Antonio Troise
Culle vuote e boom di anziani. Neanche i migranti ci salvano: l’Italia è sempre più un Paese per vecchi. La buona notizia è che viviamo di più: siamo fra i popoli più longevi al mondo, con oltre 15mila ultracentenari. Ci batte solo il Giappone. La brutta notizia è che abbiamo smesso da tempo di fare figli. Nel 2018 sono 439 mila bimbi, 140 mila in meno rispetto al 2008. Mentre i flussi migratori non sono più sufficienti a compensare i “vuoti”. E’ vero che, al di là delle polemiche politiche, sono aumentati i migranti. Ma anche vero che gli italiani che vanno all’estero con un biglietto di solo andata sono tre volte più numerosi di quelli che acquistano anche il ticket per il ritorno.
Sono numeri impressionanti. Neanche una settantina di anni fa, nel 1950, eravamo il decimo Paese più popoloso al mondo. Erano gli anni del boom economico, del grande miracolo del dopoguerra. C’era aria di ottimismo, gli italiani puntavano sul proprio futuro. Ora, lo scenario si è capovolto: entro il 2050 un nostro concittadino su tre avrà più di 65 anni. Con tutto quello che ne consegue sulla spesa pensionistica, già oggi al top in Europa.
Esiste, ovviamente, un nesso molto stretto fra economia e demografia. La popolazione è cresciuta quando c’erano denaro e lavoro ed è diminuita con la più grave e lunga crisi dal dopoguerra. I giovani sono costretti a stare a casa dei genitori per mancanza di lavoro: in questa situazione difficilmente avranno voglia di mettere su famiglia e fare figli. Senza considerare il fatto che il nuovo nato, insieme al codice fiscale, viene accolto dal nostro Paese con una cambiale di benvenuto da 35mila euro: la quota di debito pubblico accumulato da genitori e nonni e che, prima o poi, a qualcuno toccherà saldare.
Come interrompere, allora, questo corto circuito delle nascite che non solo ha costi economici elevatissimi ma proietta un’ombra pesantissima sulle prospettive dell’ormai ex Belpaese? La risposta è meno ovvia e semplice di quel che si pensi. E’ vero che servono politiche per la famiglia e la natalità, magari con qualche sconto fiscale in più e qualche “barriera” in meno per le donne che cercano di conciliare il lavoro con la maternità. Ma il problema è molto più ampio. Perché sulla scelta di procreare pesano, soprattutto, le incertezze economiche e quelle sul futuro. Fare un figlio nell’Italia del 2019 è una scommessa costosa, spesso poco ripagata, sicuramente non riconosciuta. Per invertire la rotta occorrerebbe un nuovo boom economico o, per lo meno, un Pil che vada oltre lo striminzito “zero-virgola” certificato anche ieri dall’istituto di Statistica. Servirebbero, insomma, crescita e occupazione: due termini frequenti nella politica degli annunci ma ancora latitanti in quella delle cose concrete.