Economia e finanza
L’Ue e l’Italia. In attesa di conferme, la cosa certa è che il quadro di riferimento per le decisioni che Bruxelles prenderà prossimamente tiene conto innanzitutto dei conti appena certificati dall’autorità statistica: il 2018 si è chiuso con un mancato aggiustamento strutturale pari a 0,3% del pil (5,3 miliardi) e un peggioramento del debito/Pil dal 131,4% al 132,2%. Che salirà, al132,6% quest’anno. Questi sono gli obiettivi del governo: può darsi che le stime Ue siano peggiori. Ciò significa che, a prima vista, i conti italiani non tornano per cui in vista del giugno, giorno in cui sono attese le valutazioni Ue, si riaccenderanno i fari sul caso Italia. L’ipotesi, però, è quella di far suonare i necessari campanelli d’allarme, ma senza ingaggiare un nuovo braccio di ferro col governo. A tre settimane dalle Europee, è questa la linea “politica” decisa dalla Commissione Ue sui conti pubblici italiani. Perché la situazione dell’economia è tutt’altro che buona, ma l’esecutivo guidato da Jean-Claude Juncker non ha alcuna intenzione di fornire pretesti all’esecutivo giallo-verde per attaccare Bruxelles in campagna elettorale. Eppure anche oggi ci sarebbero le condizioni per minacciare la procedura. Ma Pierre Moscovici non aprirà alcun processo a Roma: dirà che i conti non tornano, ma che la situazione verrà valutata con un nuovo rapporto sul debito.
Bilancio dei comuni. A fine 2018 il debito complessivo delle migliaia di comuni italiani era pari a 37,7 miliardi, diminuito di due miliardi rispetto al 2017 (39,5) e di ben 10 miliardi rispetto al 2010 (47,8). Lo dicono le statistiche pubblicate a febbraio dalla Banca d’Italia. Che un debito diminuisca, in genere è una buona cosa, ma qui il dato segnala un fenomeno preoccupante perché diminuiscono gli investimenti dei Comuni in nuove opere pubbliche finanziati con mutui. Lo conferma l’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani). Di norma i debiti vengono contratti attraverso una miriade di operazioni bilaterali tra ogni singolo Comune e un singolo istituto finanziario, senza alcun orientamento generale da parte del governo. I casi più gravi sono al Sud, ma non ne mancano al Centro-Nord. In Sicilia o Calabria, quasi un terzo degli enti è in queste difficoltà, in Campania un quinto. Reggio Calabria e Messina sono situazioni difficilissime da quasi dieci anni. In Lombardia spiccano i pre-dissesti di aree come Segrate, Sant’Angelo Lodigiano o Sesto San Giovanni, che con quasi 80 mila abitanti da solo è più grande di tanti capoluoghi.
Politica interna
Scontro M5s-Lega. II livello di volgarità e di violenza nello scambio di accuse sul caso Siri tra vertici del M5S e quelli della Lega ieri ha toccato il fondo. E ora le polemiche all’interno della maggioranza gialloverde si sono alzate di un ulteriore tono, anticipazione di un Consiglio dei ministri, probabilmente mercoledì, sul caso Siri che si preannuncia non certo facile per il premier Giuseppe Conte. In attesa che si consumi il destino del sottosegretario leghista alle Infrastrutture indagato per corruzione, di cui i grillini hanno chiesto la testa mentre la Lega ha giurato che non mollerà se prima non ci sarà un rinvio a giudizio. Di Maio afferma: «sulla questione morale il M5S non fa passi indietro e alla Lega chiediamo di non cambiare sempre discorso ma di tirare fuori le palle e di farlo dimettere. Di Maio ha parlato anche di un «Salvini forte con i deboli che deve avere più coraggio». E il ministro dell’Interno Salvini ha replicato rabbiosamente: «Gli amici del M55 pesino le parole. Mi dicono “tiri fuori le palle”? A chi mi attacca dico tappatevi la bocca, lavorate e smettete di minacciare il prossimo. E l’ultimo avviso». Questo scambio di ruvide carezze tra due azionisti del governo è solo un antipasto, mentre Giuseppe Conte, si è impegnato a proporre la revoca del mandato del sottosegretario leghista Siri, indagato per corruzione nell’inchiesta sul mini-eolico insieme al faccendiere Paolo Arata il cui figlio, Federico, è pure stato assunto a Palazzo Chigi nello staff del sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Saranno secondo gli osservatori le questioni economiche lo spartiacque che metterà la parola fine al governo Conte. Salvini non ha fiducia nel premier, non lo considera più super partes. Ed è stufo degli insulti che arrivano dagli alleati.
Verso il voto europeo. Tutto potrebbe ancora cambiare e gli attuali equilibri di forza stravolti. A 20 giorni dall’apertura delle urne ci sono quasi 9 milioni di italiani che non hanno deciso per chi votare: tra gli incerti più donne (66%), adulti (41%) ed europeisti (55%). Una fetta di elettorato in grado di condizionare i risultati di una tornata che il 68% degli interpellati considera un test politico nazionale. Al momento in cima alle loro preferenze c’è la Lega con il 27%, davanti al Pd (23%). Solo terzo invece il M5S con il 19%, anche se in recupero rispetto alla settimana precedente. La quota di incerti costituisce certamente un bacino enorme da cui attingere e al quale dovrebbe essere diretta la comunicazione strategica dei partiti. Pertanto è interessante analizzare qual è il profilo politico prevalente, oltre alle caratteristiche socio-demografiche dei potenziali elettori. Insomma, i partiti a chi devono parlare in questi prossimi giorni di campagna elettorale, quali i temi? Il sovranismo, ad esempio, non sembra essere un argomento determinate perla formazione del consenso, anzi tra gli indecisi prevale nettamente la quota degli “europeisti”. Al contempo, però, non sono certo i temi europei a fare breccia, ma soprattutto quelli legati alla politica interna.
Politica estera
Conflitto Israele-Palestina. Oltre 700 missili lanciati dalla Striscia di Gaza, più di 220 obiettivi colpiti da Israele, almeno 18 morti, tra cui 4 civili. Sono numeri di guerra quelli che dal fine settimana appena trascorso hanno caratterizzato il braccio di ferro tra lo Stato ebraico e il territorio palestinese che il gruppo islamista Hamas controlla dal 2007. I capi fondamentalisti sembrano scommettere che il premier Benjamin Netanyahu non voglia protrarre lo scontro, fra una decina di giorni Tel Aviv accoglie le celebrità dell’Eurovision. La guerra, i razzi che cadono, le sirene anti-missile che risuonano nella metropoli sul Mediterraneo, rischierebbero di far saltare l’evento musicale. Per Hamas — inserita da americani ed europei nella lista nera dei gruppi terroristici — sarebbe una vittoria. E una escalation di violenza così non si vedeva dal 2014 e il bilancio è destinato ad aggravarsi, anche in vista del Ramadan, il mese sacro dei musulmani, previsto al via da oggi. Gli equilibri politici nel mondo palestinese stanno mutando e i gruppi vogliono conservare il potere tolto con le armi dodici anni fa al presidente Abu Mazen, che da allora controlla solo la Cisgiordania.
Crisi libica. Visita a sorpresa del presidente libico Fayez Sarraj oggi a Roma. Il presidente del Consiglio presidenziale di Tripoli vedrà Conte assieme al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e il ministro della Difesa Elisabetta Trenta. L’incontro strategico è volto a chiarire anche la posizione dell’Italia dopo le polemiche dei giorni scorsi sulla presunta, ma non confermata, apertura del governo giallo-verde all’uomo forte della Cirenaica. La missione arriva in un momento cruciale della guerra che dura da oltre un mese: le forze governative sono infatti in procinto di sferrare la controffensiva più importante dall’inizio del conflitto Il premier Conte farà pressioni su Sarraj perché accetti la tregua che l’Onu ha chiesto in occasione dell’inizio del mese di Ramadan. Ieri l’Unsmil (la missione Onu nel Paese) ha fatto pubblicamente la richiesta di una settimana di tregua “umanitaria”, invitando anche il governo di Tripoli e la milizia del generale Khalifa Haftar a sospendere le operazioni. Fino ad oggi il governo di Tripoli è sembrato intenzionato ad andare avanti nelle operazioni militari, per respingere gli uomini di Haftar il più lontano possibile dalla Tripolitania.