Antonio Troise
L’Italia torna ad essere sorvegliato speciale in Europa. Crescita al lumicino, deficit alle stelle, per non parlare poi della valanga, incontenibile, del debito pubblico. Le “previsioni” di primavera che arrivano da Bruxelles sono impietose. E’ vero che il rallentamento è globale e interessa un po’ tutto il Vecchio Continente. Ma da noi è molto più marcato. La Commissione Europea, infatti, ha rivisto al ribasso lo già striminzito 0,2% di aumento del Pil annunciato qualche mese fa. Se tutto andrà bene, la crescita sarà più contenuta, lo 0,1%, con un effetto trascinamento sul 2020, che dovrebbe chiudere a quota 0,7%. E’ vero che siamo usciti dalla recessione, ma solo per entrare in una fase che gli economisti chiamano “stagnazione”. Al di là dei tecnicismi, c’è poi un dato inequivocabile: siamo il fanalino di coda dell’economia europea.
Quello che più preoccupa la Commissione è però il deficit. Senza interventi correttivi e, soprattutto, se non troveremo misure alternative all’aumento dell’Iva, il rischio è di sforare clamorosamente la soglia del 3%. E il conto da pagare potrebbe arrivare fino ai 30 miliardi di euro già da quest’anno nel caso in cui Bruxelles chiedesse all’Italia di rispettare gli impegni sottoscritti. C’è poi il debito, il vero “buco nero” della nostra finanza, che potrebbe raggiungere un nuovo record, schizzando al 133% del Pil. Per non parlare, poi, degli effetti della frenata dell’economia sulla disoccupazione. Su questo fronte potrebbe giocare un brutto scherzo perfino il reddito di cittadinanza, che spingerebbe buona parte della popolazione attiva ad iscriversi nelle liste per ottenere il sussidio.
Naturalmente, per ora, Bruxelles rispetta la tregua elettorale. La resa dei conti slitta a giungo, quando saranno più chiari i numeri del disavanzo. Ma, al di là della trattativa con l’Europa è sempre più evidente che, nelle prossime settimane, il governo Conte sarà chiamato a confrontarsi con la realtà dei numeri che arrivano dall’economia reale. E, a qual punto, le chiacchiere e i litigi, conteranno meno di zero. Anzi, potrebbero essere ancora più dannosi.
Certo, nell’esecutivo c’è ancora chi spera negli effetti espansivi del decreto crescita e di quello sblocca-cantieri approvati qualche giorno fa. Ma è evidente che, anche se tutto filasse per il verso giusto e se i provvedimenti, miracolosamente, diventassero operativi a tempo di record, difficilmente faranno sentire i propri effetti quest’anno. Di fronte ai numeri arrivati ieri da Bruxelles, occorrerebbe uscire dalle sabbie mobili della contesa permanente fra Lega e Cinquestelle mettendo in campo una strategia concreta contro la nuova crisi. Altrimenti, prima ancora delle sanzioni di Bruxelles, saranno i mercati a far sentire la propria voce. Con un conto salatissimo per cittadini ed imprese.