crescita acquisita) fotografa il «moderato recupero» che chiude la parentesi di recessione tecnica del secondo semestre 2018. La valutazione flash si basa come al solido soprattutto sui maggiori dati disponibili sul lato dell’offerta ed è coerente con il netto recupero della produzione industriale registrata in gennaio e febbraio, cui si aggiungono «contributi positivi sia del settore agricolo, sia del terziario». Il premier Giuseppe Conte da Tunisi sottolinea «la bontà della nostra manovra economica» e il ministro dell’Economia Giovanni Tria che parla di «solidità dell’economia italiana» e di «clima di cauto ottimismo» con la previsione di crescita annuale del Def (+0,2%) che «può essere raggiunta e anche superata». Per il vicepremier Luigi Di Maio quindi si può «andare avanti come un treno verso il cambiamento», mentre il collega Matteo Salvini ribadisce l’urgenza della «flat tax per imprese, lavoratori e famiglie, senza dubbi o ritardi».
Primo maggio, Maurizio Landini sul ruolo del sindacato. «Le ragioni storiche, politiche e partitiche che portarono alla divisione tra i sindacati italiani non esistono più. Oggi possiamo avviare un nuovo processo di unità tra Cgil, Cisl e Uil». Questa è la prima Festa del lavoro di Maurizio Landini da segretario generale della Cgil. Seduto, in una delle stanze dell’ultimo piano della sede nazionale della confederazione, con alle spalle una tela di tre metri con il faccione di Carlo Marx dipinta da Valeria Cademartori, annuncia un nuovo sindacato unitario che nasca «dal Dobbiamo rispondere alla frantumazione dei diritti e dei processi produttivi. Va rafforzato il ruolo di rappresentanza e contrattazione dal basso, dalla partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori iscritti e non, assecondato dalle scelte dei gruppi dirigenti». «Perché — aggiunge — non deve essere un’operazione degli apparati burocratici». Cosi il sindacalista che ruppe l’unità tra i metalmeccanici sul contratto di lavoro, per recuperarla solo diversi anni dopo, e soprattutto che non ha mai firmato il piano di riorganizzazione della Fiat di Sergio Marchionne, oggi indica, con pragmatismo, la nuova frontiera sindacale, senza più i veli delle ideologie del Novecento.
Politica Interna
Incontro Siri-Conte. «Non ho preso quei 30mila euro. Non mi sognerei mai». Per cinque lunghe ore, lunedì sera, il sottosegretario ai Trasporti Armando Siri — indagato a Roma per corruzione nell’ambito di un’inchiesta sull’eolico — tenta di spiegare al presidente del Consiglio Giuseppe Conte le sue ragioni. Quelle per cui non intende dare le dimissioni. «Quando i magistrati mi ascolteranno, sarò scagionato», giura il leghista davanti a un premier che sembra rivestire, per una sera, la toga dell’avvocato. Conte ascolta. Non fa trapelare nulla, non vuole sottoporre Siri a uno stillicidio di notizie sul suo destino. «La mia giacca non si fa tirare più di tanto», dice a Tunisi, dov’è in visita per incontri bilaterali insieme ai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Ha volato col ministro dell’Interno. Ha sentito anche lui ripetere: «Siri non si dimette, né oggi né domani né nei prossimi giorni». Ufficialmente la linea della Lega è quella della difesa senza cedimenti. Il pressing di Luigi Di Maio dunque non riesce a sfondare il muro della Lega. Siri ha soprattutto precisato di non avere mai sentito parlare di Vito Nicastri per il quale i pubblici ministeri di Palermo hanno chiesto la condanna a 12 annidi carcere per concorso in associazione mafiosa. Con Nicastri faceva affari Paolo Arata che in una intercettazione avrebbe tirato in ballo Siri per una presunta tangente di 30 mila euro. Tutto da verificare e provare. Le indagini sono in corso e la prossima settimana il sottosegretario leghista incontrerà i magistrati.
Berlusconi operato d’urgenza. In sala operatoria alle 19.30 per occlusione intestinale, due ore di intervento, poi il trasferimento in terapia intensiva e la prospettiva di almeno altri tre giorni d’ospedale. Silvio Berlusconi è al San Raffaele da ieri mattina per un problema addominale. Il leader di Forza Italia arriva intorno alle to in ambulanza. Immediatamente viene sottoposto a una serie di esami, tra cui la tac, richiesta dal medico di fiducia Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e Rianimazione cardiochirurgica. Poi l’operazione effettuata dal chirurgo Riccardo Rosati. È il giorno di presentazione delle liste per le candidature alle Europee del 26 maggio. Il suo più stretto entourage la mattina mostra ottimismo: «Sarà alla conferenza stampa, sono in corso terapie per una colica renale».
Politica Estera
Venezuela nel caos. Il Venezuela è vicino a precipitare nella guerra civile: il leader dell’opposizione Juan Guaidò ha proclamato che è giunto il momento di porre fine al regime chavista e ha chiamato i militari alla rivolta, ma il presidente Nicolas Maduro dichiara di avere ancora il pieno supporto delle forze armate. Entrambi hanno chiamato il popolo alla mobilitazione. La situazione è fluida ma appare chiaro che siamo vicini a una resa dei conti in una situazione del tutto anomala. Guaidò – già presidente dell’Assemblea Nazionale – si è proclamato presidente lo scorso gennaio, ottenendol’appoggio diuna cinquantina di Paesi del mondo alla sua amministrazione: una amministrazione virtuale, in quanto Maduro continua a controllare i principali organi dello Stato. Duri scontri tra militari e dimostranti sono avvenuti nei dintorni della base dell’aviazione di La Carlota, a Caracas. Decine i feriti. Sul Venezuela, l’Italia è alle prese con uno scontro di codici e parole, dietro ai quali ci sono spinte politiche forti e talvolta divergenti. Le violenze di ieri nelle strade di Caracas sono state definite da una parte del governo italiano – quella che fa a capo all’ala più severa dei Cinque Stelle, incarnata sin dalla prima ora da Alessandro Di Battista e Manlio Di Stefano – «colpo di Stato», soprattutto nel caso in cui fosse confermato un sostegno a Guaidó da parte dei militari. Una posizione che si è sfumata negli accenti rispetto a qualche mese fa, ma che scorre ancora piuttosto decisamente nella sfaccettata e imprendibile blogosfera pentastellata.
Intervista a Viktor Orban. Viktor Orban, l’uomo che vuole riscrivere la geografia del potere della Ue, arriva puntuale nella sala della biblioteca dell’ex monastero dei carmelitani. Il suo ufficio di primo ministro dell’Ungheria è due porte più a destra. Maschera bene il jet lag, è tornato da poche ore dalla Cina dove con altri 36 leader mondiali ha stretto mani e accordi sulla nuova Via della Seta. Non si può fare gli schizzinosi con i quattrini, anche se sono yuan anziché dollari o euro, che i partner si chiamino Ungheria o Italia e «bene – dice Orban – ha fatto Conte a stringere accordi con Xi». II premier ungherese: tutti i Paesi dovrebbero stare nell’unione economica, in futuro anche Regno Unito e Turchia E su Salvini: è l’eroe che ha fermato le migrazioni dal mare. Con lui un patto per una nuova Ue, il Ppe deve collaborare con le destre.