Povertà pubblica e ricchezza privata. Siamo al quarto posto fra gli Stati più indebitati al mondo ma le famiglie, al contrario, sono patrimonialmente molto solide. Perfino più solide dei panzer tedeschi, anche se, considerando la ricchezza pro-capite, la Germania ci ha quasi raggiunto. Insomma: sorvegliati speciali per i conti pubblici e fanalino di coda per la crescita ma saldamente al primo posto in Europa per la ricchezza accumulata dai cittadini. Un risultato ancora più clamoroso se si considera il nostro contesto economico, caratterizzato da un Pil “stagnante” e da stipendi fermi ormai da vent’anni. Insomma, nell’istantanea sullo stato patrimoniale degli italiani, scattata ieri da Istat e Bankitalia, le luci e le ombre si alternano senza soluzione di continuità. “E’ vero che siamo un popolo di formichine ma è anche vero che tutto questo risparmio non si traduce in crescita economica – spiega Giuseppe Roma, uno dei più noti sociologi italiani, direttore della Fondazione Censis e a capo del “think tank” sulle città – Con la liquidità disponibile gli italiani comprano essenzialmente due cose: la casa o i Bot. Quasi mai, questa enorme quantità di risorse, viene dirottata sulle attività produttive o sui nuovi investimenti. Da questo punto di vista siamo ancora un Paese rurale. Solo che prima gli italiani mettevano i soldi sotto il materasso, oggi sotto il mattone”.
I dati, da questo punto di vista, sono inequivocabili. A fine 2017, si legge nel rapporto Bankitalia-Istat la ricchezza delle famiglie italiane è tornata a crescere raggiungendo la cifra astronomica di 9.743 miliardi di euro, quasi cinque volte in più rispetto al debito pubblico accumulato dal Paese e con un incremento dell’1% rispetto all’anno precedente. Copione diverso sul fronte delle imprese non finanziarie, dove il patrimonio è diminuito di 23 miliardi attestandosi a poco più di mille miliardi di euro.
Attenti, però: circa il 50% della dote disponibile è stata utilizzata per acquistare immobili. Un portafoglio che vale 5.246 miliardi di euro. E tutto questo nonostante il calo dei prezzi delle case che dura ormai dal 2012 e che ha determinato una forte riduzione del valore medio delle abitazioni. “Non è un dato che dovrebbe sorprenderci – commenta Giuseppe Roma – nella prima fase della Repubblica, dopo la guerra, il risparmio è stato utilizzato per la ricostruzione. Poi, lo abbiamo speso per acquistare la prima casa. Oggi, invece, è un risparmio figlio della paura economica e dell’incertezza”. Una sorta di “polizza” sul futuro. Anche perché, nel frattempo, il reddito continua a segnare il passo, tanto da essere inferiore di 8,4 volte rispetto alla ricchezza delle famiglie.
Ma la gamba che manca al risparmio individuale per trasformarsi in ricchezza collettiva è quella finanziaria. “Spendiamo tantissimo in medicine o per curarci ma sono pochi gli italiani che hanno una polizza sanitaria – insiste Roma – Che cosa significa? Semplice: che gli italiani continuano a fidarsi molto poco degli intermiediari. E’ vero che bruciano ancora, nella memoria, eventi più o meno recenti. Ma è il sistema che continua ad essere ostico e opaco per i risparmiatori. Non mi riferisco solo a coloro che acquistano titoli e che, quindi, si assumono dei rischi. Ma anche a chi, invece, vorrebbe sottoscrivere una normale polizza assicurativa o acquistare prodotti finanziari”. I motivi? “Non ci sono consulenti al servizio delle famiglie. E abbiamo sistema di regole complesso e per molto aspetti indecifrabile per i cittadini”.